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Vittoria Puledda su la Repubblica fa il punto sulla partenza del Fondo Atlante 2, nato per acquistare NPL, crediti a rischio, a partire da quelli di Monte dei Paschi di Siena, e mette nero su bianco che una parte della cassa immessa, 320 milioni, arriveranno da Intesa e Unicredit, che li "distoglieranno" dagli impegni già presi con Atlante 1, mentre anche questo primo fondo contribuirà direttamente al finanziamento di Atlante 2 col residuo degli 1,7 miliardi, una sorta di finanziamento "baciato" ma lecito, che ha ancora in cassa dopo i 2,5 miliardi impegnati nella ricapitalizzazione della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca ma che dovrà utilizzare in parte per ulteriori necessità delle due ex popolari venete quando cederanno i crediti in sofferenza per coprire i quali servirà ben più della cassa attuale di Atlante 1 che dovrà cercare altri acquirenti viste anche le difficoltà che nascerebbero per conflitti di interesse nel caso di intervento diretto del "proprietario" Atlante 1 nel rilevare i crediti a rischio della sua controllata.
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La parola d'ordine era una sola, categorica e impegnativa per tutti: vendere. Nella fattispecie, azioni proprie. Dalla direzione generale di
Veneto Banca e dal suo ad
Vincenzo Consoli, alle direzioni territoriali, sino alle propaggini dell'impero bancario della ex popolare di Asolo e Montebelluna, non c'era rimasto nessuno (o quasi) a pensare in termini di solvibilità della clientela affidata. L'unica preoccupazione era aumentare il capitale sociale piazzando titoli. A ogni costo. Qualche esempio? Eccone alcuni.
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È finita, male per la
Banca Popolare di Vicenza, la storia della liason con la
Cattolica Assicurazioni, un accordo definito all'epoca della sua stipula storico da
Gianni Zonin ma che ora ha dato modo a Cattolica di esercitare un suo diritto contrattuale di "recesso" dopo essersi scottata con i 47 milioni di minusvalenze nelle banche sue partecipate (
BPVi,
Veneto Banca e
San Miniato) che hanno appesantito la sua semestrale.Â
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Potrebbe rivelarsi come la classica pietra che, una volta tolta, rischia di far crollare tutto il castello. La pietra d'inciampo sulla costruzione dell'inchiesta della
Procura di Roma su
Veneto Banca, per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza, che ha condotto agli arresti domiciliari lo storico manager di Montebelluna
Vincenzo Consoli, riguarda ancora una volta le «baciate». In termine tecnico, il capitale finanziato, ovvero i prestiti che la banca ha concesso per comprare, in tutto o in parte, le proprie azioni. Fatto in partenza vietato dal codice civile, secondo la linea della Procura di Roma; che invalida i prestiti e il capitale costituito a quel modo, e regge quindi a cascata i dati gonfiati che costituiscono la base dell'aggiotaggio e dell'ostacolo alla vigilanza.
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Finanziamenti di
Veneto Banca come «contropartita» e, sullo sfondo, l'operazione che portò
Banca Intermobiliare nell'alveo di Veneto Banca. Eccolo, il famoso «piacerino» che, secondo la
procura di Roma, avrebbe permesso a
Vincenzo Consoli di parcheggiare qualcosa come 15 milioni di euro in bond, attraverso una cessione fasulla. Ma l’ex Ad dell’istituto di Montebelluna, l’operazione è un ricordo quantomeno confuso. L’ha spiegato lui stesso ai magistrati che lo hanno interrogato il 29 settembre dello scorso anno. Il pm
Francesca Loy lo incalza sui finanziamenti-fotocopia concessi a
Pietro d’Aguì e a un altro socio di Bim,
Gianclaudio Giovannone. «Il piacerino le dice niente?», chiede il magistrato.
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«C'erano due binari che correvano paralleli: uno era il mercato ufficiale e l'altro il mercato delle Banche Popolari. A un certo punto hanno cercato di farli incontrare, decidendo che il metodo di valutazione delle Popolari non era più adatto...». È il passaggio cruciale dell'interrogatorio di
Vincenzo Consoli, reso il 29 settembre 2015 e svelato ieri dal Corriere del Veneto , quello in cui l'ex dominus di
Veneto Banca di fatto scarica sul governo la responsabilità del crollo delle azioni, imputandola alla riforma che ha imposto la trasformazione delle Popolari in Spa. Una versione che l'esecutivo rispedisce tuttavia al mittente. «Mi dispiace per Consoli, che ha già abbastanza guai, però la sua ricostruzione non sta in piedi», dice il veneziano
Pier Paolo Baretta, sottosegretario all'Economia con delega al sistema bancario.
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Dopo gli arresti domiciliari chiesti e ottenuti dalla Procura di Roma a carico di Vincenzo Consoli, ex Ad di Veneto Banca, il Coordinamento Associazioni Banche Popolari Venete "don Enrico Torta" fa un ragionamento molto semplice e lo traduce in un esposto-diffida teso ad annullare le assemblee di Veneto Banca del 19 dicembre 2015 e di Banca Popolare di Vicenza del 5 marzo 2016 (e successive) e la conseguente negoziabilità del pacchetto azionario delle due banche sino alla conclusione dei procedimenti penali inviato ieri a tutti gli interlocutori interessati tra cui i vertici delle due banche e trasmesso alle Procure della Repubblica Italiana, al Ministero del Tesoro e tutti i suoi componenti, a tutti i Parlamentari di Camera e Senato, a tutti i Consiglieri della Regione Veneto.
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Mentre davanti alle telecamere in diretta da Vicenza di "
Dalla vostra parte", il programma di
Rete 4 condotto da
Maurizio Belpietro, alcuni dei soci beffati dalla
BPVi di
Gianni Zonin e appartenenti a "
Noi che credevamo nella Banca Popolare di Vicenza", l'associazione più numerosa di azionisti truffati, agitavano il nostro libro testimonianza "
Vicenza. La città sbancata" (ultime copie disponibili prima della seconda ristampa da noi in Viale Milano 31, nelle migliori edicole e librerie oltre che su Amazon o scrivendo a
[email protected], ndr), in studio c'è chi ha avuto il coraggio, chiamiamolo così, di affermare che "
le vecchiette che hanno investito in titoli poi azzerati delle banche in crisi sono più furbe di quanto sembrino".
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Una banca, si sa, deve fare i conti. Metti la
Popolare di Vicenza: è alle prese con un futuro tutto da costruire, nelle mani di
Atlante, Quaestio e del nuovo Cda guidato da
Gianni Mion, ma deve fare i conti con il passato ereditato da
Zonin e soci. Che non significa solo capitale azzerato, ma anche una montagna di contestazioni, reclami, richieste di risarcimento. I dati più recenti parlano di 1,4 miliardi di euro di richieste di risarcimento da parte dei soci, a fronte dei quali la banca ha effettuato accantonamenti per 736 milioni di euro.
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Quel cda che non fermò Consoli. Riparte il conto alla rovescia per l'assemblea azionisti di
Veneto Banca, lunedì 8 agosto. La seconda in tre mesi, che torna a villa Spineda di Volpago del Montello, dopo esser finita il 5 maggio al Palexpo di Marghera, scenario del «ribaltone» che issò al comando il cda guidato da
Stefano Ambrosini. Si vedranno ora partecipazione e tono dell'assemblea, che cade giusto un anno dopo l'uscita di scena di
Vincenzo Consoli. Solo un anno fa. Ma con quel che è successo intanto a Montebelluna e
Vicenza pare trascorsa un'èra geologica.
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