L'arroganza di Marchionne, a Che tempo che fa
Domenica 24 Ottobre 2010 alle 20:21 | 0 commenti
Riceviamo da Giorgio Langella (Fds, PdCI, Prc) e pubblichiamo.
La lettura delle agenzie sulle risposte del signor Marchionne alle domande di Fazio nella trasmissione "Che tempo che fa" evidenziano l'arroganza del personaggio. Parla di efficienza del lavoro e si lamenta, parla di competitività (il moderno feticcio di lorsignori) e si lamenta. Si riferisce ai tre operai di Melfi da lui licenziati e reintegrati dal tribunale e dice "Quando tre operai fermano la produzione è anarchia e non democrazia".
Si resta sempre affascinati dalla capacità di personaggi come Marchionne che si autoassolvono sempre e comunque. La colpa è sempre di altri, specialmente di chi non accetta di farsi sfruttare. Marchionne che, è bene ricordarlo, ha una retribuzione di oltre 400 volte quella di un operaio, afferma che "il salario cambierà se cambierà il sistema di produzione in Italia, può darsi che sia un cambiamento difficile da sopportare, ma vogliamo migliorare i 1.200 euro di stipendio ai dipendenti". Che buono il signor Marchionne, vuole migliorare lo stipendio dei "suoi dipendenti" ma solo se cambierà il sistema di produzione. Lui intende che dovranno esserci meno regole, meno pause, meno diritti. Proprio una bella società . I ricchi sempre più ricchi e i lavoratori magari un po' meno poveri ma sempre più sfruttati.
Sostiene, poi, il Marchionne che "la Fiat potrebbe fare di più se potesse tagliare l'Italia ... Nemmeno un euro dei 2 miliardi dell'utile operativo previsto per il 2010 arriva dall'Italia. La Fiat non può continuare a gestire in perdita le proprie fabbriche per sempre". Ma che bravo! Non pensa forse che la debolezza della Fiat sia in quello che produce, nella qualità di ciò che offre, nelle strategie aziendali, nella scarsa innovazione (a proposito, ci dica quanto di quei 2 miliardi verrà investito in ricerca e sviluppo?), nella "capacità " di vendere solo in presenza di incentivi pubblici? No, Marchionne non pensa. È sicuro che il problema della Fiat siano i "tre operai che fermano la produzione" (cosa che il giudice ha, evidentemente, ritenuta infondata). Marchionne e i suoi padroni non hanno alcuna responsabilità se la Fiat va peggio della Wolkswagen o di altre marche di automobili. Su questo (e tante altre cose) si sentono assolti. Loro non c'erano e se c'erano dormivano.
Strano paese l'Italia se personaggi come Marchionne sono considerati grandi manager e capitani d'industria geniali e coraggiosi.
Giorgio Langella, Federazione della sinistra, PdCI, Prc
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