Era il 1981. Sembra oggi
Martedi 19 Luglio 2011 alle 23:48 | 0 commenti
Giorgio Langella, PdCI, FdS - Sto diventando (sempre più) intollerante.A trent'anni dall'intervista di Enrico Berlinguer sulla questione morale (era il 28 luglio 1981) molte, troppe, delle cose dette dal segretario del PCI si sono avverate. Berlinguer denunciava una situazione che stava nascendo e che oggi è la "normalità ". La trasformazione dei partiti in comitati di affari, in oligarchie che occupano le istituzioni con arroganza è la morte (o l'agonia) della politica. In questi ultimi decenni è stato un continuo peggioramento. Una deriva che sembra non avere fine.
È inutile dire "noi comunisti l'avevamo detto", sarebbe comunque poco gratificante. Perché la situazione nella quale ci troviamo è veramente disperante. Da qualche giorno è stata approvata una manovra finanziaria che fa ricadere il costo della crisi soprattutto sulle spalle dei lavoratori, dei pensionati, delle famiglie. Di chi paga e ha sempre pagato le tasse. Intanto la sperequazione aumenta. A fronte di salari insufficienti a una vita dignitosa (e che saranno ulteriormente "impoveriti" da tagli delle detrazioni fiscali, diminuzione di servizi e aumenti di tasse e balzelli) gli "alti dignitari" di una società ingiusta continueranno ad arricchirsi. E non parlo solo degli "onorevoli" (si badi bene, non eletti ma nominati) in parlamento. Mi riferisco anche a quegli imprenditori che, oggi, attaccano la "politica" senza distinzioni, in un gioco che ha come obiettivo il comando (e non il governo) del paese. Un paese umiliato da imprenditori come Berlusconi che sfruttano voti e potere per difendersi personalmente, dai suoi cortigiani incapaci di qualsiasi critica (neanche la più timida), da un'opposizione parlamentare timida e abituata ad accapigliarsi sulle "virgole" e sui "puntini di sospensione". Ma anche da quegli imprenditori e manager che sfruttano ogni situazione e utilizzano ogni ricatto per tenere ben lontane leggi e Costituzione dalle loro fabbriche. Gente, questa, che proclama il proprio patriottismo ma che, alla prima occasione, lo mette da parte. Lo svende per la bramosia di profitto e potere. Perché questo è quello che succede oggi quando la FIAT di Marchionne (e altri), dopo una sentenza che non accontenta al 100% lorsignori, ha deciso di congelare i 700 milioni di euro di investimenti previsti per produrre la nuova Panda a Pomigliano. Cinquemila lavoratori, gli stessi che sono stati costretti a votare in un referendum-ricatto (o accetti o sei licenziato), stanno perdendo il lavoro e il futuro. Tutto perché Marchionne e soci vogliono imporre il loro volere. Pretendono che dentro la fabbrica non siano in vigore le leggi dello Stato. E se qualcuno dissente, usano l'arma del ricatto. Una storia indecente. Un atteggiamento di un'arroganza imbarazzante. Adesso cosa diranno Bonanni, Chiamparino, Fassino, Renzi e i tanti ammiratori di Marchionne? Sosterranno ancora che è colpa della FIOM e degli operai lavativi? Bisogna indignarsi e dire apertamente e con chiarezza che quello di Marchionne e della FIAT è un atteggiamento indecente.
Dobbiamo capire che dopo Berlusconi non ci può essere Marchionne e la confindustria. E che nulla cambierebbe. Un operaio continuerebbe a prendere un salario insufficiente e i vari Montezemolo o Marchionne prenderebbero milioni di euro ogni anno. Solo che l'operaio continuerebbe a pagare sempre più tasse.
L'Italia non può sopportare tutto questo. Non è giusto. Giusto sarebbe far pagare chi non ha mai pagato 8° a chi ha pagato sempre troppo poco). Giusto sarebbe tassare le grandi ricchezze, le speculazioni finanziare, i grandi profitti. Giusto sarebbe, soprattutto, non continuare a chinare la testa e piegare la schiena. Giusto sarebbe lottare per cambiare i rapporti di forza e attuare, finalmente, la Costituzione.
Per concludere, vorrei ricordare la fine dell'intervista sulla questione morale sopra citata. Domanda Eugenio Scalfari: E il costo del lavoro? Le sembra un tema da dimenticare? Risponde Enrico Berlinguer: Il costo del lavoro va anch'esso affrontato e, nel complesso, contenuto, operando soprattutto sul fronte dell'aumento della produttività . Voglio dirle però con tutta franchezza che quando si chiedono sacrifici al paese e si comincia con il chiederli - come al solito - ai lavoratori, mentre si ha alle spalle una questione come la P2, è assai difficile ricevere ascolto ed essere credibili. Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi. Se questi elementi non ci sono, l'operazione non può riuscire.
Era il 1981. Sembra oggi.
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