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Langella - PCdI e Thibault - Usb: riflessione a margine manifestazione con migranti a Schio

Di Emma Reda Domenica 25 Ottobre 2015 alle 19:05 | 0 commenti

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Pubbliciamo, condividendola, una riflessione a margine della manifestazione di ieri, sabato 25 orrobre, a Schio (clicca qui photo gallery) con i migranti firmata da Giorgio Langella, segretario regionale PCdI, e Luc Thibault, attivista militate USB.A seguire pubblicheremo una nostra nota al riguardo.

In una società diventata sempre più anziana quale è quella della nostra "vecchia Europa", accogliere nuove forze e nuove culture dovrebbe essere qualcosa di normale. Necessario per la nostra stessa sopravvivenza. Invece abbiamo paura. Chi controlla governi e informazione ci ha abituato ad avere paura. Hanno chiamato "invasori" i migranti, "clandestino" chi fugge da guerre e fame.

Ci raccontano di guerre di religione. Ci dicono quanto cattive siano le persone che arrivano da noi. Ci spiegano che ci rubano il lavoro, che ci rubano i soldi, che ci sfruttano. Nulla di più falso. I governi europei più "illuminati" riducono l'accoglienza alla carità, confondono il diritto di cittadinanza con la benevolenza. Si fermano là, alle dichiarazioni di circostanza, a qualche slogan, pronti a scatenare altre guerre, altre invasioni per divorare le ricchezze dei paesi più poveri. Una situazione comunque desolanti per quella che dovrebbe essere una società giusta e solidale. Quella considerata la società perfetta o, per lo meno, la migliore possibile.

E noi? Noi che dovremmo conoscere bene il dramma dell'emigrazione (a milioni siamo andati dove c'era lavoro e meno fame, in Belgio, negli Stati Uniti, in America Latina, in Australia ... ancora oggi decine di migliaia di nostri giovani ogni anno vanno all'estero per avere una prospettiva di lavoro migliore), noi che siamo stati trattati come esseri inferiori dai paesi più ricchi, noi, oggi consideriamo inferiori chi viene qui non ad invaderci ma per trovare un futuro decente. Lo facciamo perché abbiamo accettato di avere paura, di credere alla propaganda che ci vuole convincere che loro sono "il nemico" che ci porta via la nostra ricchezza e la nostra tranquillità individuale.

Il vero nemico è un altro. È chi delocalizza il lavoro (esportando sfruttamento per importare disoccupazione), chi evade le tasse, chi corrompe e si lascia corrompere, chi vuole diminuire i salari e la sicurezza nei luoghi di lavoro perché "costa troppo", chi ci sfrutta, chi si arricchisce divorando le nostre vite. È chi si nutre della fame di interi popoli. Sono i "signori della guerra". Sono quei padroni (e i loro servi) che ci impongono di odiare il "diverso", per poi sfruttare nel lavoro nero, insicuro e sottopagato non solo chi fugge da guerre e miseria ma tutti i lavoratori. È il sistema capitalista.

È bene ricordare come, quelli che oggi chiudono le frontiere, che si armano contro gli "straccioni che ci invadono", sono gli stessi (con la stessa ideologia, la stessa spaventosa ideologia colonialista) che hanno ucciso Lumumba, Sankara, Allende e hanno soffocato tutti i tentativi di riscatto di chi osava alzare la testa opponendosi al loro ordine. Sono gli stessi che, con la teoria di esportare la democrazia, hanno devastato intere nazioni depredandole delle loro ricchezze e del loro futuro. Sono gli stessi che hanno finanziato gruppi terroristici, che hanno fomentato colpi di stato contro governi legittimi (chiamandola "rivoluzione" più o meno colorata) in ogni parte del mondo. Anche in Europa, in Ucraina, nel Donbass violentato da orde di nazisti sponsorizzati da USA, Nato, Unione Europea.

Oggi ci stupiamo che a centinaia di migliaia fuggano da quei paesi, dai disastri che i "nostri governi" hanno provocato, in cerca di una vita decente. E non capiamo che, per farlo, sono disposti a rischiare la vita sottomettendosi al ricatto delle mafie che gestiscono l'esodo. Criminali mafiosi collusi con il potere e le forze più ostili ai migranti (come l'inchiesta di Roma "mafia capitale" sta a dimostrare) che non si ha né coraggio né interesse di combattere realmente.

Dobbiamo capire quali sono le cause delle migrazioni. Non possiamo limitarci alle conseguenze individuali, né arrenderci al nostro egoismo. Non dobbiamo cedere alla propaganda, al qualunquismo, al razzismo crescente. Ci parlano di guerra di religione, di scontro di civiltà, di necessità di difendere la "nazione". Si fanno distinguo tra profughi e migranti economici. Tra regolari e clandestini. Noi non vogliamo, non possiamo, partecipare a questo discrimine, non possiamo accettare quello che non capiamo. È, forse, diverso chi fugge da una guerra civile (imposta e fomentata) combattuta con le armi o dalla fame frutto dello sfruttamento imperialista? Comunque la disperazione di chi lascia la propria terra e le proprie abitudini è palpabile. La solitudine che si prova è simile. Le persone sono le stesse. Hanno gli stessi diritti di poter vivere. Mi stanno insegnando, consapevolmente o inconsapevolmente, che la nazione per la quale vale la pena combattere, non è quella recintata da muri o filo spinato, ma è quella formata da cittadini uguali a prescindere dal colore della pelle, dalla religione professata, dall'ideale nel quale credono. È quella universale composta da chi vive del proprio lavoro, da chi rifiuta lo sfruttamento, da chi ripudia la guerra di aggressione, da chi vuole lottare e vivere per il diritto ad essere felice.

Il vero conflitto, che anche la "questione dei migranti" ci rivela, è quello solito, ormai antico, tra capitale e lavoro, tra sfruttatore e sfruttato, tra gli immensamente ricchi e i poveri.

E, allora, all'imperialismo militare ed economico dei paesi più ricchi e delle multinazionali (che controllano i governi), contrapponiamo la lotta di classe. Alla globalizzazione capitalista opponiamo la solidarietà internazionalista. Al rifiuto dello straniero, alla paura che si prova nei confronti del migrante rispondiamo lottando per un futuro migliore e una società più giusta.

I muri che vengono costruiti per impedire quello che "lorsignori" chiamano contagio, devono essere abbattuti, fisicamente e culturalmente. Lo dobbiamo fare noi, senza delegare nessuno. Lo dobbiamo fare con la nostra intelligenza, con la lotta e l'unità di tutti gli sfruttati del mondo. Non abbiamo nulla dnulla da perdere se non le nostre catene.


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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