La campagna elettorale di Monti, sempre e comunque da una parte
Venerdi 21 Dicembre 2012 alle 22:53 | 0 commenti
Monti va a Melfi a rendere omaggio ai padroni della Fiat. E i padroni della Fiat ricambiano facendogli trovare una platea di operai plaudenti, di bianco vestiti ... e i soliti sindacalisti di regime (Bonanni della CISL e Angeletti della UIL). Elkan afferma che "oggi c'è una svolta epocale" e auspica che "la credibilità ritrovata con Monti non venga meno". Lui, dice il giovane padrone della Fiat, ha garantito la stabilità del Paese".
Il "grande manager" Marchionne non è da meno. Si lascia andare a lodi sperticate quando cichiara che "l'agenda Monti mostra coraggio, chiarezza e lungimiranza" e che "negli ultimi 12 mesi il nostro Governo ha fatto cose ammirevoli. Ci ha ridato credibilità e scongiurato il rischio default".
Monti, allora, dice che "siamo all'inizio delle riforme strutturali" e prevede "un'operazione che non è per i deboli di cuore" (ovvero lacrime e sangue per i soliti noti, per i lavoratori, per i pensionati, per i giovani ... e tagli allo stato sociale e ai diritti).
Marchionne promette investimenti (1 miliardo), dice che produrrà in Italia 17 nuovi modelli da qua al 2016. Le solite, logore, promesse che hanno provocato minore occupazione e chiusura di impianti, limitazione di diritti e accordi capestro firmati da quei sindacati compiacenti che, ormai, firmano qualsiasi cosa basta che sia proposta dal padrone.
E giù applausi da parte degli operai ammessi allo "spettacolo". Fuori sono rimasti i "cattivi" della FIOM-CGIL, quelli che si ostinano a non piegare la schiena. Quelli che, se presenti, avrebbero negato gli applausi e, forse, contestato la dirigenza FIAT e il professor Monti. Perché negli stabilimenti FIAT si fa di tutto per escludere i sindacati "scomodi", perché il "modello Marchionne" prevede che siano i padroni a decidere chi deve rappresentare i lavoratori. Una bizzarra forma di democrazia dove le leggi dello Stato e la Costituzione devono restare fuori dai cancelli. Dentro solo quelli che garantiscono il consenso.
Monti, con la sua presenza, ha legittimato tutto questo. Ha dimostrato chi è e per chi lavora veramente. Ha spiegato, con la sua sola presenza, perché non ha fatto la patrimoniale sulle grandi ricchezze, perché non ha colpito gli speculatori, perché ha fatto pagare tutta la crisi ai lavoratori e ai pensionati. Quella di Melfi è l'inizio della campagna elettorale di un professore-burocrate insediato alla testa del governo per portare a compimento la devastazione dello Stato iniziata da un Berlusconi che era diventato imbarazzante per "lorsignori". È lo sconsolante teatrino di chi dice di salvare il paese e, invece, preserva i privilegi dei ricchi e impoverisce tutti gli altri.
Monti è il paladino di "lorsignori". Una vera e propria casta formata da personaggi che vogliono perpetuare il proprio potere. Li chiamano "moderati" ma sono gli stessi che "se ne fregano" se la disoccupazione aumenta, se ci sono sempre più poveri, se ci sono sempre meno diritti (al lavoro, alla salute, all'istruzione ... ). A loro basta guadagnare sempre di più. Sono estremisti.
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