Langella, FdS: lasciate ogni diritto o voi che entrate, scritta all'ingresso delle fabbriche Fiat
Martedi 28 Dicembre 2010 alle 18:37 | 0 commenti
Giorgio Langella, FdS - Dopo l'accordo di Mirafiori dovrebbe essere questa la scritta all'ingresso degli stabilimenti Fiat.    Â
Un accordo che fa tornare indietro l'orologio della storia agli anni '50 quando le condizioni di lavoro erano dettate dalla convenienza padronale e i diritti dei lavoratori erano un'utopia.
Il messaggio di questo accordo sciagurato è chiaro: la Costituzione e le Leggi dello Stato non devono avere cittadinanza all'interno delle fabbriche.
Queste, nella concezione di Marchionne e soci, sono una specie di zona franca dove tutto quello che vuole l'azienda deve essere possibile. Il lavoro non è più il primo diritto costituzionale ma diventa una merce qualunque che può essere barattata con i diritti. I lavoratori sono ingranaggi di una macchina gestita dai "capi" e non hanno il diritto di dissentire, di scegliersi i propri rappresentanti, di incrociare le braccia quando vedono violati i propri normali diritti. La gravità dell'accordo di Mirafiori risiede proprio in questa progressiva cancellazione dei diritti.
Noi siamo d'accordo con la Fiom. Sui turni, sull'utilizzo degli impianti, sugli straordinari si può discutere. Discutere, comunque, e non accettare qualsiasi imposizione. Sui diritti individuali e collettivi alla salute, allo sciopero, alla critica, ad avere rappresentanti dei lavoratori eletti da questi e non nominati dalla dirigenza aziendale o sindacale non si può derogare.
Se si legge attentamente l'accordo di Mirafiori sembra di essere di fronte al regolamento di un carcere. Non è certo qualcosa che regola i rapporti di lavoro in maniera democratica. Il lavoro, nella filosofia aziendale Fiat, deve essere fatica, punizione. Non si dica che la crisi impone sacrifici. Soprattutto non lo vengano a dire quelli che sono garantiti e strapagati. I Marchionne, che hanno retribuzioni di milioni di euro e usufruiscono di premi colossali ogni anno, non possono chiedere sacrifici a chi prende poco più di mille euro al mese. Chi ci ha portato alla crisi per incapacità o, peggio, per speculazioni finanziarie o perché fa di tutto per non pagare le tasse non può dettare legge. Ma in Italia la logica è completamente ribaltata. I lavoratori devono sacrificarsi e lasciarsi sfruttare per consentire ai padroni di guadagnare di più. Altrimenti questi ultimi portano il lavoro all'estero e li mettono in ginocchio. Un ricatto bello e buono che un governo complice e parte dell'opposizione parlamentare compiacente (si vedano le dichiarazioni di Ichino e di Chiamparino, tanto per fare due nomi) non vogliono contrastare.
Cosa prevede l'accordo firmato a Torino?
Di aumenti salariali non c'è nulla. Solo qualche "elemosina" (per altro dovuta) in cambio di più lavoro. Si tolgono 10 minuti di pausa al giorno per circa 45 euro lordi al mese. Questo significa che ogni ora viene pagata con 13,5 euro lordi. Dov'è l'adeguamento salariale ad altre nazioni europee?
Di fatica, invece, ce n'è molta di più. Si ipotizza una sperimentazione di almeno 12 mesi che porterà i turni a 10 ore. Otto ore, forse, sono troppo poche per lorsignori? Ma che produttività ci può essere aumentando le ore del singolo turno? E poi, sono previste, per ogni lavoratore, 200 ore di straordinario ogni anno. Per la gran parte queste ore saranno decise a giudizio insindacabile dall'azienda. Duecento ore di straordinario annuali per ogni lavoratore corrispondono al lavoro di 500 persone ... ma non sarebbe più giusto assumere nuovi lavoratori? Dov'è finita la lotta alla disoccupazione che lorsignori dichiarano di voler fare? Un aumento di lavoro che, però, avverrà solo dopo un anno di cassa integrazione straordinaria per tutti. Questo nel nome di una maggiore produttività . Ma di cosa? E dove verranno messe tutte le vetture costruite? Chi le venderà ? E chi le comprerà ? I lavoratori che non avranno più né tempo libero, né soldi a sufficienza?
In compenso, c'è una forte limitazione (se non la cancellazione) di diritti fondamentali. Le rappresentanze dei lavoratori saranno nominate solo dai firmatari dell'accordo. Non ci saranno elezioni. La democrazia resta, così, fuori dai cancelli. Si istituisce una sorta di oligarchia formata da padroni e sindacati compiacenti e complici. Chi protesta anche solo contro uno degli aspetti dell'accordo può essere sanzionato. Chi sciopera, poi, va licenziato. Dentro la fabbrica non può esserci dissenso. E se un lavoratore si ammala? Esistono delle tabelle per le quali, se l'assenteismo di tutti i lavoratori sarà superiore a una percentuale (6% il primo anno, 4% il secondo, 3,5% i successivi anni) il primo giorno di malattia non gli verrà pagato. Non importa la malattia, non importa il diritto individuale e inalienabile alla salute. In fabbrica queste cose non si sopportano.
Meno diritti e più lavoro, ma non ci si deve preoccupare perché si utilizzerà il sistema "ergo-uas". Un sistema che "comporta la valutazione del sovraccarico biomeccanico relativo a tutto il corpo, valutando il carico statico, il carico dinamico, le applicazioni di forza, le vibrazioni e la movimentazione manuale dei carichi e, conseguentemente, le condizioni di lavoro in relazione alle operazioni/cicli di lavoro e alle posture degli addetti". In pratica i lavoratori resteranno sempre fermi al loro posto e utilizzeranno i pezzi e gli strumenti che saranno a portata di mano. Non si alzeranno più, non faranno qualche passo per andare a prendere qualcosa. Così, a detta di chi non ha mai lavorato in catena di montaggio, potranno fare meno pause perché faranno meno sforzi. I lavoratori sono diventati, in pratica, ingranaggi della catena. Finito il lavoro, se avranno ancora la forza, forse torneranno ad essere persone. Ma, per carità , fuori dai cancelli della fabbrica.
Non è un racconto di fantascienza. È la realtà . È l'accordo che FIM (CISL), UILM (UIL), FISMIC e UGL Metalmeccanici (assieme all'associazione Capi e Quadri della Fiat) hanno firmato. Quello che la FIOM, giustamente, si è rifiutata di sottoscrivere.
L'accordo di Mirafiori non è moderno. È un ritorno agli anni bui, quando il lavoro era una servitù e non un mezzo per liberarsi dalla miseria. Chi ha firmato questo accordo si rende complice di un ritorno al passato. Non è la FIOM che si è isolata, sono gli altri sindacati che si sono arresi per stanchezza o, forse, solo per convenienza.
La situazione è gravissima. La battaglia che ha iniziato la FIOM è per la democrazia e la Costituzione. Chi dice che è stata sconfitta sbaglia. La FIOM sta resistendo. Noi non solo possiamo, ma dobbiamo essere al suo fianco. Ne va della libertà di ognuno di noi. Alla CGIL chiediamo di stringersi compatta a fianco dei metalmeccanici e proclamare subito uno sciopero generale per contrastare questa manovra reazionaria.
Partito dei Comunisti Italiani - Federazione della sinistra di Vicenza
Accedi per inserire un commento
Se sei registrato effettua l'accesso prima di scrivere il tuo commento. Se non sei ancora registrato puoi farlo subito qui, è gratis.