Il Mattino: "Il lascito Galan vale 8 mld, da Adria porta al Mose"
Martedi 25 Ottobre 2016 alle 09:34 | 0 commenti
Baita racconta ai pm come funzionava il sistema, i rapporti con le imprese. Così l’ex presidente di FI e Chisso bloccarono lo «strapotere» della Mantovani. Scrive Renzo Mazzaro su “Il Mattino di Padova†di oggi: “Il «lascito Galan» vale 7,8 miliardi di euro stando al costo delle grandi opere pubbliche da realizzare in project financing, il che significa con i privati che mettono i soldi, tutti o in parte, e si ripagano gestendo l’opera in concessione per decine d’anni. In questo conteggio non rientrano gli ospedali. Lo scandalo Mose ha mandato in tilt la macchina che garantiva ai promotori guadagni a rischio zero, o giù di lì.
La reazione degli imprenditori è stata la stessa del governo Renzi: giusto mettere in carcere i ladri, ma le grandi opere devono andare avanti, perché sono di interesse generale. Ma come fa una grande opera a diventare di interesse generale? Nelle carte del processo Mose l’ingegner Piergiorgio Baita lo racconta per filo e per segno ai pm che lo interrogano. Correva l’anno 2005. Giancarlo Galan era appena stato rieletto per la terza volta presidente del Veneto. Lui e l’assessore Renato Chisso invitano Baita a pranzo in un ristorante di Galzignano sui Colli Euganei. Gli comunicano di avere «lamentele non più gestibili dalle loro imprese di riferimento» (!) per l’invadenza della Mantovani che concorre su tutti gli appalti regionali, lasciando a secco gli altri. Lo diffidano dal partecipare ancora: si concentri sul Mose, visto che la Mantovani è diventata socia del Consorzio Venezia Nuova. Baita protesta: la Mantovani è entrata nel Consorzio investendo di tasca propria 70 milioni per comprare la quota di Impregilo che usciva. Le «imprese di riferimento» non potevano fare altrettanto? Galan e Chisso non sentono ragioni e Baita scopre subito che fanno sul serio: la Mantovani comincia a perdere una gara regionale dopo l’altra. Bisogna cercare una via d’uscita. Si mette a studiare il piano dei trasporti e dopo alcuni mesi si ripresenta da Galan e Chisso con un elenco completo di lavori stradali incardinato su Adria Infrastrutture spa, la società creata apposta per gestire i guadagni dei project. «L’elenco gli è talmente piaciuto» è sempre lui che racconta ai pm Stefano Ancilotto e Stefano Buccini, «che mi hanno detto “entriamo anche noiâ€Â». Meglio di così: Giancarlo Galan acquista il 7% di Adria intestandolo al suo commercialista Paolo Venuti e Renato Chisso il 5% intestandolo a Claudia Minutillo. Tempo dopo, Chisso chiederà a Baita di essere liquidato e l’ingegnere, fatta valutare la partecipazione, pagherà sull’unghia 1,8 milioni di euro. Questo valeva il 5% di Adria Infrastrutture spa, società che puntava ad acquisire anche una partecipazione nel project della Romea commerciale, opera da 8 miliardi e 700 milioni. I project veneti nel portafoglio di Adria sono: la Nogara Mare autostrada regionale da 150 chilometri, investimento di 2 miliardi; sistema delle tangenziali venete, altri 2 miliardi per raddoppiare l’A4 da Padova a Verona; grande raccordo anulare di Padova, 52 chilometri, mezzo miliardo; la Via del mare, collegamento tra l’A4 e le spiagge di Cavallino e Jesolo, 200 milioni per 19 chilometri; il Passante Alpe Adria, 1 miliardo e 200 milioni per collegare Pian di Vedoja a Pieve di Cadore; la Nuova Valsugana, un miliardo per 18 chilometri da Marostica a San Nazario; Padana Inferiore (ss 10), arteria da ultimare con 232 milioni. Bisogna capire quanti di questi lavori pubblici sono diventati d’interesse generale perché l’hanno stabilito «le imprese di riferimento» dei politici che hanno preso la decisione. Siamo molto oltre il gruppo di pressione, o il lavoro di lobbying, che pure all’estero ha una sua dignità , mentre da noi aspetta ancora di essere regolamentato. Privato e pubblico sono categorie scomparse: questa è la divisione degli utili tra pochi soggetti, utilizzando i soldi delle tasse. Al conto come si diceva mancano i project dei nuovi ospedali. Quello di Padova ha un contenzioso milionario ancora prima di esistere. Su quelli di Mestre e di Santorso (Alto Vicentino) sono in corso due inchieste certosine della Corte dei Conti di Venezia, per gli interessi stratosferici che la sanità veneta è costretta a pagare ai privati. Mentre impreca contro i tagli del governo, come fosse l’unico responsabile. Prendiamo il nuovo ospedale di Santorso a Vicenza: doveva costare 153 milioni, invece il conto è salito a 170 e la differenza è subito andata a carico della sanità regionale; i privati hanno investito 78.972.875 euro, che la Regione deve restituire in 24 anni; nel 2012 la rata è stata di 16.608.544 mentre sarebbe stata di 6.251.440 se si fosse utilizzato un mutuo bancario al tasso fisso del 6%; nel 2020 la rata sarà 19.459.556 sempre contro 6.252.440 del mutuo bancario. Il confronto è contenuto nell’esposto presentato alla Corte dei Conti da Communitas, l’associazione vicentina che ha portato il caso alla ribalta e che dal 2013 aspetta notizieâ€.
Di Renzo Mazzaro, da Il Mattino di Padova
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