Stefano Righi, giornalista de Il Corriere della Sera e autore de Il Grande Imbroglio presentato a Vicenza proprio da noi, è stato l'unico oggi a dire, abbiamo scrito a caldo, «tutto quello che c'era da dire sulle malefatte del sistema intorno a Gianni Zonin, in primis, sulle amnesie e sugli incroci di interesse con Banca d'Italia, sulle connivenze con gli amministratori locali, sulla stampa che, invece, che "cane da guardia" dei poteri ne è diventata "cane di compagnia"...» Gli abbiamo dato nella nostra pagella semplificativa un 9 subito dopo il suo intervento al convegno sulla Banca Popolare di Vicenza, che nasceva "truccato" dalla coppia Achille Variati - Renato Bertelle ma che è stato nobilitato dal suo intervento senza le abituali e squallide censure locali sul crac di fatto della BPVi, che ha azzerato decine di migliaia di vicentini.
Anche il sottosegretario all'Economia e alle Finanze On. Pier Paolo Baretta ha preso la parola all'incontro pubblico sul tema della crisi di Banco Popolare di Vicenza tenutosi presso il Teatro comunale di Vicenza: "Il fallimento - ha dichiarato - di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza è assolutamente da escludere e impegnarsi in questa direzione significa avere la certezza di una azione di conciliazione, che altrimenti sarebbe compromessa. Il risanamento delle banche deve partire dall'interno del sistema e non con soldi pubblici".
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Abbiamo già riferito con dei flash sul convegno odierno al Teatro Comunale sulla Banca Popolare di Vicenza pensato e proposto dall'avvocato Renato Bertelle, che chiama "clienti" gli associati alla sua cosiddetta Associazione Nazionale azionisti BPVi, e poi fatto proprio dallo staff mediatico e dispensa indulgenze del plenipotenziaio di Vicenza Achille Variati, che, assicurando all'avvocato acchiappa clienti l'unico posto programmato per le associazioni sul palco, ne aveva acquisito i "diritti di sfruttamento" per ricostruirsi un immagine diversa di quella che di lui ha dato anche il suo vice sindaco, Jacopo Bulgarini d'Elci, che in un suo coraggioso, anche se isolato, outing politico ha chiamato in Sala Bernarda tutti i vertici locali alla correità col sistema che ha prosperato per tanti anni grazie e intorno a Gianni Zonin fino a diventare una concausa del disastro che ha azzerato i risparmi di decine di migliaia di vicentini che pensavano di averli messi al sicuro nella casse bucate della ex Popolare.
Di seguito l'intervento del sottosegretario all'Economia e alle Finanze, Pier Paolo Baretta, che ha partecipato questa mattina 12 novembre alla presentazione del rapporto di Unioncamere del Veneto sugli effetti della crisi delle due principali banche popolari del territorio Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza
«Credo nella fusione. Non è il momento di gettare la spugna». Pier Paolo Baretta, sottosegretario all’Economia, rilancia sulla fusione Bpvi-Veneto Banca. Raccoglie l’invito del segretario nazionale del sindacato autonomo bancari Fabi, Lando Sileoni, di andare a cercare con Luca Zaia i capitali per la banca regionale post-fusione tra le due ex popolari e invita il governatore a rientrare in partita: «Giusto che la politica si dia da fare. Ma bisogna partire dal piano industriale. Per gestire i problemi su personale e servizi informatici e vedere chi prenderà la banca quando Atlante si ritirerà ».
Industria 4.0, il Veneto porta a casa il centro di competenza. La proposta unica delle università venete fa rientrare in gioco il Nordest sui poli italiani che incroceranno ricerca e impresa sulla fabbrica digitale. La conferma, dopo i timori di un'esclusione, è arrivata ieri pomeriggio al Museo della scienza di Milano, dove il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, al fianco del premier Matteo Renzi, ha alzato il velo sul Piano industria 4.0. E la sorpresa per il Nordest sui Competence center è tra gli elementi centrali della presentazione di Calenda. «Partiremo dai Politecnici di Torino, Milano e Bari, dalla Scuola Sant'Anna di Pisa e da altri due università d'eccellenza».
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Sul fronte Cattolica, Banca Popolare di Vicenza ha subito affilato le armi ma è presto tornata a più miti consigli. Dopo la perdita di 310 milioni, frutto della svalutazione e dell'uscita dall'accordo di banca assicurazione, l'obiettivo è ora portare a casa un nuovo patto commerciale. E anche Cattolica ha aperto uno spiraglio in questo senso. Sia chiaro: il recesso non è discutibile ed è per Cattolica «un diritto» che è stato esercitato secondo le regole. Ma nell'ultima lettera indirizzata al presidente Bpvi Gianni Mion e all'ad Francesco Iorio, firmata dal ceo di Cattolica Gian Battista Mazzucchelli, c'è scritto nero su bianco che si «confida in un immediato confronto che consenta di elaborare possibili nuove forme di iniziative comuni, di reciproco interesse, di natura industriale e commerciale».
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«C'erano due binari che correvano paralleli: uno era il mercato ufficiale e l'altro il mercato delle Banche Popolari. A un certo punto hanno cercato di farli incontrare, decidendo che il metodo di valutazione delle Popolari non era più adatto...». È il passaggio cruciale dell'interrogatorio di Vincenzo Consoli, reso il 29 settembre 2015 e svelato ieri dal Corriere del Veneto , quello in cui l'ex dominus di Veneto Banca di fatto scarica sul governo la responsabilità del crollo delle azioni, imputandola alla riforma che ha imposto la trasformazione delle Popolari in Spa. Una versione che l'esecutivo rispedisce tuttavia al mittente. «Mi dispiace per Consoli, che ha già abbastanza guai, però la sua ricostruzione non sta in piedi», dice il veneziano Pier Paolo Baretta, sottosegretario all'Economia con delega al sistema bancario.
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Popolare di Vicenza, il governo spinge per confermare la garanzia di Unicredit sull’aumento di capitale. Ma intanto le tensioni sul nodo rimettono sotto pressione i bond dell’ex popolare. Che intanto spiana la strada ai tre avvicendamenti nel cda chiesti da Borsa Italiana. Giorni roventi in Bpvi, di fronte all’accelerazione per chiudere aumento di capitale e quotazione a metà aprile. Giorni convulsi, anche di fronte all’inatteso scarto di Unicredit, che ha pre-garantito l’aumento di capitale da 1,5 miliardi. L’altra sera ha smentito di aver contattato il governo sul nodo, come aveva scritto il Financial Times, ma ha affermato di valutare «se esistono le condizioni per realizzare l’operazione nei tempi previsti».
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