Langella: il 7 e 8 giugno processi Tricom e Marlane Marzotto ma in Emilia si rischia
Martedi 5 Giugno 2012 alle 23:00 | 0 commenti
Giorgio Langella, Segretario PdCI FdS - Si legge con qualche raccapriccio la notizia che evidenzia come alcune fabbriche delle zone terremotate chiedano ai propri dipendenti di firmare una dichiarazione con la quale chi "ritiene opportuno continuare a svolgere la propria attività , libera la proprietà da qualsiasi responsabilità penale e civile". In pratica, per lavorare si chiede ai lavoratori di "rischiare" a proprie spese. Non si chiede di mettere in sicurezza i luoghi di lavoro, no, si pretende di non avere responsabilità alcuna su quello che può succedere.
Una pretesa che, se pensiamo bene, non è, poi, così rara nel nostro paese. Quante volte si è usato il ricatto occupazionale e si sono chiusi gli occhi di fronte alla mancanza di sicurezza ... quante volte. I lavoratori spesso hanno accettato, coscienti o meno del pericolo. Lo hanno fatto per poter vivere. Per dare da vivere alla propria famiglia. Hanno subito.
Questa settimana si svolgeranno due fatti esemplificativi di questa situazione.
Il 7 giugno a Venezia ci sarà l'appello del processo Tricom di Tezze sul Brenta. In quella fabbrica si lavorava in condizioni pericolose cromo esavalente e altre sostanze tossiche. Lavoratori di quella fabbrica sono morti ... ma la prima sentenza ha giudicato che la morte fu dovuta al vizio del fumo e nessuno ne è responsabile se non i lavoratori stessi. Non importa se il terreno è stato devastato dall'inquinamento, se la falda acquifera è contaminata, se nei corpi delle vittime di un lavoro evidentemente insicuro e pericoloso sono state trovate tracce di cromo esavalente a distanza di anni (e tanti) dalla loro morte. Il tribunale di Bassano ha emesso una prima sentenza: nessun colpevole! Il 7 giugno ci sarà giustizia?
Il giorno dopo, 8 giugno, a Paola ci sarà un'altra udienza del processo Marlane Marzotto. Un processo "eterno" che vede imputati nome eccellenti dell'imprenditoria vicentina (da Marzotto a Favrin, De Jaegher, Bosetti ...). Le accuse sono pesantissime. Omicidio colposo plurimo e lesioni gravissime. Nello stabilimento di Praia a Mare (di proprietà del conte Rivetti e poi della Lanerossi e, infine, della Marzotto) si sono ammalati più di cento lavoratori e decine sono morti di cancro (i casi interessati dal processo sono una cinquantina ma fonti attendibili parlano di oltre cento lavoratori deceduti a causa delle condizioni di lavoro). Nel terreno adiacente allo stabilimento sono stati trovati rifiuti e scarti di lavorazione tossici e pericolosi che hanno portato all'ulteriore accusa di disastro ambientale. Le testimonianze ci raccontano di condizioni di lavoro pesantissime. Condizioni subite dai lavoratori che non avevano alternative a quel lavoro. Il solito ricatto ... o si accettano quelle condizioni o non si lavora. La difesa degli "imputati eccellenti" ha chiesto di trasferire il processo Marlane-Marzotto a Vicenza. Sono anni che questi avvocati ("eccellenti" come i loro assistiti) fanno di tutto per rinviare, rimandare, sospendere le udienze. Non sembra abbiano a cuore la verità e la giustizia. Non agiscono per dimostrare l'innocenza degli imputati. Vogliono solo che il processo non abbia luogo. Che si dichiari che le responsabilità non esistono o che, se ci sono, sono dei lavoratori ammalati o morti. Venerdì 8 giugno potrà esserci la speranza di fare giustizia?
Le indecenti richieste ai lavoratori di alcune aziende emiliane hanno molto in comune con la storia della Tricom e con quella della Marlane-Marzotto. Sono storie che parlano di ricatti, sfruttamento e fuga dalle responsabilità . Storie che avvengono ogni giorno al sud, al centro, al nord della nostra penisola. Queste storie spesso vengono nascoste dalla "grande" informazione che non scrive, non parla ... in due parole "non informa". Un silenzio complice che, poco a poco, ci abitua a subire tutto. Queste storie sono tragedie che diventano "normali" quasi fossero una "tassa" che si deve pagare in nome del profitto e dell'irresponsabilità di quei capitalisti cialtroni ai quali nulla interessa della vita delle persone che lavorano.
È ora di indignarsi, alzare la testa e lottare. O, almeno, tentare di farlo.
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