Pagheremo caro, pagheremo tutto: il debito pubblico alla cifra record di 1.900 miliardi
Giovedi 13 Ottobre 2011 alle 20:34 | 0 commenti
 
				
		
		Germano Raniero, Usb  -  Pagheremo caro, pagheremo tutto
Una frase semplice e lapidaria per illustrare quello che sta accadendo a cittadini e lavoratori italiani, che sono chiamati a fare durissimi - e probabilmente inutili - sacrifici per "salvare" i conti dell'Italia.... 
se non li fermiamo! Le cifre sono note: il debito pubblico ha toccato la cifra record di quasi 1.900 miliardi di Euro, con un'incidenza sul PIL pari al 120%, e ogni anno l'esborso per interessi sui titoli di Stato è pari a circa 70 miliardi di Euro l'anno.
Senza scendere in tecnicismi economici, oggi ci troviamo di fronte  alla richiesta, da parte della BCE (Banca Centrale Europea), del FMI  (Fondo Monetario Internazionale) e di quell'entità "sovrannaturale" che  sono i "mercati", di diminuire l'incidenza del debito pubblico sul PIL  di una percentuale pari al 5% annuo, con il risultato che l'Italia dovrà  reperire nel bilancio pubblico, ogni anno, e per i prossimi 20 anni, la  cifra di 50 miliardi di Euro, ai quali si aggiungono altri 70 miliardi  di Euro annui per il pagamento degli interessi sul debito.
Totale del conto presentato al bilancio pubblico dell'Italia: 120 miliardi di Euro annui.
È EVIDENTE CHE L'ECONOMIA ITALIANA, I CITTADINI E I LAVORATORI ITALIANI NON POSSONO SOSTENERE UNO SFORZO SIMILE!
ISe l'ultima manovra economica "lacrime e sangue" di settembre, quella che ha falcidiato i bilanci degli enti locali e aumentato l'IVA, è stata di "soli" 54 miliardi di Euro... cosa succederà con manovre da 100 miliardi di Euro?!?
"Ce lo chiede l'Europa"...questo il ritornello che  sentiamo da anni! E la lettera firmata da Jean-Claude Trichet  (presidente della BCE) e Mario Draghi (governatore della Banca d'Italia e  futuro presidente BCE), inviata in forma segreta al governo italiano il  5 agosto scorso, ed integralmente pubblicata dal Corriere della Sera il  29 settembre, ci fa capire chiaramente quali sono queste richieste. Tra  le altre cose, infatti, nella lettera si chiedono:
- la "piena  liberalizzazione dei servizi pubblici locali" che "dovrebbe applicarsi  in particolare alla fornitura di servizi locali attraverso  privatizzazioni su larga scala";
- una riforma della "contrattazione  salariale collettiva, permettendo accordi a livello di impresa in modo  da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze  specifiche delle aziende e rendendo questi accordi più rilevanti  rispetto ad altri livelli di negoziazione. 
L'accordo del 28 giugno - afferma ancora la BCE - si muove in questa direzione";
-  un intervento pesante sulle pensioni di anzianità, a partire  dall'allineamento dell'età pensionabile delle lavoratrici dei diversi  settori lavorativi;
- tagli pesanti alle spese per gli enti locali  (nella lettera definite "autorità regionali e locali"); - una "riduzione  significativa dei costi del pubblico impiego rafforzando le regole per  il turn-over e, se necessario riducendo gli stipendi".
È così quindi che si intendono trovare i soldi nelle prossime manovre! 
Vendita  del patrimonio pubblico, privatizzazioni, tagli alla spesa pubblica ed  ulteriori sacrifici per i lavoratori, con la definitiva demolizione di  quel che resta dello Stato sociale e di pubblico che resta!
Questa  lettera, oltre ad aver rappresentato una vergognosa interferenza nella  vita politica ed economica, e ad aver dettato le manovre economiche a  Berlusconi e Tremonti, fa capire cosa pretende il potere finanziario  europeo dai cittadini e dai lavoratori italiani. Cittadini e lavoratori  che di fronte a queste pesanti richieste si trovano letteralmente soli  perché larga parte del parlamento, infatti, è sostanzialmente d'accordo  con le richieste della BCE: Enrico Letta, vice segretario del PD,  principale partito di "opposizione", si è affrettato a dichiarare "I  contenuti della lettera di Draghi e Trichet rappresentano la base su cui  impostare politiche per far uscire l'Italia dalla crisi. Qualunque  governo succederà al governo Berlusconi dovrà ripartire dai contenuti di  quella lettera".
Quanto ai sindacati... Cgil, Cisl e Uil sono stati  praticamente elogiati da Draghi e Trichet per aver firmato l'accordo  interconfederale del 28 giugno, con il quale ora c'è la possibilità che  gli accordi aziendali determinino deroghe e modifiche, anche sostanziali  ai contratti nazionali, relative alla prestazione lavorativa, agli  orari e all'organizzazione del lavoro. Cgil, Cisl e Uil si sono quindi  resi complici della BCE, nonché parte attiva nell'avanzato stato di  devastazione dei diritti e delle tutele dei lavoratori: i lavoratori ed i  cittadini italiani devono quindi prendere profondamente atto di ciò, e  levare il proprio sostegno a queste organizzazioni, che a parole fanno  finta di lottare, e nei fatti pugnalano alle spalle i lavoratori.
In  risposta alla missiva di Trichet e Draghi, USB ha occupato la sede  romana della Commissione Europea, lo scorso 6 ottobre consegnando una  lettera indirizzata a José Manuel Barroso. È stata questa l'unica  iniziativa politico-sindacale di netta e forte opposizione alle  politiche economiche varate nell'ambito dell'Unione Europea. USB ha così  denunciato la definitiva perdita di autonomia e credibilità delle  istituzioni italiane, eterodirette dalle centrali finanziarie europee e  ha ribadito il diritto-dovere delle lavoratrici e dei lavoratori  italiani - che sono anche gli stessi cittadini che pagano le misure  economiche anti-crisi - di non riconoscersi in quelle misure e di non  riconoscere il debito "pubblico" che di "pubblico" ha poco o nulla. Il  debito che ci vogliono far pagare è quello nato dalle speculazioni  finanziarie ed è soltanto il loro debito.
NOI IL DEBITO NON LO PAGHIAMO A CASA TUTTI NAZIONALIZZIAMO LE BANCHE
Il  15 ottobre saremo per le strade di Roma* per manifestare contro il  governo Berlusconi ma soprattutto contro il governo della finanza e  delle banche europee che stanno strangolando qualsiasi possibilità di  sopravvivenza per decine di milioni di cittadini europei.
Invece di  intervenire positivamente sulle economie e sui debiti dei paesi europei,  la BCE, con Germania e Francia a fare da apripista, decidono di  rifinanziare le banche con 3.000 miliardi e continuare ad imporre  sacrifici a intere popolazioni.
Sacrifici che non serviranno a  rilanciare e neanche a far sopravvivere economie ormai moribonde e che  al contrario faranno aumentare recessione e debiti nazionali,  disoccupazione, precarietà e distruzione del welfare.
Si premiano  invece le banche e la finanza internazionale, cioè proprio quei soggetti  che hanno determinato l'attuale crisi e da essa hanno tratto maggiori  profitti.
La manifestazione del 15 ottobre non è quindi per noi un  punto di arrivo, ma rappresenta una scadenza importante che, posta dopo  le mobilitazioni e gli scioperi effettuati dall'inizio del 2011  culminati nella grande giornata di lotta del 6 settembre, ha una valenza  in termini generali rispetto al governo e alla politica di  strozzinaggio delle banche europee ma individua ed indica anche le  contraddizioni interne al nostro paese nell'ambito del lavoro, ad  iniziare dall'offensiva di Marchionne e dall'accordo del 28 giugno che  ha aperto la strada all'art. 8 della manovra del governo ed è stato poi  ratificato il 21 settembre anche dalla Cgil che aveva chiamato i  lavoratori a scioperare il 6 settembre proprio contro il famigerato art.  8.
Ma il 15 è anche una scadenza a livello internazionale, una data  scelta per rafforzare e sviluppare l'intero movimento che si sta  sviluppando in Europa e negli Stati Uniti e che, pur se con enormi  differenze e contraddizioni interne, sta assumendo sempre più la forma  di una opposizione al modello di sfruttamento insito nel capitalismo.
Un  movimento che può modificare il destino dei singoli paesi ma che può  anche indicare una via diversa dell'economia e del suo governo a paesi  che sino ad oggi hanno vissuto come intangibile il sistema capitalistico  e le sue odiose forme di sfruttamento interno ed esterno, in nome del  denaro e del mercato.
*Su questi temi anche da vicenza partirà un pulman di lavoratori che si affiancherà agli altri promossi da altre forse sociali e politiche.
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