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Cirillo e Pacchiano su "Marlane Marzotto" con Fiom e VicenzaPiù. L'intervento di Langella

Di Redazione VicenzaPiù Sabato 12 Marzo 2011 alle 16:14 | 0 commenti

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Oggi Francesco Cirillo e Luigi Pacchiano hanno presentato il libro, scritto a quattro mani, sul caso Marlane Marzotto di Praia a Mare. Il libro parla della nascita della fabbrica e delle morti degli operai. Sempre a Poleo, sede della presentazione presso il Circolo Operaio, in via Falgare 42 a Schio, i due autori hanno discusso di "Sfruttamento, disoccupazione, sicurezza ... il lavoro è ancora un diritto? - dal "caso Marlane" a Marchionne - storie di diritti negati". Ha condotto Giovanni Coviello, direttore di VicenzaPiù, con conlcusioni riservate a un dirigente della Fiom. Prima di riferire del resto, ancora in corso, pubblichiamo l'intervento di Giorgio Langella.
Oggi, 12 marzo 2011, in migliaia di piazze italiane si terranno manifestazioni in difesa della Costituzione. Noi, comunisti vicentini, abbiamo deciso di organizzare, in questa giornata, un'assemblea sui diritti negati nel lavoro. Una manifestazione pubblica al circolo operaio di Poleo a Schio.

Il lavoro è il primo diritto. Così si scriveva, non tanti anni fa, sui manifesti, sugli striscioni, sui muri delle fabbriche, delle città, dei paesi. Un diritto costituzionale che significava libertà e affrancamento dalla povertà. Per quel diritto fondamentale (per un lavoro sicuro, garantito, giustamente retribuito) si scioperava, si protestava, si lottava. Lotte spesso dure che hanno permesso di raggiungere grandi conquiste di diritti e civiltà. Lotte che avevano come obiettivo la piena applicazione dei principi e dei valori costituzionali. Oggi è tutto cambiato, in peggio. Il lavoro è diventato progressivamente una merce di scambio (o, meglio, di ricatto). Gli stessi lavoratori vengono ridotti a parti di una macchina utile solo a produrre profitto per chi investe capitali. Vengono considerati solo se servono a quei padroni che, comodamente seduti nelle poltrone di lussuosi uffici, si arricchiscono trasferendo denari da un luogo all'altro del mondo. Alla fine, vengono scartati, lasciati da parte, emarginati. Ingrossano le fila dei disoccupati, dei precari, dei servi. Chi vive della propria fatica non è più considerato una persona, è solamente un numero che rientra in una statistica. Può essere cancellato con una matita, con un atto freddo e cattivo ma talmente impersonale da non suscitare neppure indignazione. La cassa integrazione, i licenziamenti, la precarietà, l'assenza di sicurezza nei posti di lavoro sono diventati "normalità". Il diritto a un lavoro sicuro, a tempo indeterminato e giustamente retribuito viene ritenuto, ormai, quasi come un privilegio, mentre il privilegio di guadagnare con speculazioni finanziarie e senza regole è considerato come "normale diritto acquisito". Ci dicono che la colpa è della globalizzazione, che è il mercato a dettare le regole. Ci ripetono ossessivamente che c'è necessità di essere competitivi per "restare sul mercato". E, intanto, la forbice tra ricchi e poveri si allarga a dismisura (a tutto beneficio di lorpadroni), il lavoro (quando c'è) è sempre più precario, ritorna l'odioso fenomeno del caporalato, la corruzione dilaga, l'evasione fiscale diventa "obbligatoria". Si criticano le conquiste operaie del novecento e si torna indietro a condizioni di lavoro ottocentesche.

Mirafiori e Praia a Mare, Tezze sul Brenta e Termini Imerese, la Sardegna e Marghera, Milano e Pomigliano: un filo nero collega tutti questi nomi. Un filo che ha un nome ben preciso e ricorrente: sfruttamento. In ognuno di quei luoghi (e in tantissimi altri del nostro paese e non solo) possiamo trovare lavoratori che ci raccontano storie di diritti negati. Storie che descrivono una società dove i ricchi infrangono le regole e le leggi per arricchirsi sempre di più e i lavoratori, per poter vivere, devono chiedere permesso, devono mendicare. E sono costretti a subire ingiustizie, a mettere in pericolo la propria salute, a rinunciare a diritti sacrosanti. Storie che ci parlano di una società incivile.

Storie come quelle le viviamo ogni giorno. Lorpadroni, i responsabili della crisi, ci tolgono il lavoro e, quando esiste, lo rendono instabile e precario. Ci impediscono un'istruzione degna di questo nome rendendola accessibile solo a chi dispone di maggiori ricchezze. Tagliano la sanità pubblica comprimendo il diritto universale alla salute. Delineano una giustizia a misura di chi occupa il potere e, per questo, si sente intoccabile. Fanno della discriminazione e della mancanza di solidarietà una religione.

La società che lorpadroni ci vogliono imporre è spaventosa. È un modello di sviluppo inumano, cattivo. Alla cattiveria noi, tutti noi, dobbiamo rispondere con forza e passione. Dobbiamo reagire con la stessa fermezza che hanno dimostrato e dimostrano i lavoratori della INNSE a Milano e della FIAT a Pomigliano e a Mirafiori, della Marlane-Marzotto e della TRICOM. Con la stessa determinazione di chi lotta alla Vinyls, alla Electrolux e nelle tante fabbriche che padroni e manager strapagati vogliono chiudere perché le ritengono meno utili ai loro interessi e contribuiscono meno al loro arricchimento personale. Con lo stesso eroismo dei lavoratori che nel marzo del 1943 sono scesi in sciopero contro il nazifascismo e che vediamo a testa alta e sguardo fiero nel manifesto dell'assemblea odierna. Con lo stesso coraggio dei lavoratori che nel 1945 hanno difeso con le armi in pugno le fabbriche dai nazifascisti in fuga e dai padroni assenti.

Oggi più che mai dobbiamo ribellarci. Non possiamo restare indifferenti, pensare che siamo "vinti" e che sia "naturale" subire le imposizioni dei "vincitori". Non vogliamo rassegnarci. Non ce lo possiamo permettere. Dobbiamo lottare e continuare a farlo perché le fabbriche e il lavoro sono la nostra ricchezza.
presentare il libro, scritto a quattro mani, sul caso Marlane di Praia a Mare.
Il libro parla della nascita della fabbrica e delle morti degli operai.

 


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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