Veneto Banca, i rilievi Bce rivolti al cda di Favotto che non fermò Consoli
Martedi 2 Agosto 2016 alle 09:30 | 0 commenti
Quel cda che non fermò Consoli. Riparte il conto alla rovescia per l'assemblea azionisti di Veneto Banca, lunedì 8 agosto. La seconda in tre mesi, che torna a villa Spineda di Volpago del Montello, dopo esser finita il 5 maggio al Palexpo di Marghera, scenario del «ribaltone» che issò al comando il cda guidato da Stefano Ambrosini. Si vedranno ora partecipazione e tono dell'assemblea, che cade giusto un anno dopo l'uscita di scena di Vincenzo Consoli. Solo un anno fa. Ma con quel che è successo intanto a Montebelluna e Vicenza pare trascorsa un'èra geologica.
Era il 30 luglio quando l'ex direttore generale si presentava in cda per risolvere il contratto concordato nell'aprile 2014 con il cda guidato da Flavio Trinca, prima di arrivare dimissionario all'assemblea dei soci del 26 aprile, quella dell'orgoglio contro Bankitalia. Il 1. agosto 2015 a sostituire Consoli da direttore generale arriva il suo vice, Cristiano Carrus.
Un anno fa, nel bel mezzo del ciclone Popolare di Vicenza, che si scatena tra maggio e giugno, il passaggio va a dama quasi in sordina. Un anno dopo ci sono più elementi per capire. Stanno nelle mille pagine del prospetto per l'aumento di capitale. Dove compaiono anche i rilievi al cda guidato da Francesco Favotto.
Di quelli messi in conto al cda di Trinca dopo le ispezioni 2013 di Bankitalia, finiti nell'inchiesta della Procura di Roma dopo il blitz della Finanza del febbraio 2015, molto si è detto. Sono quelli in cui Bankitalia rileva, secondo quanto riemerge nel prospetto di un mese fa del rapporto spedito a Veneto Banca il 6 novembre 2013, «il progressivo scadimento» della gestione per le «rilevanti disfunzioni degli assetti di governo e nel sistema dei controlli interni». Con un richiamo diretto a Consoli e Trinca, quando scrive che «sulla gestione ha inciso l'eccessiva concentrazione di potere in capo all'amministratore delegato, a cui non ha fatto da contrappeso, anche in forza del solido rapporto con il presidente, il pletorico consiglio». Con ulteriori rilievi su crediti e prezzo azioni, «determinato dal consiglio in misura sistematicamente crescente, persino con un risultato negativo, come nel trascorso esercizio (i 40 milioni ei perdita del 2012, ndr)».
I rilievi Bce invece al cda che segue, guidato da Francesco Favotto, emergono ora. Con il quadro, nel prospetto, degli esiti dell'ispezione che Bce conduce tra maggio e ottobre 2015 in Veneto Banca su funzionamento del cda, controlli interni e azioni finanziate, in continuità con le verifiche dell'anno prima per gli stress test di ottobre. Anche qui, in parallelo a Vicenza, si capisce che è l'ispezione che cambia tutto, fa emergere le criticità e spinge il cda, fin lì in gran parte con Consoli, a cambiare posizione. I rilievi sono riassunti nel report finale all'ispezione, inviato al board il 1. febbraio 2016. Venti pesanti rilievi, pubblicati nella sostanza sul prospetto, in cui, al rilievo 2, Francoforte imputa in senso generale al cda «di non aver adottato per lungo tempo alcuna decisione sulle opzioni strategiche» e di aver rivisto «solo a ottobre 2015» il piano industriale. In più, sebbene da dicembre 2014 la banca sia sotto il capitale richiesto, «solo a seguito della richiesta Bce il cda ha definito un piano di ricapitalizzazione». Così Bce arriva a chiedere «un ulteriore ampio rinnovo del cda» nell'assemblea del 5 maggio 2016.
Il rapporto tra il cda e Consoli è un nodo critico nella relazione. Con il primo che non mette in discussione il contratto firmato dai predecessori. «Il cda non solo ha omesso di valutare se le rilevanti carenze attribuite nell'ispezione di Banca d'Italia del 2013 all'ex Ad - si legge nel rilievo 1 - potessero influire sulla sua capacità di svolgere le funzioni di direttore generale, ma ha anche prospettato l'estensione del contratto fino ad aprile 2018, proposta poi revocata solo per ‘rispettare l'orientamento dell'autorità di vigilanza'». Valutazioni che non erano state compiute prima dal comitato nomine; così come, si legge nel rilievo 3, quello remunerazioni «omette di segnalare le criticità connesse al pagamento della buonuscita all'ex condirettore generale e presenti nei patti di non concorrenza firmati con l'ex Dg (Consoli, ndr) e il dottor Carrus».
E poi il capitolo azioni. «La negoziazione tra clienti è stata condotta in assenza di una regolamentazione interna - dice il rilievo 7 -. Solo a gennaio 2015 è stata approvata una policy, che non riduce appieno i rischi». E il rilievo 11 continua: «La negoziazione non ha rispettato i criteri di priorità , in certi casi tutelando alcuni clienti dal deprezzamento delle azioni. Tra gennaio 2013 e dicembre 2014 3.965 ordini di vendita per 8,5 milioni di azioni sono stati eseguiti senza rispettare la priorità ». Con perdite per gli scavalcati stimati allora in 80 milioni.
Ancora, Bce rileva il capitolo buonuscite per i contratti di Consoli e Carrus. «Solo nel corso dell'ispezione Veneto Banca ha comunicato all'ex Dg - si legge nel rilievo 15 - che le clausole sul compenso pattuito nel caso della cessazione anticipata sarebbero state applicate nel rispetto dei requisiti di vigilanza esistenti al momento in cui tali corrispettivi sarebbero stati dovuti; più di recente la banca ha rivisto anche l'accordo con Carrus».
Il report si riferisce poi alle azioni finanziate, «anche nell'aumento di capitale 2014». Bce rileva «prestiti per 250,6 milioni finalizzati a finanziare la sottoscrizione di 321 clienti». E ancora, sostiene Bce nel rilievo 5, «con alcune operazioni effettuate dalla banca, l'ex Dg è riuscito a soddisfare le richieste di vendita per circa 4 milioni di azioni senza rispettare la priorità degli ordini». Il rilievo scende nei dettagli: «Sotto la direzione dell'ex Dg e dell'ex condirettore generale sono stati effettuati da tre clienti investimenti in azioni, per 14 milioni di euro, senza i moduli ufficiali e con l'impegno al riacquisto entro 6 mesi, corrispondendo un interesse del 3% a semestre». Un ruolo pervasivo, quello dell'ex direttore generale, come pare emergere dal report di Bce. Spintosi fino ad adottare, secondo il rilevo 5, «talune decisioni strategiche sulle controllate estere senza approvazione del cda».
Di Federico Nicoletti, da Il Corriere del Veneto
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