Il piacerino a Pietro d’Aguì e quel «non ricordo» dell’ex dg al magistrato
Venerdi 5 Agosto 2016 alle 09:53 | 0 commenti
Finanziamenti di Veneto Banca come «contropartita» e, sullo sfondo, l'operazione che portò Banca Intermobiliare nell'alveo di Veneto Banca. Eccolo, il famoso «piacerino» che, secondo la procura di Roma, avrebbe permesso a Vincenzo Consoli di parcheggiare qualcosa come 15 milioni di euro in bond, attraverso una cessione fasulla. Ma l’ex Ad dell’istituto di Montebelluna, l’operazione è un ricordo quantomeno confuso. L’ha spiegato lui stesso ai magistrati che lo hanno interrogato il 29 settembre dello scorso anno. Il pm Francesca Loy lo incalza sui finanziamenti-fotocopia concessi a Pietro d’Aguì e a un altro socio di Bim, Gianclaudio Giovannone. «Il piacerino le dice niente?», chiede il magistrato.
E Consoli racconta la sua versione. «Quando compriamo Bim, fra le altre cose si decide che d'Aguì deve avere almeno il 10% di quell'azienda perchè (...) il timore è che possa portar via i promotori e quindi compri una banca (...) quindi ti porta via tutti quanti i valori in gestione e tu hai comprato una struttura che non c'è...». Poi spiega come è avvenuto lo scambio: «D'Aguì compra le azioni non da Veneto Banca ma le compra, mi pare, dalla Banca Fortis che deteneva il 10% e, a fronte di quell'acquisto mi pare che noi abbiamo fatto il finanziamento. Questo è il finanziamento che abbiamo fatto a d'Aguì, quindi per acquistare azioni di Bim da Fortis. In contropartita, invece del capitale di Bim che ci ha dato, abbiamo dato azioni di Veneto Banca».
Tutto corretto? Non proprio. I finanzieri presenti all'interrogatorio gli mostrano le e-mail nelle quali si accenna al «piacerino» e che parlano di un finanziamento concesso per l'acquisto di un bond subordinato Tier1. e lì Consoli si corregge: «Evidentemente abbiamo fatto prima dei subordinati, abbiamo fatto un finanziamento, evidentemente si è lamentato dei tassi... È questo qui il piacerino?» Il pm lo incalza: «Un piacerino di 400mila euro... quanti milioni erano il piacerino!». Gli inquirenti decidono di scoprire le carte. Lo fa un finanziere: «Palladio Finanziaria aveva 25 milioni di obbligazioni subordinate di Veneto Banca, nel 2008 decide di dismetterne una parte (...) Il pacchetto di 15 milioni di Palladio Finanziaria viene suddiviso in tranche al 50%: 50% a Giovannone e 50% a d'Aguì». Non ci mette molto, Consoli, a capire dove vuole arrivare: «Cioè voi state dicendo che ci ha tenuto in gestione dei subordinati, è questo?». E di nuovo la Loy lo stuzzica: «Questa è la nostra interpretazione leggendo le mail: "Il piacerino, io ti do il finanziamento, io ti tengo le azioni, poi me le ridate, c'ho guadagnato tutti questi soldi...". Era un bel piacerino, c'era piaciuto molto a noi il piacerino! (...) Lui si lamenta, però da tutti i conteggi sembrava che in realtà ci avesse guadagnato una cifra considerevole per tenere in parcheggio un tot di azioni per un periodo». E a questo punto, Consoli sembra non riuscire a trovare giustificazioni. Si ferma, prende tempo. «Non ricordo. Posso fare anche uno sforzo, quando ci rivedremo...».
Il confronto prosegue su altri temi ma quello «sforzo», ora che è finito agli arresti domiciliari, Consoli dovrà farlo presto. Oggi sarà davanti al giudice per l'interrogatorio di garanzia e con ogni probabilità farà scena muta per poi chiedere di essere sentito direttamente dai pm a fine agosto, così da avere il tempo di studiare le prove raccolte contro di lui, comprese quelle relative al «piacerino».
Dovrà anche giustificare ciò che il gip, nell'ordinanza, definisce «le "aderenze" che caratterizzano gli odierni rapporti tra Consoli e ambienti nevralgici di Veneto Banca». La tesi è che l'ex Ad, «benché fuori dal perimetro aziendale, stia continuando ad attingere, in seno alla banca, dati e notizie di natura riservata, operando in sinergia con ulteriori ex esponenti di Veneto Banca, quali Marco Bordignon e Renato Merlo, per perseguire finalità personalistiche che parrebbero in contrasto con gli interessi patrimoniali della banca». Gli investigatori hanno scoperto che il terzetto sarebbe entrato in possesso di dati societari, soprattutto contabili, relativi a Veneto Banka, istituto albanese del Gruppo. Inoltre ci sarebbe stata «un'attività di controllo informatico posta certamente in essere da taluni dirigenti della Banca già ritenuti vicini alla gestione di Vincenzo Consoli, con la finalità di verificare le attività di Internal Audit».
Mentre gli azionisti di Veneto Banca attendono di capire come il manager spiegherà il suo operato, quelli della Popolare di Vicenza chiedono alla magistratura di accelerare le indagini. Per discuterne, oggi l'Associazione Soci delle Banche venete incontrerà il capo della procura berica, Antonino Cappelleri.
di Andrea Priante dal Corriere del Veneto
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