Le mille vie dell'unità d'Italia: VicenzaPiù 208
Domenica 27 Febbraio 2011 alle 01:39 | 2 commenti
Che cos'era la Legione Gallieno? E il battaglione Framarin? E chi era il generale Antonini?
Viaggio nel Risorgimento vicentino girovagando per le vie della città .
La cattiva pubblicità è pur sempre pubblicità , dice una regola non scritta della comunicazione. Gente come Madonna o Lady Gaga l'ha capito da un pezzo e ci ha costruito sopra una carriera milionaria. La festa per il centocinquantenario dell'unità d'Italia ne offre l'ennesima conferma (nella foto Livio Zambeccari).
Partita in sordina, senza finanziamenti, snobbata a destra e a manca e completamente ignorata dalla maggior parte della gente, la ricorrenza ha guadagnato spazio con il montare delle polemiche. Al grido di "non c'è niente da festeggiare", contestatori e contrari gli hanno tirato la volata. Con il risultato che non si è mai parlato tanto d'Italia unita come negli ultimi mesi, e che il significato del 17 marzo ormai l'hanno imparato tutti.
I perché dell'anniversario
Nella querelle che oppone entusiasti e negazionisti, io sto con quanti ritengono sia giusto celebrare l'appuntamento. Le obiezioni sono tante, d'accordo. C'è chi, citando D'Azeglio, osserva che non solo non si sono fatti gli italiani, ma nemmeno l'Italia è mai stata davvero una nazione; al massimo è diventata la parodia di una nazione. Oppure chi ricorda che è assurdo festeggiare, dopo sessant'anni di storia repubblicana, la nascita di un stato che aveva come guida la monarchia dei Savoia. Tutto vero. Ma è altrettanto vero che il Risorgimento e il travagliato percorso dell'unificazione nazionale restano momenti fondamentali della nostra storia. E che, piaccia o non piaccia, gli strascichi di quanto avvenuto attorno alla metà del XIX secolo ce li portiamo dietro ancora oggi. A dar fastidio, caso mai, è l'eccesso di enfasi, il profluvio di retorica patriottarda, l'armamentario di frasi fatte e luoghi comuni che troppo spesso accompagna questi eventi. Quando invece basterebbe prenderli come spunto per riscoprire, almeno un po', chi siamo e da dove veniamo.
Una città senza memoria
Vicenza, in questo, è un caso da manuale. Città risorgimentale come poche altre, trabocca di testimonianze degli eventi di quegli anni. Solo che tutte, anche le più evidenti, passano per lo più inosservate. Lapidi, iscrizioni commemorative, statue e perfino palle di cannone (provate ad alzare un po' gli occhi le prossime volte che passate per largo Zileri o piazza duomo) scorrono sotto i nostri sguardi distratti senza lasciare traccia. Non parliamo poi della toponomastica, a cui di solito non si presta un minimo di attenzione. Eppure la memoria del risorgimento, soprattutto quella del Risorgimento locale, è affidata spessissimo ai nomi delle strade. Accanto agli immancabili eroi nazionali, ai Mazzini, ai Garibaldi (ma lo sapevate che via Garibaldi si chiama così perché proprio lì l'eroe dei due mondi si recò a salutare la mamma di un amico, il vicentinissimo Domenico Cariolato?) ai Cavour, sono infatti tantissime le vie dedicate a protagonisti, date ed episodi tutti vicentini. Tantissime e quasi tutte ignorate.
Gallieno, chi era costui?
Migliaia di vicentini, tanto per fare un esempio, hanno studiato in via Legione Gallieno, sui banchi del Rossi. Pochi di loro, credo, sanno che il comandante Giuseppe Gallieno e la sua legione erano uno tanti dei corpi di volontari che, nella primavera del 1848 accorsero a Vicenza da tutta Italia (Gallieno e i suoi venivano dalle province umbre e marchigiane dello stato della Chiesa) per cercare di impedire il ritorno delle truppe asutriache. Si misero in luce per la prima volta nella battaglia del 20 maggio, proprio nella zona tra Porta Santa Lucia, Borgo Scroffa e Porta Padova in cui oggi corre la strada che porta il loro nome. Con loro c'erano anche Raffaele Pasi alla guida di un battaglione civico di Faenza, Livio Zambeccari e il suo battaglione di bolognesi e il maggiore Giovanni Ceccarini, il primo a rispondere alle fucilate austriache. Gallieno uscì dalla battaglia con gli abiti sforacchiati ma incredibilmente illeso, Zambeccari con una ferita al braccio non troppo grave, e anche gli altri, in un modo o nell'altro, portarono a casa la pelle. Più sfortunato fu invece il giovane volontario vicentino Virgilio Bardella che il 10 giugno fu colpito a pochi passi da lì, sulle barricate fuori porta Santa Lucia, e morì poco dopo all'ospedale. Tutti sono oggi ricordati nelle vie della zona.
Mille e non più mille
Lo stesso scenario si ripete saltando dalla zona est a quella ovest. Lì, nei dintorni del nuovo teatro, tra una via dei Mille (che poi erano 1089, e tra loro c'erano una trentina di vicentini) una via Mameli e una via Cattaneo, ecco spuntare un Battaglione Framarin, far capolino un 24 maggio, sfilare una Legione Antonini. Chi erano? Ottavio Framarin era uno studente universitario originario di Gambellara che non si fece pregare due volte per imbracciare il fucile e accorrere a difendere la propria città . Giacomo Antonini, con la sua legione straniera fatta di italiani esuli all'estero, arrivò in città il 20 maggio e, smanioso di gettarsi nella mischia, si buttò avventatamente all'inseguimento degli austriaci. Nello scontro ci rimise un braccio, ma non si perse d'animo ("il mio braccio è una perdita da poco, il mio cuore batte ancora e cinquecento valorosi lo faranno valere", disse ai suoi uomini). Il 24 maggio, infine, è la data di un'altra cruciale battaglia tra i difensori della città e le truppe austriache, combattuta proprio dove si trovano queste vie: davanti alle mura di viale Mazzini, tra porta Santa Croce, porta Castello, Campo Marzo e San Felice.
Passando in centro, attorno a piazza dei Signori, il nome del veneziano Daniele Manin campeggia su quella che per secoli era stata via delle Vetture, dall'abitudine di parcheggiare lì carrozze e cavalli. Contrà Pasini ricorda i due fratelli Ludovico e Valentino, patrioti, protagonisti della primavera del 48 e poi entrambi parlamentari del Regno d'Italia. E ovviamente, verso Monte Berico, viale 10 giugno richiama il giorno dello scontro decisivo contro le truppe di Radetzky. Scontro in cui furono feriti, tra gli altri, anche Massimo D'Azeglio ed Enrico Cialdini, tutti e due titolari di strade nei paraggi. L'elenco potrebbe continuare con via Zanellato, via Bonollo, via Facchinetti, via Gentiloni, via Cariolato e molte altre. Non resta che trovare un po' di tempo per una passeggiata sui sentieri della storia.
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