Pane, lavoro e lotta di classe
Venerdi 12 Marzo 2010 alle 08:01 | 0 commenti
Riceviamo da Giorgio Langella e pubblichiamo
Di seguito vi invio l'intervento che avrei voluto fare al congresso CGIL di lunedì scorso, ma poi 'evitato', come da richiesta della presidenza del congresso, sia per il dilungarsi degli interventi di altri ospiti sia per la concomitanza con le elezioni politiche.
Lo sottopongo come un contributo su cui discutere perché, come da 'tradizione', sarebbe stato un intervento-saluto poco 'tradizionale'.
Giorgio Langella
Stiamo vivendo un periodo storico difficile, grave e drammatico. Sia per quello che succede nel mondo del lavoro, sia per come viene trattata la democrazia nel nostro paese. Le due cose sono correlate tra loro e fanno parte di uno stesso attacco alla nostra costituzione nata dalla resistenza. Non bisogna fare l'elenco lunghissimo delle leggi e delle azioni del governo. Bastano due esempi.
Il primo è il Decreto Legge (interpretativo) sulla presentazione delle liste alle elezioni regionali, controfirmato (e questo ritengo sia un atto da condannare) dal presidente della repubblica.
Il secondo esempio è la legge sul lavoro che istituisce la figura dell'arbitro per le controversie sui licenziamenti (anche quelli senza giusta causa).
In pratica il primo esempio conferma il totale disprezzo per le regole da parte della destra e del governo (che non è formato da incapaci o sprovveduti). Una destra che vuole smantellare i principi costituzionali, secondo un preciso disegno che troviamo nel progetto della P2, sostituendoli con i privilegi di casta.
Il secondo esempio evidenzia come il governo e chi lo finanzia miri a distruggere quello che resta del movimento dei lavoratori, del contratto collettivo nazionale di lavoro. È un progetto che vuole lasciare i lavoratori soli, a subire la volontà padronale, senza alcuna forza contrattuale. Ma la questione dell'arbitrato per i licenziamenti evidenzia anche la scarsa forza di opposizione parlamentare, la sua timidezza. La mancanza dei comunisti e della sinistra in parlamento sta portando a un torpore e a un declino democratico che deve preoccupare. Stiamo assistendo al lento scivolare verso una forma di dittatura (che possono anche definire "dolce", poco importa) autoritaria.
Quella di oggi è una società corrotta, oligarchica, decadente, individualista e cattiva dove vince il privilegio del più forte.
Dobbiamo uscire dallo stallo. Dobbiamo svegliarci, mettere da parte i distinguo, le virgole, i puntini di sospensione. Dobbiamo badare alla sostanza dei problemi, oggi e qui. Usciamo a difendere le regole democratiche, i diritti conquistati in decenni di dure lotte.
Dobbiamo uscire dal torpore e dalle auto-censure se vogliamo raggiungere obiettivi di progresso. Dobbiamo avere coraggio.
Lo stesso coraggio che ebbe chi scioperò contro il fascismo nel marzo del '43 gridando PACE, PANE e LAVORO. Lo stesso coraggio che ebbero i partigiani che combatterono il nazi-fascismo e conquistarono la costituzione repubblicana. Quel coraggio che ebbe la CGIL di DI VITTORIO quando, nel congresso del '49, lanciò il Piano del Lavoro. Il coraggio dei lavoratori quando, in piena strategia della tensione, conquistarono lo Statuto dei lavoratori, una legge fondamentale e oggi, purtroppo, dimenticata.
Dobbiamo lottare per qualcosa di grande, di nuovo e non solo per difendere l'esistente, magari accettando compromessi penalizzanti.
Dobbiamo costruire e proporre soluzioni diverse da quelle alle quali ci costringono governo e Confindustria.
Diciamo con chiarezza "lo stato siamo noi e vogliamo essere responsabili del nostro futuro". Oggi c'è l'assoluta mancanza di assunzione di responsabilità da parte di chi ha provocato la crisi. Da più parti ci dicono che il costo del lavoro è troppo alto e che non si possono toccare le rendite finanziarie e i grandi patrimoni. Ci dicono che le tasse sono troppo alte e che, quindi, è normale evaderle. Ci dicono che il sistema pensionistico è colpevole della crisi, che ci vuole un patto tra generazioni e che si deve alzare l'età pensionabile. Arrivano ad affermare che con i soldi risparmiati dalle pensioni si può finanziare la cassa integrazione per i giovani. E intanto ci sono ogni anno 60 miliardi di euro di corruzione e centinaia di miliardi di euro di evasione fiscale.
La presidente di Confindustria afferma che la ripresa deve basarsi sulla legalità .
Parole sante. Peccato che, nei fatti, si nascondano illegalmente capitali in conti esteri e che i dirigenti del gruppo Marcegaglia siano indagati per traffico di rifiuti pericolosi.
Dov'è l'etica? E quale etica c'è nel caso della Marlane (gruppo Marzotto) con decine di morti di tumore? E perché gli organi di stampa locali (ma anche le forze politiche e sindacali vicentine) ne hanno parlato così poco?
E qual è la morale nello scandalo della concia, nelle delocalizzazioni selvagge, nelle speculazioni edilizie che trasformano i siti produttivi in centri commerciali o abitazioni sfitte?
Il presidente dell'associazione industriali di Vicenza ci ha detto che ci saranno licenziamenti, che i lavoratori dovranno fare sacrifici, che siamo nella stessa barca ...
No! Non è così. Le "barche" e gli obiettivi sono diversi. Quello che mettiamo in gioco come gente che lavora è il nostro futuro. Non è un minore guadagno. È la nostra vita.
Quello che sta vincendo, che per ora ha vinto, in una lotta di classe che esiste (anche se la si vuol nascondere) è un capitalismo rozzo che fonda nel privilegio e nella illegalità le proprie immense ricchezze. Sta vincendo il capitalismo cialtrone degli affaristi, non certo la fatica di quegli imprenditori che vivono la crisi come fallimento personale e che si tolgono la vita piuttosto che licenziare i lavoratori.
Non possiamo restare a guardare. Non possiamo rinchiuderci in difesa e sperare che passi la notte. Proponiamo di lanciare un nuovo PIANO DEL LAVORO che abbia come obiettivo primario creare posti di lavoro sicuri e giustamente retribuiti.
Lottiamo per il lavoro e non solo per la cassa integrazione, la mobilità o l'assistenza. Gli ammortizzatori sociali sono necessari ma sono comunque un dramma.
Un Piano del lavoro che veda protagonista la Repubblica fondata sul lavoro.
Lo Stato diventi produttore del lavoro e dello sviluppo e non finanziatore dell'iniziativa di qualche privato. Creiamo lavoro nella ricerca, nell'innovazione, nel recupero dell'ambiente e del patrimonio abitativo, nella messa in sicurezza del territorio, nelle energie rinnovabili, nella cultura, nel sapere.
Creiamo un nuovo sviluppo, una società più giusta.
Facciamo un vero "patto tra generazioni" dove la priorità sia dare lavoro stabile e sicuro ai giovani. Aboliamo il precariato e tutte quelle forme di lavoro (contratti e contrattini individuali) che hanno contribuito in maniera determinante a disgregare il mondo del lavoro. Diminuiamo l'età pensionabile e, se necessario o utile, si lavori meno a parità di salario. Leghiamo salari e pensioni al reale costo della vita con una nuova SCALA MOBILE (ci avevano detto che, una volta abolita, il benessere ci avrebbe travolto ...).
Lavoratori e pensionati devono avere di più anche con una riforma fiscale equa che pretenda di più dalle rendite non produttive e dai grandi patrimoni. Gli investimenti finanziari e speculativi devono costare più del lavoro.
Non è ammissibile che la maggior parte delle tasse sia pagata da dipendenti e pensionati. C'è qualcosa che non va e che deve essere cambiato dalle radici.
Le lotte di questi mesi dimostrano che si può ancora lottare e vincere. Si possono ottenere risultati positivi se si resiste e si agisce. Emblematica, in tal senso, è la lotta dei lavoratori della INNSE di Milano.
Ma, per vincere, non dobbiamo restare divisi. Dobbiamo ricostruire quella solidarietà di classe che si è progressivamente perduta. Restiamo uniti nelle lotte di ogni territorio, di ogni fabbrica a partire dalla Valbruna che sta lottando per i diritti di noi tutti.
Solidarietà e coscienza di classe.
Compagne e compagni prima, nel filmato che ha preceduto la relazione di Marina Bergamin, abbiamo visto le persone e sentito le voci della vera classe dirigente del nostro paese.
In quel filmato ho colto, però, un senso di profondo malessere, di smarrimento, di preoccupazione per il futuro e anche di solitudine. Questo non va.
Torniamo a lottare uniti, perché con l'unità saremo più forti e senza paura. Riappropriamoci del progetto di costruire una società migliore e giusta. Non abbiamo nulla da perdere, ma un mondo da guadagnare.
Giorgio Langella
Federazione della sinistra - PdCI-PRC Vicenza
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