Autunno 1: una crisi lunga anche nel Nord Est
Lunedi 16 Agosto 2010 alle 09:18 | 0 commenti
Rassegna.it - A che punto è la notte? Cosa aspetta i lavoratori italiani al rientro dalla pausa estiva? Il nostro viaggio tra cassa integrazione straordinaria, annunci di crisi aziendali e contrattazione ballerina. Pesa il macigno Marchionne
di Paolo Andruccioli
Alla fine, il 2010 sarà l'anno record per la cassa integrazione. Solo a luglio la cassa è cresciuta del 28% sullo stesso mese dello scorso anno e di circa il 10% sul mese precedente.
La Cgil ha calcolato che sono state superate 700 milioni di ore di cassa integrazione solo nei primi sette mesi dell'anno. Numeri dietro i quali si nascondono circa 700 mila persone coinvolte dai processi di Cig e tagli in busta paga per una cifra monstre che supera i 2,5 miliardi di euro.
Secondo Fulvio Fammoni, segretario confederale, "c'è una caratteristica di fondo che aggrava la situazione: la Cig si sta in gran parte spostando sulla straordinaria, ovvero l'anticamera dell'uscita dal lavoro. Questa è la realtà che non ha bisogno di falso ottimismo ma di politiche di sviluppo che evitino lo scivolare di questa enorme platea di lavoratori verso la disoccupazione. Quello che manca totalmente nella manovra e nelle politiche del governo".
Rispetto ai dati diffusi dall'Inps e ai corrispondenti dati europei di Eurostat, perfino la Cisl, che negli ultimi mesi aveva ostentato sempre ottimismo e giudizi positivi sul governo, ha dovuto ammettere a fine luglio che ora sarebbero necessarie politiche del lavoro "più forti", soprattutto per quanto riguarda l'occupazione femminile.
UNA CRISI CHE NON FINISCE. Ma è un incubo, quello della crisi, che proprio non vuole finire. In tutti i territori, senza eccezioni, la situazione è ancora pesante. Prendiamo ad esempio il mitico NordEst. Ebbene secondo i dati di Veneto Lavoro, la crisi qui ha mietuto quasi 100 mila posti di lavoro nell'ultimo biennio, colpendo per primo il settore manifatturiero, e poi estendendosi anche ad altri settori, come il commercio. "Tra il primo luglio 2008, periodo in cui è iniziata la crisi, e il 30 giugno 2009, la contrazione occupazionale in Veneto era risultata pari a circa 53 mila unità - ha dichiarato Sergio Rosato, direttore dell'agenzia Veneto Lavoro - mentre dal primo luglio 2009 al 30 giugno 2010 si sono persi altri 41 mila posti di lavoro. Tendenza che, in proiezione, si stima possa perdurare almeno per un altro anno, anche perché in autunno arriverà a scadenza un numero consistente di casse integrazione straordinarie, che interessano il numero più elevato di lavoratori coinvolti: bisognerà capire se è possibile la proroga, oppure se una parte di loro finirà come disoccupata sul mercato del lavoro".
In aumento gli annunci di crisi aziendali, come pure le ore di cassa integrazione: 30 milioni contro 18 dell'anno scorso (quelle della straordinaria salite da 2 a 21 milioni e quelle dell'ordinaria dimezzate da 12 a 6 milioni) con circa 500 aziende coinvolte.
È la fine del miracolo NordEst. "Noi siamo sempre accusati di fare allarmismo, ma qui tutti i dati sembrano darci ragione e aumentano le nostre preoccupazioni - dice Emilio Viafora, segretario Cgil - la ripresa, infatti, lievemente testimoniata dall'export, avviene distruggendo occupazione o non portando fatturato, come nel caso della crescita del turismo. Cosa ci aspetta in autunno? Nulla di buono, la situazione è sotto gli occhi di tutti. Ci saranno aziende che continueranno a chiudere, soprattutto quelle piccole e medie dai 5 ai 200 dipendenti: stiamo tenendo d'occhio molte di loro che ora stanno allungando il periodo di chiusura estiva da una settimana a due o anche tre. Preludio di qualcosa che temiamo".
La Cgil teme "l'ingrossamento di un esercito che entra ed esce dal mondo del lavoro senza stabilità e diritti", mentre per la Cisl è "uno strumento che le aziende usano proprio per tenere la gente in un momento di crisi". Variata anche la composizione di chi ha perso il lavoro: inizialmente erano prevalentemente uomini ( 70%) e stranieri (30%), poi scesi (rispettivamente al 60% e al 10%), mentre il tasso di disoccupazione nel primo trimestre del 2010 è arrivato al 5,6%.
LA DEMOCRAZIA SINDACALE
LE RSU DELLA SCUOLA. Per l'elezione delle Rsu, alla fine di luglio, non c'era ancora alcun accordo tra Aran e sindacati per il comparto scuola. L'incontro successivo è stato fissato per il 30 agosto. Intanto si registra un nulla di fatto per la nuova definizione delle aree contrattuali del comparto. Diventano così sempre più ridotte le possibilità di rinnovare a novembre le Rsu della scuola, in rappresentanza di oltre un milione di lavoratori sparsi per i 10 mila istituti della penisola.
Purtroppo, anche nel comparto scuola, si scontano le divisioni sindacali. Mentre infatti la Cgil, all'inizio di agosto, ha ribadito di nuovo la richiesta già contenuta nella lettera di Epifani inviata all'Aran il 14 luglio, di procedere all'elezione delle Rsu, "le altre organizzazioni sindacali - è scritto in una nota della Confederazione - hanno opposto la considerazione che prima di votare si debba definire l'accordo per l'individuazione dei comparti di contrattazione".
CONTRATTAZIONE BALLERINA
CONTRATTO E ACCORDO ALLE POSTE. Ci si muove in tutti i settori dove si devono rinnovare i contratti nazionali. In luglio si sono svolte per esempio, per quanto riguarda le Poste, assemblee in tutti i posti di lavoro durante le quali è emerso il consenso dei lavoratori sulla piattaforma per il rinnovo del contratto scaduto a dicembre 2009. La consultazione dei lavoratori di Poste Italiane attraverso le assemblee tenutesi in tutte le sedi di lavoro, con la partecipazione unitaria delle sei sigle sindacali stipulanti il ccnl di categoria, per la presentazione dell'ipotesi di rinnovo del contratto nazionale di lavoro dei dipendenti di Poste Italiane per il triennio 2010 -2012 ha raccolto il pieno consenso.
E intanto è stato definito l'accordo ‘salvapostini'. E, in effetti, quella firmata tra Poste italiane e Slc, Slp, Uil poste, Failp, Confsal e Ugl, il 27 luglio, dopo dieci mesi di trattative, è un'intesa che cancella i 10.700 esuberi che l'azienda aveva delineato in precedenza (luglio 2009), perlopiù concentrati nei servizi e in particolare proprio tra i portalettere (6.600), oltre a cmp (centri di meccanizzazione postale), logistica e trasporto. Un piano di ristrutturazione "lacrime e sangue", applicato al comparto preponderante e strategico del gruppo, formato da oltre 40.000 unità (equivalenti a quasi il 25% sul totale dei 150.000 dipendenti), che era stato immediatamente respinto dai sindacati.
IL MACIGNO MARCHIONNE. Per ottobre è fissata la dead-line per la verifica dell'accordo sul nuovo modello di relazioni industriali che la Cgil non ha firmato. Ma sulla verifica è caduto il macigno delle affermazioni dell'ad Fiat, Sergio Marchionne a proposito della volontà della stessa Fiat di uscire dal contratto nazionale dei metalmeccanici e anche da Confindustria. Le parti in causa cercano di rassicurare, ma è evidente che l'aria che tira non è affatto delle migliori. In un incontro che si è tenuto alla fine di luglio a Torino tra la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia e Sergio Marchionne, sono stati usati toni tranquillizzanti. Niente disdetta del contratto nazionale di lavoro. Nessuna preliminare, e obbligata, uscita di Fiat Group Automobiles da Federmeccanica, dunque da Confindustria. Tutte le minacce e le ipotesi di delocalizzazione estrema restano sullo sfondo, non sono per nulla scongiurate. Dopo il referendum a Pomigliano, il numero uno della Fiat dice di non fidarsi più del "sistema Italia". Tutte le verifiche andranno fatte entro ottobre. La Serbia è sempre più vicina e anche la rottura definitiva del contratto dei metalmeccanici, che tra l'altro è in scadenza il prossimo anno.
(continua...)
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