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Pedemontana sotto i fari di Meletti e Vecchi su Il Fatto: per lo Stato una bomba da 20 miliardi. Crimì chiede spiegazioni a Zaia

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Domenica 24 Luglio 2016 alle 20:46 | 0 commenti

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Continuano le prese di posizione intorno al caso Strada Pedemontana Veneta, in passato spesso al centro dei nostri approfondimenti che ne evidenziavano le criticità, le para-legalità e le mosse discusse del commissario di turno, Silvano Vernizzi. A rendere incandescente la "situazione" è stato un articolo inchiesta pubblicato sabato su Il Fatto Quotidiano a firma di Giorgio Meletti e Davide Vecchi. Sono stato lunedì scorso a Roma presso la blindatissima redazione de Il fatto invitato da Giorgio Meletti che conoscevo fin dagli anni 90 quando io operavo a Roma nel campo dell'informatica e lui era uno dei primi giornalisti specializzati del settore di cui scriveva su Il Mondo: io ero orgoglioso di aver lavorato nella galassia della Apple (allora Apple Computer) e mostravo orgoglioso una mia foto con Steve Jobs del 1985 e lui era stato il giornalista italiano prescelto da Bill Gates nel 1987 per farsi intervistare.

Abbiamo parlato a lungo di me, di lui, del nostro lavoro ora comune, del nostro libro sulla BPVi, "Vicenza. La città sbancata" e di tanto altro ancora. Una sola annotazione, prima di pubblicare il suo articolo preceduto da una nota di Filippo Crimì: lui è uno tosto: questo è un Fatto, quotidiano

 

On. Filippo Crimì (PD): "Pedemontana: Zaia chiarisca qual è lo stato economico dell'opera"

Dichiara l'On.Crimì: "La prossima settimana il Commissario Vernizzi convocherà un incontro tecnico sulla Pedemontana, alla presenza dei rappresentanti del Ministero. Incontro imperativo alla luce del fatto che la Regione Veneto non ha ancora dato risposta ai chiarimenti richiesti dalla Corte dei Conti sullo stato finanziario dell'opera. Motivo per il quale la Corte dei Conti ha inviato un perentorio sollecito per ottenere una risposta entro il 1° settembre. Il problema che emerge è dato dal fatto che la stabilità finanziaria del progetto sia basata su una valutazione sovrastimata del futuro traffico pedemontano."

"I nostri Consiglieri regionali sono sempre stati vigili sulla questione ed anche in questo caso hanno già sollecitato risposte, chiedendo al Commissario straordinario di riferire nella competente Commissione regionale. La principale preoccupazione è che queste gravi problematiche finanziare, sempre più avvolte da una fitta nebbia, blocchino l'opera inducendo la Regione a chiedere un ulteriore aiuto statale."

Conclude l'On.Crimì: "Pur considerando necessario che i lavori proseguano e l'opera venga conclusa, chiedo che il Governatore del Veneto Luca Zaia faccia chiarezza urgentemente sulla questione senza scaricare colpe inesistenti sul Governo ed assumendosi tutte le responsabilità. Non è più accettabile che tocchi sempre allo Stato intervenire per garantire i Project Financing "alla veneta"."

 

Ecco ora l'inchiesta "propedeutica" di Giorgio Meletti e Davide Vecchi

Pedemontana, per lo Stato una bomba da 20 miliardi
Emergenza Veneto a palazzo Chigi - il privato che dovrebbe finanziare la superstrada sbaglia i conti. E la regione deve pagare

È noto che il cosiddetto project financing è una delle tecniche più efficaci per rapinare le casse dello Stato. In genere la politica - quando non è mandante o complice - se ne accorge sempre dopo. Il caso della Pedemontana Veneta è dunque inedito. Il governo ha scoperto (forse) in tempo che la nuova arteria da 95 chilometri che dovrebbe collegare le province di Vicenza e Treviso "senza oneri per lo Stato" potrebbe costare ai contribuenti 20 miliardi. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti ha attivato nei giorni scorsi una girandola di frenetiche riunioni per salvare il salvabile. Palazzo Chigi è dovuto intervenire a seguito del totale imbambolamento del ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio e di quello dell'Economia Pier Carlo Padoan, per tacere del governatore del Veneto Luca Zaia.

La storia della Pedemontana Veneta sembra un copione per cabarettisti. L'operazione parte nel 2003 con i consueti ingredienti dell'epoca: Legge Obiettivo e project financing. La prima garantisce - secondo l'ideatore Ercole Incalza, il dottor Stranamore dell'appalto - l'esecuzione delle opere con tempi e costi certi. Il secondo è apparentemente geniale: il costruttore finanzia e costruisce l'autostrada e se la ripaga con i proventi del traffico, così lo Stato non ci mette una lira. Storie note.

Ma con la Pedemontana Veneta si batte ogni record. Nel 2009 Silvio Berlusconi e Guido Bertolaso decidono che tra Treviso e Vicenza c'è una vera e propria emergenza traffico, tale da imporre un decreto che svincola la Pedemontana dalle già lasche procedure della Legge Obiettivo. Non solo: viene istituito un commissario onnipotente nella persona di Silvano Vernizzi - braccio destro dell'allora governatore Giancarlo Galan per i cantieri - che diventa nientemeno che "autorità concedente" (nota per i comuni mortali: normalmente l'autorità concedente è il ministero Infrastrutture o l'Anas, minimo una Regione).

Vernizzi firma di tutto e di più con il consorzio Sis, vincitore della gara del 2003, formato dal costruttore piemontese Matterino Dogliani e dal gruppo spagnolo Sacyr. I governatori veneti - Galan prima, Luca Zaia poi - approvano tutto. Forse senza rendersi conto di alcuni dettagli. Il primo è quasi normale, cioè il costo dell'opera che dagli 895 milioni iniziali triplica a 2,7 miliardi. Il secondo è la bomba: Vernizzi impegna la Regione Veneto a risarcire il concessionario se per caso il traffico, e quindi i pedaggi, risultassero inferiori alle previsioni. Naturalmente, come tradizione del project financing, le previsioni di traffico alla base dell'operazione sono stellari, per dimostrare la bontà dell'affare: 44 mila veicoli al giorno nel 2023.

Due giorni fa, a Palazzo Chigi, De Vincenti è sbiancato quando due dirigenti di Bei (Banca Europea per gli investimenti) e Cdp (Cassa Depositi e Prestiti) gli hanno detto che, secondo un loro studio, le previsioni di traffico messe nel piano sono tre volte la realtà. Calcolatrice alla mano, la Regione Veneto dovrebbe rimborsare al consorzio Sis 366 milioni ogni anno per la durata della concessione, 39 anni: 14 miliardi in tutto che diventano 20 calcolando interessi e quisquilie varie.

Perché De Vincenti ha dovuto aprire questo teso tavolo di consultazione? Perché all'inizio di luglio il commissario Vernizzi, il concedente, ha scritto una perentoria lettera al premier Matteo Renzi per battere cassa. Il ragionamento di Vernizzi è semplice. Il consorzio Sis ha iniziato i lavori in un modo curioso, anziché costruire la strada un po' alla volta ha sbancato tutto il percorso, scavando una profonda trincea di 95 chilometri lungo la campagna veneta, ma non ha più soldi. Ha speso finora poco meno di 400 milioni di contributo statale senza metterci un euro di suo. Il contributo pubblico in conto capitale era all'inizio di 150 milioni, poi è diventato di 614 grazie a un miracoloso "atto aggiuntivo" firmato nel 2013 da Vernizzi e assentito da Zaia. Ora il commissario chiede a Renzi gli ultimi 200 e passa milioni per non chiudere i cantieri: pare che il concessionario che doveva fare "tutto con soldi privati" abbia titolo giuridico per pretendere di incassare tutto il contributo anche se non ha messo giù un euro suo.

E qui inizia il capitolo più grottesco. Ovviamente il privato per costruire l'opera deve finanziarsi sul mercato, in questo caso per circa 1,5 miliardi. Ma nessuna banca finora si è arrischiata a prestare soldi al costruttore Matterino Dogliani. La garanzia sottostante è, in sostanza, della regione Veneto che però, se dovesse fare fronte ai 366 milioni all'anno andrebbe in default. In pratica per una banca comprare le obbligazioni Sis sarebbe come investire in titoli di Stato italiani nel novembre del 2011.

Spunta a questo punto l'ex ministro dell'Economia Vittorio Grilli, oggi capo dell'investment banking europeo di Jp Morgan. La banca americana ha pronto il piano per l'emissione delle obbligazioni con cedola dell'8 per cento, un lauto interesse che alla fine sarebbe pagato da Zaia. Grilli tiene molto all'affare che porterebbe nelle casse di Jp Morgan una cifra stimata tra i 40 e gli 80 milioni di euro per la prestazione di arranger. Siccome nessuna banca vuole comprare il Pedemontana Bond, Grilli sta facendo pressioni sulla Bei e sulla Cdp perché si mettano una mano sulla coscienza e partecipino all'operazione: sarebbe un segnale forte per il mercato e garantirebbe il successo dell'operazione.

Per questa ragione i tecnici di Bei e Cdp hanno messo a punto lo studio sulle previsioni di traffico che giovedì hanno illustrato a De Vincenti. E le conclusioni sono infauste: solo un pazzo investirebbe su un'operazione così strampalata, ed essendo Bei e Cdp banche pubbliche i loro manager non possono fare follie. A complicare il quadro c'è però un manifesto interesse del presidente di Cdp, Claudio Costamagna, per l'operazione. Da mesi Grilli sta premendo su di lui in modo insistente facendo leva sull'ottimo rapporto tra i due banchieri, cementato dalla mossa realizzata da Grilli nello scorso gennaio: ha assunto in Jp Morgan la moglie di Costamagna, Alberica Brivio Sforza, assegnandole il ruolo di "senior private banker per la clientela Ultra High Net Worth". A occhio dev'essere un mestiere molto difficile.

Adesso tocca a De Vincenti trovare una soluzione. Non sarà facile. Il complesso sistema di clausole firmate da Vernizzi rende quasi impossibile risolvere il pasticcio senza pagare sontuose penali al consorzio Sis. Purtroppo il Codice Appalti appena riformato dal governo non contiene l'unica norma che avrebbe salvato il Paese da flagelli del genere: vietare per legge il project financing .


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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