Milioni, lavori in casa e quote societarie: le accuse a Galan rimaste senza processo
Venerdi 10 Ottobre 2014 alle 20:00 | 0 commenti
Da Il Corriere del Veneto
«Ho corrisposto a Giancarlo Galan in tutto 115 mila euro, di cui una prima tranche di 50 mila euro nel maggio-giugno 2006, poi 15 mila nel dicembre del 2006 e 50 mila nei primi mesi del 2007 (...) Voglio ribadire che tali somme e tali lavori sono stati da me corrisposti al Galan in virtù del suo ruolo di governatore della Regione per avere la possibilità di entrare nella schiera di imprenditori "amici" che potevano fruire di trattamenti particolari nell'assegnazione di lavori».
In queste parole di Pierluigi Alessandri, ex patron di Sacaim, rese al pm Stefano Ancilotto il 30 luglio scorso e poi depositate di fronte ai giudici del tribunale del riesame, c'è tutta la forza e la debolezza dell'indagine su Giancarlo Galan. La forza, perché chissà quanti altri Alessandri ci sono stati nei 15 anni di «regno» dell'ex governatore (quello che intitolava il suo libro Il Nordest sono io , giusto per dire della dimensione dell'ego), anche se forse non molti avrebbero il coraggio di esporsi in prima persona, sapendo che la propria confessione di essere stati dei corruttori finirebbe sulle prime pagine di tutti i giornali, nonostante i reati siano già prescritti. E proprio questa è la sua debolezza. Ormai Galan non è più presidente della Regione da 4 anni e se anche i suoi difensori Antonio Franchini e Niccolò Ghedini avevano tentato di tirare in ballo l'ipotesi che avesse continuato a prendere soldi anche da ministro - in modo da contestare la competenza della procura di Venezia in favore del tribunale dei ministri - è presumibile che da quel 2010 in cui venne messo da parte per fare spazio a Luca Zaia sia finito il suo «potere contrattuale». E questo significa che i fatti contestati e contestabili sono lontani nel tempo, mentre la prescrizione (6 anni per la corruzione pre-legge Severino) galoppa. D'altra parte lo stesso Galan aveva giocato su questo aspetto quando negli ormai famosi omissis del memoriale consegnato alla procura aveva ammesso di aver ricevuto finanziamenti in nero (e dunque illeciti) da una decina di imprenditori nella campagna elettorale del 2005 (salvo essere poi smentito da tutti). E anche il tribunale del riesame aveva falcidiato il quadro accusatorio raccolto dalla Guardia di Finanza e dai pm Stefano Ancilotto, Paola Tonini e Stefano Buccini, sempre per prescrizione, tirando la riga al 22 luglio 2008, ovvero i canonici sei anni prima dell'arresto. Ma alla fine, dunque, che cosa era rimasto? Da che cosa si sarebbe dovuto difendere Galan in quel processo che invece non ci sarà , dopo la sua decisione di patteggiare? Le accuse rimaste in piedi erano sostanzialmente tre: quella di Giovanni Mazzacurati, ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, di avergli corrisposto uno «stipendio» di un milione di euro l'anno per il suo sostegno al Mose, per le annate 2009, 2010 e 2011 (sebbene anche ieri gli avvocati difensori abbiano scritto in una nota che «le reali condizioni di salute di Mazzacurati, recentemente emerse, gettano una luce inquietante sulle dichiarazioni di un anno fa, particolarmente confuse e contraddittorie»); i lavori «regalati» alla barchessa di villa Rodella (400 mila euro pagati nel 2011, a differenza del corpo principale che risaliva al 2008); infine la vicenda della partecipazione alle società Adria Infrastrutture e Nordest Media, attraverso lo «schermo» della Pvp del suo commercialista Paolo Venuti, che dura fino al 2011-2012. Se n'erano invece già finite in archivio le accuse relative alle due mazzette da 900 mila euro che - secondo Piergiorgio Baita - il Consorzio gli consegnò tra il 2006 e il 2008 per «ringraziarlo» di aver sbloccato un paio di situazioni critiche del Mose; i finanziamenti elettorali del 2005, compresi i 200 mila euro consegnatigli da Piergiorgio Baita e Claudia Minutillo all'hotel Santa Chiara di Venezia; i 50 mila euro versati (e poi ripresi) in un conto a San Marino a lui intestato, che però secondo i suoi difensori avvennero con una firma falsa; lo stipendio da un milione e i lavori a villa Rodella dal 2008 all'indietro. Accuse da cui si sarebbe potuto difendere? I suoi legali credono di sì, tanto che avevano già preparato una lista di 40 testi per fare il processo. Poi, però, Galan ha ceduto, anche di fronte al rischio di farsi in cella altri 6 mesi in virtù del giudizio immediato che la procura era prossima a chiedere, e soprattutto per il fatto di doverli fare in una cella vera, visto che la sua reclusione nell'infermeria del carcere di Opera non aveva più motivo di essere, dopo la guarigione dalla frattura alla gamba e dal rischio embolia. Quanto a eventuali altre accuse, dette e non dette, ospedali e autostrade (Passante in primis ), saranno materia degli storici più che dei magistrati.
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