Pomigliano: l'accordo-ricatto, una pistola alla tempia
Giovedi 17 Giugno 2010 alle 00:29 | 0 commenti
Giorgio Langella, Federazione della Sinistra, PdCI - La questione dell'accordo per lo stabilimento FIAT di Pomigliano rivela la vera faccia del liberismo. L'attacco che viene portato, da più parti, alla FIOM per la decisione di NON firmare quell'accordo è indice di una succube e servile accettazione delle regole imposte dai padroni in deroga a qualsiasi legge dello Stato. La decisione di CISL, UIL e UGL di sottostare al ricatto della FIAT ricorda i tempi di quando si andava a "chiedere" qualche concessione al padrone con il cappello in mano. Le posizioni governative espresse da Tremonti, Sacconi e soci sono indice di una preoccupante posizione di sudditanza rispetto al padrone della FIAT di chi, invece, dovrebbe far rispettare in primo luogo la Costituzione.
Il referendum indetto tra i lavoratori della FIAT di Pomigliano non è null'altro che un beffardo ricatto. In effetti si impone un aut-aut ai lavoratori. Si dice loro che se non accettano l'accordo così com'è, verranno licenziati. Se, invece, lo accetteranno verranno tolti loro alcuni sacrosanti diritti individuali.
Alla faccia della democrazia e del dialogo.
Tremonti afferma che, con Pomigliano, non c'è più conflitto capitale-lavoro. Dal suo punto di vista ha ragione, se verrà accettato l'accordo-ricatto di Marchionne avrà vinto il capitale e il lavoro sarà diventato definitivamente solo una merce. Avrà vinto un disegno di società che permette al signor Marchionne e al signor Montezemolo di avere dalla FIAT ogni anno quasi 5.000.000 di euro e contemporaneamente licenziare chi prende poco più di 1.000 euro al mese perché "costa troppo" ed è "poco produttivo". Avrà vinto il profitto di pochi capitalisti rispetto ai diritti delle persone che lavorano. E ci saranno altre Pomigliano, altri accordi che non saranno nient'altro che l'imposizione di condizioni di lavoro sempre più penalizzanti per operai e impiegati.
La signora Marcegaglia dice di non capire la posizione della FIOM? È naturale. Ma quando mai la signora Marcegaglia ha capito che esiste qualcosa di diverso dai propri privilegi? Quando mai la signora Marcegaglia ha compreso che, in democrazia, i diritti individuali dei lavoratori sono inviolabili? E che esiste un'etica che impedisce di mettere il denaro al primo posto rispetto alla vita delle persone?
Quella che va condannata è anche la posizione di tanti esponenti del Partito Democratico. Una posizione che critica e aumenta l'isolamento della FIOM. Una posizione, purtroppo, assolutamente in linea con il liberismo più sfrenato. Probabilmente anche per questi "dirigenti democratici" la globalizzazione ha l'unico significato di parificare verso il basso le condizioni di vita dei lavoratori. Ai novelli adoratori del "mercato globale" si dovrebbero porre alcune semplici domande. Essere progressisti non dovrebbe significare lottare perché fossero le democrazie "più avanzate" a esportare condizioni di lavoro migliori in quei paesi dove lo sfruttamento è una cosa normale? Perché accettate (e, ahimè, spesso condividete) qualsiasi "contrazione di diritti" imposta dal padronato? Perché non tentare, invece, di unire le forze democratiche e lottare per opporsi alla deriva democratica nella quale "lorsignori" stanno facendo scivolare il paese?
Tanti, troppi, personaggi si affrettano ad affermare che bisogna prendere atto della "modernità " esistente nell'accordo di Pomigliano. Sono in malafede (o peggio). In quell'accordo non c'è nulla di moderno. C'è soprattutto la volontà del "padrone FIAT" di umiliare e ridurre a sudditanza chi lavora. Si vogliono cancellare in un colpo solo diritti conquistati con le lotte e i sacrifici di intere generazioni di lavoratori.
L'accordo ultimativo della FIAT, un vero e proprio diktat, prevede un sistema di sanzioni nei confronti di sindacati, RSU, singole lavoratrici e lavoratori che, di fatto, cancella il diritto alla contrattazione collettiva e arriva a punire chi sciopera anche con il licenziamento. Non solo, l'azienda può decidere di non pagare il trattamento di malattia previsto a suo carico; può derogare al riposo di almeno 11 ore previsto per legge da un turno all'altro; riduce le pause in catena di montaggio; prevede lo straordinario obbligatorio (che passa da 40 a 120 ore) comandato dall'azienda a sua discrezione, anche durante la pausa mensa o nei giorni di riposo. E così via, aumentando i ritmi di lavoro, riducendo i diritti dei lavoratori, trasformando i lavoratori in "pezzi di un ingranaggio" che serve solo a produrre profitto. Lavoratori-robot, macchine che devono comunque ringraziare il padrone che concede loro di lavorare. E hanno il coraggio di chiamare "modernità " tutto questo.
Anche se vogliono farla ricadere sulla FIOM, la responsabilità di quello che succederà a Pomigliano è comunque dei padroni della FIAT, della loro arroganza. Sono loro che, volendo imporre un vero e proprio ricatto mascherato da accordo umiliante, di fatto puntano una pistola alla tempia dei lavoratori. Lo fanno perché si sentono forti e sanno di poter contare su un governo a loro servile. Dopo aver creato le condizioni per l'aumento della disoccupazione, chiedono a gran voce maggiore "produttività " e la vogliono raggiungere con lo sfruttamento del lavoro altrui.
La FIOM ha fatto bene a non firmare.
Ogni democratico dovrebbe aprire gli occhi, alzare la testa, informarsi e informare su quello che sta succedendo a Pomigliano e in tutta Italia. È non solo utile ma necessario appoggiare la lotta della FIOM per costringere a FIAT a non violare diritti costituzionali, a riaprire le fabbriche in Italia e rispettare le leggi e i contratti nazionali in vigore. Ne va della libertà di ognuno di noi. Per questo il 25 giugno bisogna appoggiare lo sciopero generale indetto da CGIL e FIOM, scendere in piazza e lottare uniti perché il declino del nostro paese possa finire.
Giorgio Langella
Segr. Prov. Partito dei comunisti italiani - Federazione della sinistra Vicenza
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