Opinioni | Categorie: Politica, Sindacati

Pomigliano, una sconfitta per tutti

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Giovedi 24 Giugno 2010 alle 04:51 | 1 commenti

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Martedì a Pomigliano il 62,2% dei lavoratori affluiti in massa (95%) ha detto sì all'accordo proposto/imposto da Marchionne/Fiat. Gli altri, molti in più del prevedibile, hanno votato contro e d'accordo con la Fiom Cgil, ben consapevoli dei rischi conseguenti, la chiusura dello stabilimento o una newco, che, controllata da Fiat e non aderente a Confindustria, ne rilevi gli impianti e i singoli lavoratori disposti ad accettare il contratto diverso da quello nazionale, con i relativi diritti, e sulla falsariga di quello voluto da Marchionne. La terza alternativa sarebbe produrre a Pomigliano modelli diversi dalla Panda, che rimarrebbe in Polonia o ‘migrerebbe' verso la Serbia, e che richiederebbero una diversa organizzazione del lavoro.

Quest'ipotesi, non gradita ovviamente dai sindacati firmatari del ‘lodo Marchionne', Fim Cisl, Uilm Uil, Fismic e Ugl, oltre che, ovviamente dalla Fiom, comporterebbe un ridimensionamento della forza lavoro attuale di Pomigliano. La Fiat andrà avanti, dice ora, alla ricerca di soluzioni che consentano di salvare lo stabilimento di Pomigliano dopo il mancato plebiscito sull'accordo, ma solo con i sindacati che hanno firmato quell'intesa e con loro cercherà "le condizioni di governabilità necessarie per la realizzazione di progetti futuri".
Comunque si leggano i numeri, quella di martedì è stata una brutta e difficile giornata per la democrazia e per i diritti dei lavoratori, ma forse anche per le aziende che ancora operano in Italia. A Pomigliano si è votato un referendum imposto da Marchionne (versione 1) o dalla Fiom (versione 2). I lavoratori sono stati chiamati a "decidere" sull'accordo proposto dalla Fiat. Una tragicommedia: votando No, si andava tutti a casa, votando Si "andavano a casa le leggi" che regolano lo stato democratico e il convivere civile. Marchionne, dicono voci credibili, avrebbe lottato nel suo board, contrario invece al tentativo, per provare a rimanere a Pomigliano. Ma il punto centrale del voto non era la comprensibile e necessaria, bisogna dirlo, serie di regole per aumentare la produttività, ma la limitazione dei diritti "umani" dei lavoratori grazie a tutte le condizioni aggiuntive a quelle tecniche e relative, ad esempio, alla licenziabilità e, addirittura, alla non copertura medico assicurativa nei casi che tutti conoscono.
Fatte queste premesse è andata ancora peggio delle previsioni, perché dalle urne non è uscito il plebiscito di Si richiesto dalla Fiat per attuare senza indugio gli accordi siglati con tutti i sindacati meno la Fiom Cgil. In questo modo a perdere sono stati tutti. La Fiat, che vede approvati a maggioranza i suoi voleri, ma ha paura di dover affrontare, in mancanza del consenso generale (dei lavoratori e dei sindacati), una continua conflittualità aziendale. Se tiene aperta Pomigliano ai livelli promessi dovrà fare i conti con questa paura, se non avrà la forza e l'umiltà (dei grandi) di rimettersi a un tavolo di discussione. Se chiude non manterrà impegni sottoscritti con tutti i sindacati meno uno, con il prevedibile peggioramento delle relazioni generali. E perderà, se le interessa ancora, come auspicabile, l'immagine di azienda italiana di riferimento, spesso, se non sempre, avvantaggiata, nell'interesse suo e generale, dai governi che da decenni si sono succeduti. Col voto di martedì hanno perso anche i lavoratori, quelli del No e quelli del Si, che ora si guarderanno fra di loro ancora più in cagnesco, rinfacciando ognuno all'altro la scelta fatta e cancellando fra di loro la storica parola "solidarietà". Perché oggi Pomigliano rimane appesa a un filo in un'area in cui lavoro non c'è (e non solo ora che impera la crisi) e dove dominano camorra e usura. Hanno perso i sindacati, quelli dell'accordo e quello del rifiuto, sempre più divisi tra di loro e convinti, ognuno per proprio conto, di poter fare da soli, contando su tessere e privilegi "interni" connessi. Divisi prima e dopo il voto e, quindi, più deboli, ricattabili e incapaci di elaborare una proposta alternativa ma condivisibile da lavoratori e azienda. Hanno perso anche la Cgil e la sua costola Fiom, che in varie fasi sono apparse due case separate. Ha perso (per indolenza o per volontà?) il Governo, novello Ponzio Pilato.

E si sta perdendo tempo in momenti duri in cui decisioni ritardate dai dubbi rischiano si diventare comunque negative.
Venerdì 25 giugno c'è lo sciopero nazionale della Cgil, un altro psicodramma: per difendere sia pure sacrosanti principi si sciopera, cioè non si lavora, quando il lavoro sparisce e ‘sciopera' per conto suo.
Fino ad oggi c'è stato lo sciopero della ragione. Ora, dopo lo tsunami di Pomigliano, è l'Italia tutta, Padania inclusa, a rischiare di perdere l'ultima possibilità di dimostrare che qui si può ancora fare industria.
Come? Recuperando, tutti, il senso degli interessi comuni, se non quello, a cui da tempo ci siamo disabituati, dell'Interesse comune.

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Commenti

Inviato Giovedi 24 Giugno 2010 alle 23:22

Mi pare sostenibile che a Pomigliano -come avevo previsto porprio su questo giornal- é stato respinto il tentativo di sottrarre ai lavoratori la condizione di cittadini in tuta. Se i SI avessero avuto la dimensione che il Fiat si aspettava oggi l'area di Pomigliano sarebbe una zona franca, come la repubblica di S.Marino. Inoltre sarebbe stata avviato il "modulo Pomigliano" da applicare in molte fabbriche italiane.
Non sono d'accordo con coloro, anche lavoratori, che aspettano dal padrone la concessioe e la tutela del posto di lavoro. Il posto di lavoro va difeso anche occupando la fabbrica, anche bloccando i cancelli.
E parlino pure i professionisti della democrazia che si ricordano degli operai solo quando vogliono convincerli a sostenere, essi solo, i sacrifici dei diritti. I giornaoisti sono scesi -giustamente- in campo per primi difendere il diritto alla libertà di stampa con un consenso crescete; i magistrati prossimamente con uno sciopero tuteleranno i loro diritti, scelta che non facevano da circa vent'anni
(dai tempoi di Kossiga presidente della Repubblica) e così sindaci e presidenti di regione: tutti giustamente difendono i diritti loro e di chi rappresentano:
Gli unici che devono accettare le imposizioni padronali, che non possono difendere i loro diritti, diritti costituzionali alla pari di quelli dei suddetti (sciopero, malattia, libetà sindacale) sono gli operai.
Ripeto ancora una volta che mi sembra di essere tornato indietro di quarant'anni quando si diceva che il sindacato era la rovina d'Italia. E il paronato miope che non ha nà investito nà innovato?
Il Fiat e i suoi sindacati di incitore c'è: la dignità, la indisponibilità a cedere al ricatto ed a barattare diritti in cambio di lavoro:
Un secolo fa si barattavano la moglie, le figlie.La disponibilità a mollare tutto in cambio di un salario si colloca in questo alveo culturale. Anche questa mentalità -propria di Cisl, Uil, Fismic, Ugl- ha perso..
E può essere soddisfatta la Fiom che con un consenso alle sue tesi del 34% in generale e di oltre il 40% fra gli operai è tutt'altro che fuori gioco. Anzi il Fiat -checchè dichiari- non potrà prescindere da essa.
I cerchiobottisti che non hanno il coraggio di assumere una posizione e danno torto e ragione a tutti e -in barba alla realtà- affermano che tutti hanno perso assomigliano ad una gallina a tre gambe: con una cammina al centro, con un'altra matrcia a sinistra e con la terza merca il terreno di destra.
Questo non è più il tempo per loro.
Vicenza 24/VI/2010
Fulvio Rebesani
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Commenti degli utenti

Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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