Utente: fulvio rebesani (rebesani)
Ultimi commenti di fulvio rebesani (rebesani)
Inviato Giovedi 24 Giugno 2010 alle 23:22
Mi pare sostenibile che a Pomigliano -come avevo previsto porprio su questo giornal- é stato respinto il tentativo di sottrarre ai lavoratori la condizione di cittadini in tuta. Se i SI avessero avuto la dimensione che il Fiat si aspettava oggi l'area di Pomigliano sarebbe una zona franca, come la repubblica di S.Marino. Inoltre sarebbe stata avviato il "modulo Pomigliano" da applicare in molte fabbriche italiane.
Non sono d'accordo con coloro, anche lavoratori, che aspettano dal padrone la concessioe e la tutela del posto di lavoro. Il posto di lavoro va difeso anche occupando la fabbrica, anche bloccando i cancelli.
E parlino pure i professionisti della democrazia che si ricordano degli operai solo quando vogliono convincerli a sostenere, essi solo, i sacrifici dei diritti. I giornaoisti sono scesi -giustamente- in campo per primi difendere il diritto alla libertà di stampa con un consenso crescete; i magistrati prossimamente con uno sciopero tuteleranno i loro diritti, scelta che non facevano da circa vent'anni
(dai tempoi di Kossiga presidente della Repubblica) e così sindaci e presidenti di regione: tutti giustamente difendono i diritti loro e di chi rappresentano:
Gli unici che devono accettare le imposizioni padronali, che non possono difendere i loro diritti, diritti costituzionali alla pari di quelli dei suddetti (sciopero, malattia, libetà sindacale) sono gli operai.
Ripeto ancora una volta che mi sembra di essere tornato indietro di quarant'anni quando si diceva che il sindacato era la rovina d'Italia. E il paronato miope che non ha nà investito nà innovato?
Il Fiat e i suoi sindacati di incitore c'è: la dignità, la indisponibilità a cedere al ricatto ed a barattare diritti in cambio di lavoro:
Un secolo fa si barattavano la moglie, le figlie.La disponibilità a mollare tutto in cambio di un salario si colloca in questo alveo culturale. Anche questa mentalità -propria di Cisl, Uil, Fismic, Ugl- ha perso..
E può essere soddisfatta la Fiom che con un consenso alle sue tesi del 34% in generale e di oltre il 40% fra gli operai è tutt'altro che fuori gioco. Anzi il Fiat -checchè dichiari- non potrà prescindere da essa.
I cerchiobottisti che non hanno il coraggio di assumere una posizione e danno torto e ragione a tutti e -in barba alla realtà- affermano che tutti hanno perso assomigliano ad una gallina a tre gambe: con una cammina al centro, con un'altra matrcia a sinistra e con la terza merca il terreno di destra.
Questo non è più il tempo per loro.
Vicenza 24/VI/2010
Fulvio Rebesani
Non sono d'accordo con coloro, anche lavoratori, che aspettano dal padrone la concessioe e la tutela del posto di lavoro. Il posto di lavoro va difeso anche occupando la fabbrica, anche bloccando i cancelli.
E parlino pure i professionisti della democrazia che si ricordano degli operai solo quando vogliono convincerli a sostenere, essi solo, i sacrifici dei diritti. I giornaoisti sono scesi -giustamente- in campo per primi difendere il diritto alla libertà di stampa con un consenso crescete; i magistrati prossimamente con uno sciopero tuteleranno i loro diritti, scelta che non facevano da circa vent'anni
(dai tempoi di Kossiga presidente della Repubblica) e così sindaci e presidenti di regione: tutti giustamente difendono i diritti loro e di chi rappresentano:
Gli unici che devono accettare le imposizioni padronali, che non possono difendere i loro diritti, diritti costituzionali alla pari di quelli dei suddetti (sciopero, malattia, libetà sindacale) sono gli operai.
Ripeto ancora una volta che mi sembra di essere tornato indietro di quarant'anni quando si diceva che il sindacato era la rovina d'Italia. E il paronato miope che non ha nà investito nà innovato?
Il Fiat e i suoi sindacati di incitore c'è: la dignità, la indisponibilità a cedere al ricatto ed a barattare diritti in cambio di lavoro:
Un secolo fa si barattavano la moglie, le figlie.La disponibilità a mollare tutto in cambio di un salario si colloca in questo alveo culturale. Anche questa mentalità -propria di Cisl, Uil, Fismic, Ugl- ha perso..
E può essere soddisfatta la Fiom che con un consenso alle sue tesi del 34% in generale e di oltre il 40% fra gli operai è tutt'altro che fuori gioco. Anzi il Fiat -checchè dichiari- non potrà prescindere da essa.
I cerchiobottisti che non hanno il coraggio di assumere una posizione e danno torto e ragione a tutti e -in barba alla realtà- affermano che tutti hanno perso assomigliano ad una gallina a tre gambe: con una cammina al centro, con un'altra matrcia a sinistra e con la terza merca il terreno di destra.
Questo non è più il tempo per loro.
Vicenza 24/VI/2010
Fulvio Rebesani
Inviato Domenica 20 Giugno 2010 alle 14:03
STIAMO CON LA FIOM, PER LA DEMOCRAZIA
Come se ce ne fosse bisogno.
Marchionne parla dopo settimane di silenzio e si lascia andare a discorsi di pancia.
Sono due le frasi: lo sciopero di lunedì 14 giugno a Termini Imerese in concomitanza della partita dell'Italia nel campionato mondiale di calcio; il sindacato vuole ammazzare l'industria italiana.
In questa delicata circostanza l'uomo non dimostra una grande cultura, è grossolano, appare non in grado di analizzare situazioni e soggetti: è solo un bulldozer . Non mi stupirei se uno dei giochi a lui più graditi fosse quello di ruolo dove ha il posto dell'eterno vincente e dove non si discute, si mena.
Ma torniamo alle sue uscite di venerdì scorso.
La prima fa sorridere perchè lo sciopero fatto di mattina o di pomeriggio avrebbe auto a che fare, secondo il Kàpo, con la partita giocata di sera, dopocena.
La seconda è un reperto storico della serie ?i sindacati sono la rovina d'Italia!? sentito e scritto largamente all'inizio degli anni '70, Ma se egli può usare le frasi padronali di allora, perché la Fiom non può riprendere e difendere le conquiste sindacali, i diritti conquistati in quegli anni?
Come se ce ne fosse bisogno, dopo le minacce di chiudere se i lavoratori non diranno ?si?, dopo le lettere spedite individualmente operaio per operaio con la medesima intimidazione, dopo i capi (i cani mastini della Fiat) pronti a schedare chi non vota e forse a violare il segreto dell'urna, dopo l'appoggio della stampa borghese Corriere della Sera in testa, dopo la affermazione di firmare il presunto accordo solo dopo il referendum, dopo tutto ciò eccoti la manifestazione per il ?si? favorita, se non promossa, dalla Fiat, con i capi a controllare chi cìé e chi no.
I sindacati di corte hanno acconsentito, con l'inchino, per nulla perché il padrone vuole il rapporto diretto con i lavoratori: Marchionne non fa l'intesa con Cisl, Uil, Fismic, Ugl ma direttamente con i lavoratori, scavalcandoli platealmente!
A Pomigliano si é creato un clima di intimidazione, di antidemocrazia, di licenza nel violare la Costituzione con la presenza imminente di un padrone di ottocentesca memoria. Egli, abituato a prendersi tutto, di fronte al ?no? della Fiom ha capito che l'intesa non avrà lungo futuro. Allora, invece di riaprire le trattative -cosa inammissibile per la sua mentalità da ?asso pigliauttto?- ha fatto, a mio avviso, l'errore di voler aggirare la Fiom caricando tutto, troppo, sulla votazione per stravincere; anche sui sindacati che lo ossequiano.
Non sono sicuro che Marchionne avrà il plebiscito che pretende con arroganza (80% dei consensi). Però egli deve preoccuparsi di quello che verrà dopo perché il movimento sindacale e la coscienza della dignità del lavoro hanno un andamento carsico. Si ingrottano ma, dopo un percorso sotterraneo più o meno lungo, escono alla luce perché l'Uomo non può rinunciare per troppo tempio a sé stesso.
Allora i conflitti ed il confronto riprenderanno.
Con la sua posizione la Fiom rappresenta un riferimento, una lampada cui appoggiarsi in questa ?notte della democrazia?
Vicenza 19/VI/2010
Fulvio Rebesani
Come se ce ne fosse bisogno.
Marchionne parla dopo settimane di silenzio e si lascia andare a discorsi di pancia.
Sono due le frasi: lo sciopero di lunedì 14 giugno a Termini Imerese in concomitanza della partita dell'Italia nel campionato mondiale di calcio; il sindacato vuole ammazzare l'industria italiana.
In questa delicata circostanza l'uomo non dimostra una grande cultura, è grossolano, appare non in grado di analizzare situazioni e soggetti: è solo un bulldozer . Non mi stupirei se uno dei giochi a lui più graditi fosse quello di ruolo dove ha il posto dell'eterno vincente e dove non si discute, si mena.
Ma torniamo alle sue uscite di venerdì scorso.
La prima fa sorridere perchè lo sciopero fatto di mattina o di pomeriggio avrebbe auto a che fare, secondo il Kàpo, con la partita giocata di sera, dopocena.
La seconda è un reperto storico della serie ?i sindacati sono la rovina d'Italia!? sentito e scritto largamente all'inizio degli anni '70, Ma se egli può usare le frasi padronali di allora, perché la Fiom non può riprendere e difendere le conquiste sindacali, i diritti conquistati in quegli anni?
Come se ce ne fosse bisogno, dopo le minacce di chiudere se i lavoratori non diranno ?si?, dopo le lettere spedite individualmente operaio per operaio con la medesima intimidazione, dopo i capi (i cani mastini della Fiat) pronti a schedare chi non vota e forse a violare il segreto dell'urna, dopo l'appoggio della stampa borghese Corriere della Sera in testa, dopo la affermazione di firmare il presunto accordo solo dopo il referendum, dopo tutto ciò eccoti la manifestazione per il ?si? favorita, se non promossa, dalla Fiat, con i capi a controllare chi cìé e chi no.
I sindacati di corte hanno acconsentito, con l'inchino, per nulla perché il padrone vuole il rapporto diretto con i lavoratori: Marchionne non fa l'intesa con Cisl, Uil, Fismic, Ugl ma direttamente con i lavoratori, scavalcandoli platealmente!
A Pomigliano si é creato un clima di intimidazione, di antidemocrazia, di licenza nel violare la Costituzione con la presenza imminente di un padrone di ottocentesca memoria. Egli, abituato a prendersi tutto, di fronte al ?no? della Fiom ha capito che l'intesa non avrà lungo futuro. Allora, invece di riaprire le trattative -cosa inammissibile per la sua mentalità da ?asso pigliauttto?- ha fatto, a mio avviso, l'errore di voler aggirare la Fiom caricando tutto, troppo, sulla votazione per stravincere; anche sui sindacati che lo ossequiano.
Non sono sicuro che Marchionne avrà il plebiscito che pretende con arroganza (80% dei consensi). Però egli deve preoccuparsi di quello che verrà dopo perché il movimento sindacale e la coscienza della dignità del lavoro hanno un andamento carsico. Si ingrottano ma, dopo un percorso sotterraneo più o meno lungo, escono alla luce perché l'Uomo non può rinunciare per troppo tempio a sé stesso.
Allora i conflitti ed il confronto riprenderanno.
Con la sua posizione la Fiom rappresenta un riferimento, una lampada cui appoggiarsi in questa ?notte della democrazia?
Vicenza 19/VI/2010
Fulvio Rebesani
Inviato Venerdi 18 Giugno 2010 alle 22:58
Stefani Stefano (deputato): indagato a Roma per concorso e riciclaggio in truffa ai danni dello Stato per i finanziamenti ad un quotidiano La richiesta di archiviazione nasce dall'impossibilità di utilizzare le intercettazioni (!!).
Con quale coraggio ed attendibilità attacca la magistratura locale? Invero egli prende le difese di indagati, che ben può capire dati i suoi precedenti.
Lasciamo Saòlvarani fare il suo lavoro in serenità. Prima di lui i corrotti venivano indagati e condannati solo fuori Vicenza: Maltauro a Milano, Ingui a Verona, Pandolfo a Verona e così via.
A Vicenza nessuno di "lor signori" era stato inquisito: una sorta di riserva dove soggiornare sicuri. Ora sembra non sia più così. Forse per questo se la prendono tanto. Chi viola la legge ha bisogno di retrovie tranquille.
Si vada avanti perchè la provncia di Vicenza non può essere l'entroterra sicura per i potenti che non rispettano la legge.
Fulvio Rebesani
Con quale coraggio ed attendibilità attacca la magistratura locale? Invero egli prende le difese di indagati, che ben può capire dati i suoi precedenti.
Lasciamo Saòlvarani fare il suo lavoro in serenità. Prima di lui i corrotti venivano indagati e condannati solo fuori Vicenza: Maltauro a Milano, Ingui a Verona, Pandolfo a Verona e così via.
A Vicenza nessuno di "lor signori" era stato inquisito: una sorta di riserva dove soggiornare sicuri. Ora sembra non sia più così. Forse per questo se la prendono tanto. Chi viola la legge ha bisogno di retrovie tranquille.
Si vada avanti perchè la provncia di Vicenza non può essere l'entroterra sicura per i potenti che non rispettano la legge.
Fulvio Rebesani
Inviato Giovedi 17 Giugno 2010 alle 23:45
IL SOLE ARRIDE SULLA SPONDA DELLA FIOM
A Pomigliano se ne sta andando un pezzo della nostra modernità della quale è parte un certo modo di fare sindacato ed impresa, fatto di di conflitti e negoziazioni, di regole e norme, di garanzie bilaterali. Se ne vanno anche i fondamenti dello Stato liberale basato sulla Costituzione e sulla Legge, comunque.
E prevale un'altra concezione, senza regole se non una: il più forte comanda. Ma la assenza di quel quadro di certezze vicendevoli e condivise può esplodere nelle amni di chi l'ha pensata ed imposta. Non si può trasformare -senza conseguenze- un fabbrica in una caserma dove si impongono ritmi disumani per otto ore sempre in piedi senza altro movimento che la leggera torsione del busto per prendere i pezzi da montare, a pena di sanzioni se sgarri. Il fisico umano reggerà fino ad un certo punto e prima o poi qualche operaio potrà porsi delle domande cercando comunque fatti di libertà e dignità. Allora probabilmente il padrone Marchionne sarà costretto a lasciare i suoi ricatti ed a negoziare realmente, pena il fallimento, il suo modello di fabbrica-reclusorio.
Che c'entrano con la produzione e la produttività questi punti che hanno giustamente pesato sul NO della Fiom e di non pochi lavoratori:
a]licenziamento degli operai che -a insindacabile giudizio della azienda- scioperano in violazione delle disposizioni di Marchionne chiamate impropriamente accordo
b] sanzioni anche al sindacato interno che organizzi questi scioperi
In questo modo si viola la Costituzione che garantisce lo sciopero come diritto individuale inviolabile (art. 40) ed il diritto alla libertà nella organizzazione sindacale (art. 39)., alla pari -ad esempio- delle libertà di pensiero e di sua manifestazione.
c] non pagamento della retribuzione in caso di malattia se l'assenteismo risulti superiore alla media: quale media? Chi la determina? Insindacabilmente l'azienda! Nell'assenteismo vengono compresi i permessi sindacali, le assenze per maternità e per la cura del bambino, i permessi per scrutatori e presidenti di seggio alle elezioni, ecc.
Si violano il contratto nazionale, lo Statuto dei Lavoratori, le leggi italiane e le disposizioni europee che garantiscono l'attività sindacale, la partecipazione allo svolgimento delle elezioni, che tutelano la maternità.
d] un referendum preteso dalla Fiat che non si fida dei quattro sindacati ad essa collaterali (Cisl. Uil, ed i due autonomi Fismic e Ugl). Marchionne vuol dimostrare di poter fare a meno dei sindacati -anche di queste organizzazioni di corte- attraverso il ricorso al plebiscito sotto ricatto: se voti no chiudo la fabbrica e sei disoccupato. E' come scegliere con la pistola puntata alla testa. Il codice civile dichiara annullabili i contratti e gli atti stipulati sotto la minaccia di violenza fisica o morale (art. 1427 cod. civ.) e rescindibili se concordati sotto la minaccia di pericolo di un grave danno a sé o ad altri- es. famigliari- (art. 1447 cod. civ.).
E' l'intera nostra civiltà giuridica -pregressa (questa norme sono di origine romanistica)- e recente -Costituzione, Statuto dei lavoratori, trattamento di maternità e malattia- che Marchionne e con lui Berlusconi Tremonti e Sacconi attaccano.
Ma non si può nemmeno dire che ci sia stata una trattativa perché non si sono scambiate delle utilità: i quattro sindacati di corte hanno accettato senza modifiche quello che lo zar della Fiat imponeva non ricevendo in cambio nulla, nemmeno qualche aumento salariale. Quanto al piano industriale di 700 mld di investimenti penso che abbiano visto forse la copertina.
Ma la questione non é delimitabile a Pomigliano. Questo attacco della Fiat ai diritti sindacali e di cittadinanza (si è cittadini anche in fabbrica!) é collegabile ai ripetuti assalti di Berlusconi e Tremonti alla Costituzione, specie all'art. 41 che condiziona l'attività economica all'utilità sociale ed alla salvaguardia della sicurezza, libertà, dignità umana e fissa il principio che essa vada indirizzata a fini sociali.
E' l'antico disegno delle forze politiche ed economiche di destra -rinvenibile nel ?Piano di rinascita? di Gelli- di riprendersi la libertà non solo d'impresa ma in tutto: ecco la legge-bavaglio contro la libertà di stampa e contro la possibilità/dovere dei giudici di accertare le corruttele di ?lor signori? di destra e di sinistra.
Diritti sindacali e civili, di cittadinanza: uno scontro frontale che é dentro il piano di Marchionne; ne é la parte non scritta. Altrimenti non si capirebbe perchè abbia rifiutato la proposta della Fiom che prevedeva la realizzazione delle 270000 Panda all'anno solo applicando per esteso il contratto collettivo nazionale di lavoro dei metalmeccanici.
Un giorno, dopo che il gen. Massu e la sua Legione Straniera avevano domato nel sangue la prima rivolta algerina, improvvisamente la gente riempì nuovamente le piazze. Fu una guerra dura; un milione di algerini morirono ma alla fine i francesi se dovettero andarsene.
Lavoriamo perchè, senza violenza ma con la politica ed il consenso popolare, riusciamo a liberarci dei nuovi dittatori: i tecnocrati e gli oligarchi.
Vicenza 16/VI/2010
Fulvio Rebesani
A Pomigliano se ne sta andando un pezzo della nostra modernità della quale è parte un certo modo di fare sindacato ed impresa, fatto di di conflitti e negoziazioni, di regole e norme, di garanzie bilaterali. Se ne vanno anche i fondamenti dello Stato liberale basato sulla Costituzione e sulla Legge, comunque.
E prevale un'altra concezione, senza regole se non una: il più forte comanda. Ma la assenza di quel quadro di certezze vicendevoli e condivise può esplodere nelle amni di chi l'ha pensata ed imposta. Non si può trasformare -senza conseguenze- un fabbrica in una caserma dove si impongono ritmi disumani per otto ore sempre in piedi senza altro movimento che la leggera torsione del busto per prendere i pezzi da montare, a pena di sanzioni se sgarri. Il fisico umano reggerà fino ad un certo punto e prima o poi qualche operaio potrà porsi delle domande cercando comunque fatti di libertà e dignità. Allora probabilmente il padrone Marchionne sarà costretto a lasciare i suoi ricatti ed a negoziare realmente, pena il fallimento, il suo modello di fabbrica-reclusorio.
Che c'entrano con la produzione e la produttività questi punti che hanno giustamente pesato sul NO della Fiom e di non pochi lavoratori:
a]licenziamento degli operai che -a insindacabile giudizio della azienda- scioperano in violazione delle disposizioni di Marchionne chiamate impropriamente accordo
b] sanzioni anche al sindacato interno che organizzi questi scioperi
In questo modo si viola la Costituzione che garantisce lo sciopero come diritto individuale inviolabile (art. 40) ed il diritto alla libertà nella organizzazione sindacale (art. 39)., alla pari -ad esempio- delle libertà di pensiero e di sua manifestazione.
c] non pagamento della retribuzione in caso di malattia se l'assenteismo risulti superiore alla media: quale media? Chi la determina? Insindacabilmente l'azienda! Nell'assenteismo vengono compresi i permessi sindacali, le assenze per maternità e per la cura del bambino, i permessi per scrutatori e presidenti di seggio alle elezioni, ecc.
Si violano il contratto nazionale, lo Statuto dei Lavoratori, le leggi italiane e le disposizioni europee che garantiscono l'attività sindacale, la partecipazione allo svolgimento delle elezioni, che tutelano la maternità.
d] un referendum preteso dalla Fiat che non si fida dei quattro sindacati ad essa collaterali (Cisl. Uil, ed i due autonomi Fismic e Ugl). Marchionne vuol dimostrare di poter fare a meno dei sindacati -anche di queste organizzazioni di corte- attraverso il ricorso al plebiscito sotto ricatto: se voti no chiudo la fabbrica e sei disoccupato. E' come scegliere con la pistola puntata alla testa. Il codice civile dichiara annullabili i contratti e gli atti stipulati sotto la minaccia di violenza fisica o morale (art. 1427 cod. civ.) e rescindibili se concordati sotto la minaccia di pericolo di un grave danno a sé o ad altri- es. famigliari- (art. 1447 cod. civ.).
E' l'intera nostra civiltà giuridica -pregressa (questa norme sono di origine romanistica)- e recente -Costituzione, Statuto dei lavoratori, trattamento di maternità e malattia- che Marchionne e con lui Berlusconi Tremonti e Sacconi attaccano.
Ma non si può nemmeno dire che ci sia stata una trattativa perché non si sono scambiate delle utilità: i quattro sindacati di corte hanno accettato senza modifiche quello che lo zar della Fiat imponeva non ricevendo in cambio nulla, nemmeno qualche aumento salariale. Quanto al piano industriale di 700 mld di investimenti penso che abbiano visto forse la copertina.
Ma la questione non é delimitabile a Pomigliano. Questo attacco della Fiat ai diritti sindacali e di cittadinanza (si è cittadini anche in fabbrica!) é collegabile ai ripetuti assalti di Berlusconi e Tremonti alla Costituzione, specie all'art. 41 che condiziona l'attività economica all'utilità sociale ed alla salvaguardia della sicurezza, libertà, dignità umana e fissa il principio che essa vada indirizzata a fini sociali.
E' l'antico disegno delle forze politiche ed economiche di destra -rinvenibile nel ?Piano di rinascita? di Gelli- di riprendersi la libertà non solo d'impresa ma in tutto: ecco la legge-bavaglio contro la libertà di stampa e contro la possibilità/dovere dei giudici di accertare le corruttele di ?lor signori? di destra e di sinistra.
Diritti sindacali e civili, di cittadinanza: uno scontro frontale che é dentro il piano di Marchionne; ne é la parte non scritta. Altrimenti non si capirebbe perchè abbia rifiutato la proposta della Fiom che prevedeva la realizzazione delle 270000 Panda all'anno solo applicando per esteso il contratto collettivo nazionale di lavoro dei metalmeccanici.
Un giorno, dopo che il gen. Massu e la sua Legione Straniera avevano domato nel sangue la prima rivolta algerina, improvvisamente la gente riempì nuovamente le piazze. Fu una guerra dura; un milione di algerini morirono ma alla fine i francesi se dovettero andarsene.
Lavoriamo perchè, senza violenza ma con la politica ed il consenso popolare, riusciamo a liberarci dei nuovi dittatori: i tecnocrati e gli oligarchi.
Vicenza 16/VI/2010
Fulvio Rebesani
Inviato Domenica 13 Giugno 2010 alle 17:26
Il vero viso della Lega non é il faccione di Calderoli nè il porfilo da colpitore a freddo di Maroni, nemmeno il miserevole labbro cadente di Bossi. La Lega si conosce dagli atti dei sindaci:
Castelgomberto= in violaiozne della legge, per avere la residenza un immigrato deve dimostrare di abitare un alloggio idoneo i cui criteri sono stabiliti dal comune medesimo
Creazzo= per le famiglie immigrate sfrattate ivi residenti la soluzione è lo smembramento: madre e figli in convento dalle suore, il padre e marito in albergo, finchè dura. Nessun alloggio di emergenza come prevede la legge regionale 10/96
Romano di Ezzelino= per eliminare l'acceso degli stranieri alle case pubbliche la maggioranza leghista ha stabilito un punteggio premiale a chi risiede in comune da almeno 15 anni, cioè ai "romanesi doc". Sunia e Cgil hanno impugnato giudizialmente la delibera.
Montecchio Maggiore= per eliminare gli stranieri dal territorio la maggioranza leghist in consiglio comunale ha deciso criteri particolarmente restrittivi per riconoscere l'idoneità dell'alloggio; tale idoneità è un requisito essenziale ed indispensabile per evere il permesso di soggiorno o per rinnovarlo.
Oltre a questo manifesto razzismo, che non può essere combattuto solo da due organizzazioni, sta l'aspetto di arretratezza e chiusura antistorica della Lega.
La decisione di selezionare i vigili anche in base alla conoscenza del dialetto indica che gli uomini della Lega sono in ritardo. Non hanno ancora capito che la dimensione attuale della vita, della cultura, dell'economia non é nemmeno lo stato, altrochè il campanile con il suo gergo (dialetto é altra cosa). Ma non sanno ancora che la crisi che fa chiudere a tanti artigiani loro elettori viene dall'estero?
Usino il gergo locale per capire i movimenti dei capitali che non sono più disponibili nelle banche di Battaglia Terme peché si sono trasferiti in Cina. Usino il gergo locale per spiegaresi la probabile futura stretta delle banche, ancora da venire.
Molti veneti non l'hanno ancora capito ma la Lega. con i suoi particolarismi e le chiusure al nuovo, é una palla al piede.
Fulvio Rebesani
Vicenza
Castelgomberto= in violaiozne della legge, per avere la residenza un immigrato deve dimostrare di abitare un alloggio idoneo i cui criteri sono stabiliti dal comune medesimo
Creazzo= per le famiglie immigrate sfrattate ivi residenti la soluzione è lo smembramento: madre e figli in convento dalle suore, il padre e marito in albergo, finchè dura. Nessun alloggio di emergenza come prevede la legge regionale 10/96
Romano di Ezzelino= per eliminare l'acceso degli stranieri alle case pubbliche la maggioranza leghista ha stabilito un punteggio premiale a chi risiede in comune da almeno 15 anni, cioè ai "romanesi doc". Sunia e Cgil hanno impugnato giudizialmente la delibera.
Montecchio Maggiore= per eliminare gli stranieri dal territorio la maggioranza leghist in consiglio comunale ha deciso criteri particolarmente restrittivi per riconoscere l'idoneità dell'alloggio; tale idoneità è un requisito essenziale ed indispensabile per evere il permesso di soggiorno o per rinnovarlo.
Oltre a questo manifesto razzismo, che non può essere combattuto solo da due organizzazioni, sta l'aspetto di arretratezza e chiusura antistorica della Lega.
La decisione di selezionare i vigili anche in base alla conoscenza del dialetto indica che gli uomini della Lega sono in ritardo. Non hanno ancora capito che la dimensione attuale della vita, della cultura, dell'economia non é nemmeno lo stato, altrochè il campanile con il suo gergo (dialetto é altra cosa). Ma non sanno ancora che la crisi che fa chiudere a tanti artigiani loro elettori viene dall'estero?
Usino il gergo locale per capire i movimenti dei capitali che non sono più disponibili nelle banche di Battaglia Terme peché si sono trasferiti in Cina. Usino il gergo locale per spiegaresi la probabile futura stretta delle banche, ancora da venire.
Molti veneti non l'hanno ancora capito ma la Lega. con i suoi particolarismi e le chiusure al nuovo, é una palla al piede.
Fulvio Rebesani
Vicenza
Inviato Domenica 30 Maggio 2010 alle 00:02
Il linguaggio é ponte reale fra gli Uomini oppure é principio di incomprensione e di imbroglio.
Domenica scorsa 23/V i cattolici hanno celebrato la Messa la Pentecoste. Era il ricordo e la realtà attuale della discesa dello Spirito Santo sugli apostoli e discepoli barricati in una sala, timorosi per la loro vita dopo il tracollo della crocifissione di Gesù. Dicono gli Atti degli Apostoli che, per opera dello Spirito Santo, cominciarono a parlare le lingue di numerosi popoli: Parti, Medi, popoli della Mesopotamia e della Cappadocia, ecc.
A fronte ci veniva posto il caso della torre di Babele dove, essendosi perso il senso della realtà e del valore delle relazioni umane, i costruttori -pur parlando lingue conosciute- cominciarono a non capirsi più: non riuscivano ad intendere il linguaggio degli altri che era diventato sconosciuto.
Il linguaggio, ed i concetti, i valori che tramite esso vengono comunicati, corrono il rischio continuo di antinomia: Pentecoste o Babele? Questo pericolo non rimane tra le categoria astratte del pensiero ma si concretizza, come é d'altronde nei racconti della Bibbia.
Prendiamo la parola partecipazione . L'etimologia risale al latino ?partem capere? cioè prendere, acquisire la parte. Cioè abbiamo partecipazione quando siamo parte di qualcosa.
Cioè, venendo all'oggi, partecipazione civica esiste quando i cittadini sono parte della amministrazione comunale. Per il principio di omogeneità essi avranno parte dei compiti del consiglio, della giunta comunali, del sindaco che hanno eletto, non certo degli uffici tecnici od amministrativi ai quali si accede per concorso o per chiamata professionale.
Se i cittadini prendono parte, c'è chi questa parte la perde, la cede altrimenti i cittadini non possono prendersela.
E qui entrano in gioco Pentecoste e Babele perché la volontà di non far prender parte, cioé non far partecipare, ricorre al linguaggio della confusione, cioé alla Babele.
Non é partecipazione ma solo attività espositiva il parlare agli amministratori vicentini, la presentazione di istanze e petizioni che si esauriscono con la risposta del sindaco di Vicenza, Non parliamo poi delle consultazioni, delle consulte che muoiono con la loro comunicazione alla ?casta? vicentina, tant'è che intelligentemente nessun cittadini le usa.
La cultura pentecostale ci dice che non é partecipazione nemmeno il referendum consultivo perché i promotori (comitati, associazione, ecc.), dopo essersi esauriti anche economicamente nel raccogliere le molte firme richieste dallo Statuto comunale e nel propagandare l'appuntamento referendario -nel deserto dei mezzi di comunicazione locale e dei partiti maggiori incollati alla finestra- devono fermarsi davanti alla porta di palazzo Trissino come l'agrimensore K. davanti alla porta di ?Il Castello? di Kafka. Infatti la volontà dei cittadini, che sono i presentatori del referendum e gli elettori, non conta niente in quanto la decisione spetta al consiglio comunale.
Tutto ciò é successo, a Vicenza, con il referendum del 10/IX/2006 sul quale, a distanza di quasi quattro anni, il consiglio comunale non ha ancora deciso: un tempo forse maggiore di quello concesso al protagonista kafkiano. Anzi, nella seduta del 5/V u.s. ha respinto un ordine del giorno (consigliera Bottene, Vicenza libera) per l'affermazione almeno teorica dell'impegno di introdurre nell'ordinamento comunale di Vicenza i referendum abrogativo, propositivo, abrogativo.-propositivo ed ha approvato invece un altro ordine del giorno che rinvia ogni decisione sui referendum alla modifica dello Statuto comune: le famose calende greche.
La Babele, alias la ?casta? vicentina, ci dice che petizioni, istanze, consultazioni, referendum consultivo, anche ignorato, sono partecipazione. Cioè non ci capiamo più, parliamo linguaggi incomprensibili l'un l'altro. Fare arrivare i vicentini fino ad un certo punto e poi chiudere in faccia la porta di palazzo Trissino (questo sono quelle forme dette di partecipazione), con la scusa che -sia pure nelle circoscritte materie di competenza- non tocca più a loro, significa impedire ad essi di prendersi la parte di capacità decisionale diretta spettante. Cioé negare la partecipazione (partem capere).
Invece sono Pentecoste i referendum comunali che decidono (abrogativo, propositivo, abrogativo-propositivo) perché attraverso di essi il cittadino riesce a varcare la porta di palazzo Trissino e ad esercitare il potere di governo su questioni della città, che lo riguardano direttamente. Nelle materie oggetto di referendum non è previsto che altri deliberino al suo posto.
E tutto ciò è chiaro, linguaggio comprensibile da chiunque,
Il referendum comunale decidente è partecipazione perchè i cittadini si prendono la loro parte di potere civico e la esercitano direttamente senza il pericolo che qualcuno posso sostituirsi ad essi. Quindi questo prender parte é definitivo
In tal modo la parola partecipazione, e le sue realizzazioni, escono dalla Babele degli attuali regolamenti e delle posizioni prevalenti nella maggioranza e diventano chiaro ed inequivocabile linguaggio sia pure fra diversi, come la Pentecoste.
Vicenza 29/V/2010
Fulvio Rebesani
Domenica scorsa 23/V i cattolici hanno celebrato la Messa la Pentecoste. Era il ricordo e la realtà attuale della discesa dello Spirito Santo sugli apostoli e discepoli barricati in una sala, timorosi per la loro vita dopo il tracollo della crocifissione di Gesù. Dicono gli Atti degli Apostoli che, per opera dello Spirito Santo, cominciarono a parlare le lingue di numerosi popoli: Parti, Medi, popoli della Mesopotamia e della Cappadocia, ecc.
A fronte ci veniva posto il caso della torre di Babele dove, essendosi perso il senso della realtà e del valore delle relazioni umane, i costruttori -pur parlando lingue conosciute- cominciarono a non capirsi più: non riuscivano ad intendere il linguaggio degli altri che era diventato sconosciuto.
Il linguaggio, ed i concetti, i valori che tramite esso vengono comunicati, corrono il rischio continuo di antinomia: Pentecoste o Babele? Questo pericolo non rimane tra le categoria astratte del pensiero ma si concretizza, come é d'altronde nei racconti della Bibbia.
Prendiamo la parola partecipazione . L'etimologia risale al latino ?partem capere? cioè prendere, acquisire la parte. Cioè abbiamo partecipazione quando siamo parte di qualcosa.
Cioè, venendo all'oggi, partecipazione civica esiste quando i cittadini sono parte della amministrazione comunale. Per il principio di omogeneità essi avranno parte dei compiti del consiglio, della giunta comunali, del sindaco che hanno eletto, non certo degli uffici tecnici od amministrativi ai quali si accede per concorso o per chiamata professionale.
Se i cittadini prendono parte, c'è chi questa parte la perde, la cede altrimenti i cittadini non possono prendersela.
E qui entrano in gioco Pentecoste e Babele perché la volontà di non far prender parte, cioé non far partecipare, ricorre al linguaggio della confusione, cioé alla Babele.
Non é partecipazione ma solo attività espositiva il parlare agli amministratori vicentini, la presentazione di istanze e petizioni che si esauriscono con la risposta del sindaco di Vicenza, Non parliamo poi delle consultazioni, delle consulte che muoiono con la loro comunicazione alla ?casta? vicentina, tant'è che intelligentemente nessun cittadini le usa.
La cultura pentecostale ci dice che non é partecipazione nemmeno il referendum consultivo perché i promotori (comitati, associazione, ecc.), dopo essersi esauriti anche economicamente nel raccogliere le molte firme richieste dallo Statuto comunale e nel propagandare l'appuntamento referendario -nel deserto dei mezzi di comunicazione locale e dei partiti maggiori incollati alla finestra- devono fermarsi davanti alla porta di palazzo Trissino come l'agrimensore K. davanti alla porta di ?Il Castello? di Kafka. Infatti la volontà dei cittadini, che sono i presentatori del referendum e gli elettori, non conta niente in quanto la decisione spetta al consiglio comunale.
Tutto ciò é successo, a Vicenza, con il referendum del 10/IX/2006 sul quale, a distanza di quasi quattro anni, il consiglio comunale non ha ancora deciso: un tempo forse maggiore di quello concesso al protagonista kafkiano. Anzi, nella seduta del 5/V u.s. ha respinto un ordine del giorno (consigliera Bottene, Vicenza libera) per l'affermazione almeno teorica dell'impegno di introdurre nell'ordinamento comunale di Vicenza i referendum abrogativo, propositivo, abrogativo.-propositivo ed ha approvato invece un altro ordine del giorno che rinvia ogni decisione sui referendum alla modifica dello Statuto comune: le famose calende greche.
La Babele, alias la ?casta? vicentina, ci dice che petizioni, istanze, consultazioni, referendum consultivo, anche ignorato, sono partecipazione. Cioè non ci capiamo più, parliamo linguaggi incomprensibili l'un l'altro. Fare arrivare i vicentini fino ad un certo punto e poi chiudere in faccia la porta di palazzo Trissino (questo sono quelle forme dette di partecipazione), con la scusa che -sia pure nelle circoscritte materie di competenza- non tocca più a loro, significa impedire ad essi di prendersi la parte di capacità decisionale diretta spettante. Cioé negare la partecipazione (partem capere).
Invece sono Pentecoste i referendum comunali che decidono (abrogativo, propositivo, abrogativo-propositivo) perché attraverso di essi il cittadino riesce a varcare la porta di palazzo Trissino e ad esercitare il potere di governo su questioni della città, che lo riguardano direttamente. Nelle materie oggetto di referendum non è previsto che altri deliberino al suo posto.
E tutto ciò è chiaro, linguaggio comprensibile da chiunque,
Il referendum comunale decidente è partecipazione perchè i cittadini si prendono la loro parte di potere civico e la esercitano direttamente senza il pericolo che qualcuno posso sostituirsi ad essi. Quindi questo prender parte é definitivo
In tal modo la parola partecipazione, e le sue realizzazioni, escono dalla Babele degli attuali regolamenti e delle posizioni prevalenti nella maggioranza e diventano chiaro ed inequivocabile linguaggio sia pure fra diversi, come la Pentecoste.
Vicenza 29/V/2010
Fulvio Rebesani
Inviato Martedi 25 Maggio 2010 alle 00:29
Non voglio polemizzare con chi ha idee vicine alla mie ed a quelle del Comitato Più Democrazia. Però dalla sua replica risulta chiaro che dopo quattro anni dal referendum (i pirmi due della maggioranza Hullweck), dopo incontri con i capigruppo della attuale magioranza, dopo aver distribuito a tutti i consiglieri il materiale sul referendum che dovrebbe averli messi in condizioni di conoscere, ebbene -dopo queste ed altre iniziative di rapporto con gli uomini dele istituzioni locali- costoro non sono ancora pronti. Sono necessari altri incontri; ma per fare che cosa?
Perchè, invece di chieere i consiglieri comunali non danno?
La scelta di inserire il referendum nell'aventura della riforma dello Statuto ha due scopi: rinviare ancora una volta ogni decisione a chissà quando ("un giorno dopo l'altro il tempo se ne va" cantava Luigi Tenco....); togliere ogni spazio al comitato spontaneo (Comitato Più Democrazia) che lo ha organizzato ed a quei cittadini che -nonostante il dissenso dei maggior partiti di maggioranza ed opposiione- hanno "osato" votare a favore del quesito reclamando l'introduzione del referndum abrogativo, propositivo, abrogativo-propositivo.
Il palazzo, la casta vicentina non tollerano la democrazia diretta, non accettano che in certe naterie circoritte i cittadini possano decidere da sè le cose che riguardano la loro città.
Se non fosse così non avrebbero votato il rinvio a tempi indeterminati ma avrebbero posto dei tempi entro cui pronunciaresi sui referendum
Caro Zanetti, non sono e non mi sento solo. Sono, almeno, in compagnia dei 10500 elettori che il 10/IX/2006 votarono per l'introduzione di quei referendum nell'ordinamento civico.
Fulvio Rebesani
membro del Comitato Più Democrazia
Perchè, invece di chieere i consiglieri comunali non danno?
La scelta di inserire il referendum nell'aventura della riforma dello Statuto ha due scopi: rinviare ancora una volta ogni decisione a chissà quando ("un giorno dopo l'altro il tempo se ne va" cantava Luigi Tenco....); togliere ogni spazio al comitato spontaneo (Comitato Più Democrazia) che lo ha organizzato ed a quei cittadini che -nonostante il dissenso dei maggior partiti di maggioranza ed opposiione- hanno "osato" votare a favore del quesito reclamando l'introduzione del referndum abrogativo, propositivo, abrogativo-propositivo.
Il palazzo, la casta vicentina non tollerano la democrazia diretta, non accettano che in certe naterie circoritte i cittadini possano decidere da sè le cose che riguardano la loro città.
Se non fosse così non avrebbero votato il rinvio a tempi indeterminati ma avrebbero posto dei tempi entro cui pronunciaresi sui referendum
Caro Zanetti, non sono e non mi sento solo. Sono, almeno, in compagnia dei 10500 elettori che il 10/IX/2006 votarono per l'introduzione di quei referendum nell'ordinamento civico.
Fulvio Rebesani
membro del Comitato Più Democrazia
A che sarebbe servita questa grande area?
La cessione di sovranità nazionale agli USA è evidente nel fatto che è bastata la sempolice richiesta: come il servo con il padrone.
Ed è cessione anche di sovranità municiaple dal momento che Variati, a parte le chicchiere da politico in piazza ed in altri ambiti, non ha compiuto alcun fatto per impedire la base.
Si é trincerato dietro la comoda scusa che non si sa come al pensino i vicentini, dietro al referendum dell'ottobre 2008 sono venuti in meno 9nferiore rispetto quello (sbagliato) unilataralmente fissato dal sindaco.
Dato che avete accettato la base e state spendendo soldi civici per realizzare le infrastrutture, dato che invece di ostacolare gli insediamenti negando acqua, fognature, energia, ecc. come è stato fatto alla Maddalena contro la base USA di sommergibili atomici, alomeno abbiate l'onestà morale e politica di non chiamarlo il parco della pace.
Variati & C. hanno scelta di stare dalla parte di chi vuol fare guerra nel mondo, specie contro i poveri del mondo ed hanno ricevuto i loro trenta denari.
Lascino erpdere i farisaici trionfalismi.
Vicenza 26/VI/2010
Fulvio Rebesani