Costituzione e questione morale
Martedi 5 Gennaio 2010 alle 23:18 | 0 commenti
Riceviamo da Giorgio Langella (PdCI-PRC) e pubblichiamo per eventuali commenti.Â
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E così il ministro Brunetta ha finalmente rivelato quanto "lorsignori" vogliono fare della nostra democrazia. Brunetta afferma che "stabilire che l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro non significa assolutamente nulla" e che "la parte valoriale della Costituzione ignora temi e concetti fondamentali, come quelli del mercato, della concorrenza e del merito".
Pensiamo che sarebbe utile e necessario, prima di tutto, conoscere la nostra Costituzione. Capire come e da cosa è nata. Studiarne la sua modernità . Dovrebbe essere compito di chi governa e di chi "fa informazione". Dovrebbe essere compito primario della scuola. Invece chi governa il paese e tanti, troppi professionisti della comunicazione montano una vera e propria campagna di disinformazione e di occultamento dei principi e dei valori della nostra Carta costituzionale.
L'idea che dopo sessant'anni essa debba essere modificata sta facendo presa nell'opinione pubblica senza alcuna giustificazione se non quella dei "raggiunti limiti di età ". Una grandiosa mistificazione.
Ma, vorremmo tornare al ministro Brunetta e alle sue affermazioni. Forse quello che il ministro sostiene deriva dal fatto che egli stesso non sa e non capisce cosa voglia dire "Repubblica democratica fondata sul lavoro".
Perché i"concetti" che per lui sono "fondamentali" non sono stati reputati tali da chi ha scritto la Costituzione. Forse Brunetta ignora cosa significhi essere uno statista, elaborare una Costituzione, scrivere una Legge che garantisca diritti universali a tutti e non privilegi particolari a qualcuno. Ma, forse per esperienza personale, il ministro Brunetta ignora anche il significato vero del lavoro e del "lavorare".
Ma gli altri ministri cosa fanno? Bonaiuti dice che "non bisogna mettere troppa carne al fuoco". Calderoli sostiene che "a volere fare tutto si rischia il nulla". Dice Calderoli "io non sono un entusiasta dell'articolo 1, ma esso fa parte della nostra storia e penso che se si vogliono fare le riforme adesso bisogna limitarsi a cambiare la seconda parte della Costituzione".
In pratica Brunetta dice quello che tutta la destra pensa. La Costituzione va radicalmente cambiata. Solo che è opportuno farlo un poco alla volta. Il concetto di lavoro sarà sostituito da quello di mercato. Una politica di smantellamento dei principi di universalità dei diritti che sono alla base della democrazia.
Da chi fa queste affermazioni ci possiamo aspettare forse che sia sviluppata una politica di garanzia del diritto al lavoro per tutti i cittadini? Che il principio di uguaglianza tra tutti i cittadini venga rispettato? Non crediamo. Se serve al "mercato" verranno creati sempre più disoccupati che, forse e se ci saranno i soldi, riceveranno qualche sussidio assistenziale, qualche caritatevole elemosina. Ma senza alcuna giustizia, solo con la fredda legge della concorrenza tra poveri, del "merito" deciso da chi vuole ottenere profitti sempre più alti.
L'obiettivo politico del governo è proprio questo: cancellare i diritti universali e trasformare i privilegi di qualcuno in diritti personali, di casta. Si vuole una Costituzione senza memoria, senza valori, senza principi. Si vuole una legge che sia assoggettata al volere e alle esigenze di chi comanda.
Questo attacco alla Costituzione non è un'azione isolata.
Si accompagna, tra l'altro, alla volontà espressa da più parti di rivalutare la figura di Craxi (e con essa di un preciso modo di governare). In Italia è in atto un vero e proprio piano di occultamento della verità . C'è la volontà ormai esplicita di voler riscrivere la storia a uso e consumo del potere. Bisognerebbe sempre scrivere e affermare con chiarezza che Craxi non è morto in esilio, è morto latitante. Craxi scappò in Tunisia e fu condannato dalla Giustizia italiana in regolari processi con sentenze passate in giudicato (5 anni e 6 mesi per corruzione nel processo Eni-Sai il 12 novembre 1996; 4 anni e 6 mesi per finanziamento illecito per le mazzette della metropolitana milanese il 20 aprile 1999). Se avesse voluto poteva decidere di non fuggire all'estero o di rientrare in Italia per rispondere di quanto aveva fatto.
Craxi non era un "povero cittadino" che "aveva fatto perdere le sue tracce", era il Presidente del Consiglio dei Ministri che si era reso latitante per evitare di essere giudicato dalla Giustizia Italiana. Ma la memoria dei fatti, nel nostro Paese e soprattutto nel periodo storico che stiamo vivendo, sembra qualcosa di opzionale. La confusione che si fa sulla "vicenda Craxi" e la volontà di stracciare la Costituzione sono facce della stessa politica di mistificazione e di cancellazione dei diritti e dei valori democratici. Principi e valori che, invece, obbligano a tenere separati governo e affari.
È giusto ricordare come l'intreccio tra politica, governo e affari che fu alla base dei processi di "tangentopoli" (e anche delle condanne a Craxi) venne severamente denunciato dall'allora segretario del PCI Enrico Berlinguer già nel 1981 come vero e proprio cancro della politica e della società italiana (intervista a Repubblica sulla "Questione Morale").
A tutti i democratici vogliamo lanciare un appello. La situazione diventa ogni giorno più grave. Il ministro Brunetta e i suoi soci vogliono trasformare la Costituzione in una legge senza valori dove il lavoro e la solidarietà possano essere sostituiti dall'egoismo e dalla disonestà .
Oggi, più che mai, la "questione morale" è una priorità nella lotta per la democrazia. Così come lo
è il diritto inalienabile al lavoro.
La Costituzione nata dalla lotta alla dittatura fascista non può essere cambiata, deve solo essere applicata. Facciamo nascere comitati di difesa della Costituzione e della Democrazia dove possibile. In ogni città , in ogni luogo di lavoro, in ogni quartiere.
Non stanchiamoci mai di lottare per i nostri diritti. E il primo diritto è il lavoro.
Giorgio Langella
Federazione della Sinistra - coordinamento provinciale
PdCI-PRC
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