FdS,PdCI: nessuna violenza nel corteo romano. Botta e risposta sui diritti dei lavoratori
Martedi 19 Ottobre 2010 alle 09:39 | 0 commenti
Partito dei Comunisti Italiani - Federazione della sinistra di Vicenza - Documento approvato dalla direzione provinciale del PdCI-Federazione della sinistra di Vicenza sabato 16 ottobre 2010: in piazza a Roma c'erano le persone per bene.
Abbiamo sfilato per ore, in centinaia di migliaia, per difendere quei diritti che noi lavoratori abbiamo conquistato con le lotte di non tanto tempo fa. Eravamo in tanti a difendere la Costituzione. Abbiamo voluto riaffermare l'esigenza che in Italia ci sia una seria politica di sviluppo. Esigiamo il diritto costituzionale al lavoro. Vogliamo lavorare onestamente, in sicurezza, a tempo indeterminato.
Siamo un mare di persone che non si rassegnano e che non vogliono, né possono, chinare la testa di fronte ai soprusi. Abbiamo voluto ribadire con la forza necessaria il nostro NO netto e chiaro alla sudditanza culturale e ideologica oggi così di moda verso chi favorisce la speculazione, la delocalizzazione, la chiusura delle fabbriche. Testardamente e strenuamente rifiutiamo di farci umiliare ogni giorno dall'arroganza di chi la crisi l'ha creata.
Sabato, noi che abbiamo manifestato siamo stati offesi. Siamo stati accusati di essere pericolosi, di fomentare l'odio e la violenza, di essere legati al passato. Abbiamo gridato slogan, cantato, parlato, ascoltato e ci siamo indignati senza provocare disordini e senza accettare le provocazioni del potere. Sabato a Roma noi persone per bene siamo scesi in piazza per essere protagonisti del nostro futuro.
Ci sono stati slogan che hanno infastidito lorsignori? Canti di scherno per qualcuno? E allora? Dov'è il problema? In Italia si vorrebbe una massa di lavoratori sudditi, silenziosi e vinti. Ma perché non si può dissentire dalle decisioni di Marchionne o dalle posizioni servili assunte da Bonanni? Bisogna sempre accettare qualsiasi cosa senza dire quello che si pensa perché altrimenti si è "policamente scorretti"? Ogni giorno vediamo come, nel nostro paese, stia crescendo la differenza tra ricchi e poveri, tra chi ha il potere e lo usa con arroganza e chi lo subisce e viene emarginato. Facciamola finita e torniamo al confronto e, se necessario, al conflitto. Senza violenza ma con la fermezza necessaria. Torniamo a chiedere diritti e giustizia, nelle scuole, negli uffici, nelle fabbriche, nei quartieri.
Proviamo a rileggere anche solo alcune delle dichiarazioni di questi giorni.
Il segretario della CISL Bonanni, dal palco della manifestazione di CISL e UIL di sabato 9 ottobre, ha urlato: "10, 100, 1000 Pomigliano qualora ci saranno" e poi, riferendosi a chi non accetta l'accordo separato (firmato da CISL e UIL con Federmeccanica) ha affermato: "Attenzione a coloro che sono paralizzati dal banditismo estremistico. In questo modo sono loro che fanno scappare le aziende in altri paesi e nelle fabbriche continuano ad accendere fuochi". Ma come? Non aveva detto, e solo qualche mese fa, il signor Bonanni, che Pomigliano era un caso particolare e non doveva né poteva essere accettato in altre realtà ? E perché ritiene che siano le lotte dei lavoratori a far scappare le aziende dall'Italia? Perché pensa che chi lotta per i diritti e il lavoro sia una specie di "bandito estremista"? E perché è così in sintonia con le posizioni confindustriali? Pensa forse che i padroni abbiano sempre ragione? E infine perché ritiene che non siano le sue affermazioni offensive per chi non la pensa come lui?
Subito dopo la manifestazione della FIOM, il ministro Sacconi ha sostenuto: "Oggi a Roma si è riunita una Italia fortunatamente minoritaria, inadatta a governare, figlia ancora di vecchie ideologie del secolo scorso". Ritiene Sacconi di essere lui adatto a governare? Pensa, in tutta coscienza, che il governo abbia agito bene? E non crede che sia la sua politica ad essere figlia di vecchie ideologie quali sono il capitalismo e il liberismo sfrenato? Ideologie che derivano da una visione ottocentesca dei rapporti tra padrone e lavoratori. Il fallimento delle politiche del governo è sotto gli occhi di tutti. Chieda Sacconi alle famiglie che non arrivano a fine mese, ai cassintegrati, ai licenziati, ai precari, agli studenti, ai pensionati se sono soddisfatti di come vivono e quali speranze hanno per il futuro. Faccia domande e sia pronto ad accettare critiche e, forse, anche qualche insulto frutto della disperazione e della rabbia di chi fa fatica per vivere.
Prima della manifestazione di sabato il ministro Maroni ha detto: "Il rischio di infiltrazioni nel corteo della Fiom di sabato è elevato, come hanno detto anche le analisi dei nostri servizi, ma la nostra attenzione sarà massima". E poi ha continuato affermando che, anche se "20 o 40 mila persone sfileranno pacificamente, c'è il rischio che gruppetti forse anche di stranieri si stacchino dal corteo e vadano a spaccare vetri". Uno scenario inquietante di guerriglia urbana. A Roma scenderanno di nuovo i barbari? Ma cos'è questo, un avvertimento? Una provocazione? O semplicemente, un maldestro tentativo di boicottare la manifestazione e di screditare preventivamente chi avrebbe risposto all'appello della FIOM? A queste improvvide affermazioni Raffaele Bonanni si è allineato con prontezza. Ha detto, infatti: "Il ministro dell'Interno è lui, se parla sa quello che dice".
Cari signori, siete stati puntualmente smentiti. Sabato non c'è stato nessun disordine, nessun vetro spaccato, nessuna violenza. Solo moltissime persone (centinaia di migliaia e non i 20-40 mila che si aspettava il poco preveggente Maroni) che non si rassegnano ad accettare le imposizioni della confindustria e del governo. Sabato, a Roma, persone per bene provenienti da ogni parte d'Italia hanno espresso, pacificamente e con la serietà necessaria, il proprio pensiero. Sabato a Roma abbiamo manifestato assieme tutti, cittadini di tanti colori, di lingue e dialetti diversi. Assieme abbiamo ricominciato a lottare per il nostro futuro, consci che la battaglia sarà lunga ma che, uniti, potremo raggiungere qualcosa di grande: cancellare le disuguaglianze economiche e di diritti che oggi esistono nel nostro paese.
Lo sviluppo dell'Italia non può esserci nelle condizioni di criminalità economica e finanziaria che ci vengono imposte. È il modello di sviluppo che è sbagliato e che deve essere radicalmente cambiato. La nostra proposta è molto semplice: IL LAVORO È IL PRIMO DIRITTO. Il resto viene di conseguenza.
E allora:
• È necessario che il contratto nazionale di lavoro non possa essere derogato e che siano i lavoratori a decidere con un voto se i contratti firmati da qualche sindacato vanno bene o meno.
• È necessario che sia approvata una severa legge contro la corruzione che costa al paese 70 miliardi ogni anno.
• Non è tollerabile un'evasione fiscale di oltre 120 miliardi ogni anno. Siano messi in galera gli evasori e chi si serve dei paradisi fiscali per arricchirsi illecitamente.
• Sia colpito altrettanto duramente chi sfrutta i lavoratori, chi li paga in nero, chi non adotta le norme di sicurezza.
• È necessario aumentare le retribuzioni nette di chi lavora. Le tasse devono essere pagate da chi i soldi li ha: siano diminuite quelle dei lavoratori e dei pensionati ed aumentate anche in maniera consistente le aliquote per i redditi e i patrimoni elevati.
• Il lavoro precario e quello a tempo determinato non possono essere la norma. Sono un "lusso" che deve costare molto di più rispetto all'unica forma normale di lavoro che è quella a tempo indeterminato.
In una parola, quello che abbiamo chiesto sabato a Roma è quello che lorsignori ci vogliono negare: RISPETTO.
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