Utente: Luca Matteazzi (l.matteazzi)
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Inviato Venerdi 27 Novembre 2009 alle 16:22
Signor Cioni, sul fatto che gli stranieri debbano rispettare le leggi, come del resto gli italiani, siamo assolutamente d'accordo. Su altri punti, invece, un po' meno. Vorrei chiarire una cosa: non intendevo assolutamente accusarla di islamofobia o metterle in bocca accostamenti strampalati tra polenta e kebab. Purtroppo, però, quando si intavolano discorsi sull'importanza di difendere le identità e le diversità culturali, è facile partire con buoni propositi e poi scivolare verso i manifesti contro il cous-cous che ogni tanto si vedono per le nostre strade, o verso i maiali portati a passeggiare sopra un campo per impedirci la costruzione di un luogo di preghiera per islamici. Ed è proprio questo che io contesto: prendere spunto da rivendicazioni identitarie legittime e in gran parte condivisibili, per alimentare divisioni che invece non lo sono affatto.
Mi ripeto, ma credo che il pericolo più grosso, quando si discute di culture e identità , sia quello di considerarle come qualcosa di definito una volta per tutte. Quando invece non è così. Lei saprebbe definire in modo preciso e circostanziato cos'è l'identità italiana, o quella veneta? Cosa hanno in comune Galan e Cacciari? Il ministro Brunetta e Mauro Corona? Mario Rigoni Stern ed Ennio Doris? Tutti veneti sono, eppure... Certo, c'è un bagaglio comune, ma ci sono anche, e per fortuna, enormi differenze; tanto che forse qualcuno di loro potrebbe avere più cose da condividere con uno straniero piuttosto che con un altro veneto.
Quello che voglio dire è che non c'è contraddizione tra l'essere orgogliosi delle proprie origini, del proprio passato, delle proprie tradizioni, tra il sentirsi parte di una comunità in modo anche profondo, e l'essere aperti al confronto e allo scambio. Anzi, non c'è niente di più normale. Invece troppa propaganda politica fa oggi leva sulle paure ancestrali del diverso, dell'altro, identificato di solito con i migranti, per alimentare timori e guadagnare consensi. Con una scelta miope, pericolosa e, a mio avviso, anche più funzionale agli interessi di certi poteri forti del buonismo e del progressismo che lei mette sotto accusa. Dietro il dramma di chi si riversa sulle nostre terre non c'è solo una politica cosmopolita e multiculturalista: c'è una scelta voluta e consapevole di classi dirigenti che hanno come primi obiettivi il profitto e il potere, e a cui fa estremamente comodo avere a disposizione grandi masse di disperati da sfruttare in base alle necessità . E se questi diseredati possono servire a creare tensioni e a generare nuovi conflitti, e quindi nuovi disperati disposti a tutto per un tozzo di pane, ben venga. Noi ci azzuffiamo tra poveri, mentre chi tiene in mano le redini del gioco se la ride della grossa.
Mi ripeto, ma credo che il pericolo più grosso, quando si discute di culture e identità , sia quello di considerarle come qualcosa di definito una volta per tutte. Quando invece non è così. Lei saprebbe definire in modo preciso e circostanziato cos'è l'identità italiana, o quella veneta? Cosa hanno in comune Galan e Cacciari? Il ministro Brunetta e Mauro Corona? Mario Rigoni Stern ed Ennio Doris? Tutti veneti sono, eppure... Certo, c'è un bagaglio comune, ma ci sono anche, e per fortuna, enormi differenze; tanto che forse qualcuno di loro potrebbe avere più cose da condividere con uno straniero piuttosto che con un altro veneto.
Quello che voglio dire è che non c'è contraddizione tra l'essere orgogliosi delle proprie origini, del proprio passato, delle proprie tradizioni, tra il sentirsi parte di una comunità in modo anche profondo, e l'essere aperti al confronto e allo scambio. Anzi, non c'è niente di più normale. Invece troppa propaganda politica fa oggi leva sulle paure ancestrali del diverso, dell'altro, identificato di solito con i migranti, per alimentare timori e guadagnare consensi. Con una scelta miope, pericolosa e, a mio avviso, anche più funzionale agli interessi di certi poteri forti del buonismo e del progressismo che lei mette sotto accusa. Dietro il dramma di chi si riversa sulle nostre terre non c'è solo una politica cosmopolita e multiculturalista: c'è una scelta voluta e consapevole di classi dirigenti che hanno come primi obiettivi il profitto e il potere, e a cui fa estremamente comodo avere a disposizione grandi masse di disperati da sfruttare in base alle necessità . E se questi diseredati possono servire a creare tensioni e a generare nuovi conflitti, e quindi nuovi disperati disposti a tutto per un tozzo di pane, ben venga. Noi ci azzuffiamo tra poveri, mentre chi tiene in mano le redini del gioco se la ride della grossa.
il discorso è molto semplice. Il nostro settimanale è in edicola il sabato, ma noi cominciamo a lavorarci una settimana prima, chiudiamo buona parte degli articoli nei primi giorni della settimana e possiamo fare le ultime modifiche fino al giovedì. Questo per dire che, anche volendo, non possiamo inseguire la stretta attualità, perché finiremmo comunque per arrivare in ritardo rispetto ai quotidiani. Senza contare che non avrebbe nemmeno molto senso, visto che il compito di un settimanale è quello di scavare un po' più a fondo nelle notizie, non certo quello di fare il riassunto della cronaca. Per questo, di fronte ad una notizia a cui tutti i quotidiani hanno dato ampio risalto, abbiamo cercato un taglio diverso. Nel caso specifico, quello di raccontare chi è e cosa fa l'associazione finita al centro del caso, limitando volutamente al minimo i riferimento al libretto sul Muro di Berlino. Tutto qui.