Marchionne ovvero l'arroganza del padrone
Lunedi 7 Giugno 2010 alle 22:47 | 0 commenti
Riceviamo questa opinione da Giorgio Langella e pubblichiamo
di Giorgio Langella
Domani a Torino si terrà un incontro tra Fiat e sindacati. Si parlerà della situazione dello stabilimento di Pomigliano d'Arco. Si parlerà di occupazione e di diritto al lavoro. Un lavoro che diventa sempre più difficile e insicuro in tutti i sensi. Sergio Marchionne (amministratore delegato di FIAT) ha dichiarato che serve fare uno sforzo per trovare un'intesa sullo stabilimento di Pomigliano d'Arco. Dice "così possiamo partire con la produzione nel 2011 della Panda, se no l'andiamo a fare altrove. L'auto e' da farsi, non abbiamo scelta".
E poi aggiunge che "La scelta deve essere condivisa con i sindacati: andiamo a domandare agli operai di Pomigliano se vogliono lavorare o meno". Cosa sono, queste affermazioni, se non un vero e proprio ricatto. Marchionne, in pratica, dice una cosa da prima metà del secolo scorso. O si fa come vuole lui (che è il padrone) o i lavoratori verranno licenziati e la produzione verrà spostata in quei paesi dove è più facile lo sfruttamento. Questi "signori", che hanno regalato a ognuno di noi una crisi drammatica, hanno l'arroganza di imporre le proprie scelte senza possibilità di discussione. Non dirigono, vogliono comandare. Vogliono garantirsi sempre maggiori profitti e non esitano a colpire chi lavora. E il governo che fa? Interviene per impedire questo ennesimo attacco al diritto costituzionale al lavoro? No di certo. Per bocca del ministro Tremonti annuncia che l'impresa dovrà essere "più libera", senza lacci e lacciuoli e che, per ottenere ciò, si dovrà cambiare l'articolo 41 della costituzione. Ma cosa dice l'articolo 41 e perché viene considerato "illiberale"? Innanzitutto afferma che "L'iniziativa economica privata è libera". Ma poi stabilisce che "non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà , alla dignità umana" e che "la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali". Come si può ben capire, la nostra costituzione, afferma che prima viene il bene comune e poi il guadagno individuale. Un principio molto semplice, giusto, normale. Ma per il governo e confindustria questo è un principio che deve essere cancellato in nome di quel profitto al quale sono tanto affezionati.
Perché non proviamo a impedire lo smantellamento dei diritti dei lavoratori? Possiamo ancora farlo se saremo uniti e se daremo, nei fatti, la necessaria solidarietà a chi si oppone alla deriva liberista e al declino democratico nel quale "lorsignori" ci vogliono costringere.
Giorgio Langella
federazione della sinistra - Rifondazione - Comunisti Italiani Vicenza
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