Giorgio Langella e Marlane Marzotto: Lettera aperta ai partiti, ai sindacati, ai media di Vicenza
Domenica 14 Novembre 2010 alle 15:05 | 0 commenti
Giorgio Langella, Federazione della Sinistra, PdCI - Venerdì 12 novembre 2010, il giudice del tribunale di Paola, Salvatore Carpino, ha stabilito che esiste una relazione causa-effetto tra le condizioni alle quali erano costretti i lavoratori della Marlane e le malattie devastanti che hanno colpito e hanno ucciso decine di loro. Con questa sentenza risulta chiaro che, giudicare i dirigenti della ex Lanerossi e della Marzotto indagati, non solo è legittimo, ma che deve essere fatto per arrivare alla verità ed avere finalmente giustizia.
Gli indagati diventano imputati di un processo che inizierà il 19 aprile 2011. Una coincidenza, un invito alla memoria. Tanti anni fa, il 19 aprile del 1968, in piazza a Valdagno fu abbattuta la statua di Gaetano Marzotto simbolo di un rapporto tra padrone e lavoratori che veniva ormai apertamente rifiutato. Quello fu, infatti, un atto di emancipazione collettiva da quell'esempio di paternalismo padronale che la figura del fondatore della dinastia Marzotto incarnava.
Non succede tutti i giorni che i massimi dirigenti di un'azienda importante come la Marzotto vengano indagati per reati gravissimi. Non succede tutti i giorni che i loro avvocati (tra i quali spicca il nome di Ghedini) tentino di rinviare le udienze preliminari con cavilli burocratici o con scuse risibili come quella dello stesso Ghedini che "non poteva assistere al processo" perché impegnato in Parlamento (dove va talmente poche volte da detenere un record negativo di presenze). Non succede tutti i giorni che si tenti di trasferire il processo a Vicenza con il chiaro intento di rinviarlo a "data da destinarsi" e, quindi, non farlo iniziare mai. E non succede tutti i giorni che tutti gli indagati eccellenti (accusati a vario titolo di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose e disastro ambientale) vengano rinviati a giudizio nel quale dovranno rispondere a tutte le accuse.
Eppure tutto questo è avvenuto nell'indifferenza delle forze politiche e sindacali vicentine. Non sono bastati gli appelli, i volantini, le lettere che noi comunisti di Vicenza abbiamo spedito e diffuso. Tutto è stato nascosto non si sa in quali cassetti polverosi e tutti hanno taciuto. Noi abbiamo avuto la netta sensazione che della vicenda Marlane-Marzotto, almeno a Vicenza, non fosse opportuno parlare. E questa nostra sensazione non è stata ancora smentita.
In Italia, gli incidenti sul lavoro vengono considerati quasi sempre fatalità e le malattie professionali sono spesso solo "danni collaterali" di processi produttivi rivolti unicamente a raggiungere il massimo profitto. Nel nostro paese nessuno, ricco e potente, è mai responsabile di nulla e diventa semplicissimo, per lorsignori, evitare i processi. In questa situazione, il rinvio a giudizio di personaggi famosi, ricchi e potenti quali sono i dirigenti della ex Lanerossi e della Marzotto oggi imputati nel processo Marlane dovrebbe essere una notizia da prima pagina. Così non è. Le priorità sono altre: il destino dell'orso Dino o le "ragazze del premier".
Tutto quanto è accaduto alla Marlane avrebbe dovuto suscitare l'indignazione dell'opinione pubblica. Alla Marlane c'erano condizioni di lavoro assurde che hanno portato alla malattia e alla morte decine di lavoratori, rifiuti pericolosi e scarti di lavorazione tossici nascosti nei pressi dello stabilimento. Una devastazione umana e ambientale che ha pochi paragoni nel mondo cosidetto civile. Ma i cittadini sono rimasti all'oscuro dei fatti. Specialmente nei mesi scorsi ci sono stati pochi articoli sui giornali e nessun approfondimento fatta eccezione del quindicinale VicenzaPiù (e della sua testata web) che ha seguito puntualmente nel tempo la vicenda. Le azioni delle forze politiche e sindacali sono state rare e, per questo, preziose. Si deve rimarcare quello che ha fatto lo Slai-Cobas calabrese, così come la tenacia di chi si è ammalato e dei familiari dei lavoratori uccisi. Noi li ringraziamo perché senza la loro indomita volontà il processo sarebbe già finito nel nulla. E vogliamo anche rivendicare la nostra testardaggine di comunisti che ci ha portato a gridare in tutti questi mesi la nostra indignazione per quanto successo a Praia a Mare. Poco, forse, ma pur sempre qualcosa che ha aiutato a mantenere vivo il problema anche nella nostra provincia.
Il rinvio a giudizio è una tappa importante ma non è finito nulla. Anzi, adesso inizia una fase determinante e importantissima per raggiungere la verità e dare quella giustizia che i lavoratori della Marlane chiedono da anni. Adesso c'è il pericolo che, nuovamente, tutto finisca nell'oblio mentre si dovrebbe combattere il silenzio per sapere se anche nel nostro territorio esistono situazioni analoghe a quella della Marlane o a quella della Tricom/ex PM Galvanica di Tezze sul Brenta.
Conoscere quello che avviene nei luoghi di lavoro è necessario, non solo per denunciare casi isolati, ma soprattutto per modificare un modello di sviluppo che sfrutta l'odierna debolezza del movimento dei lavoratori in nome del profitto.
Noi comunisti vicentini continueremo a fare la nostra parte con la mobilitazione e la lotta. E, siccome siamo testardi, facciamo un ulteriore appello alle forze politiche e sindacali. Non ci rivolgiamo a chi ha deciso ormai da tempo di servire il volere e il potere dei padroni. Da loro non ci aspettiamo nulla. Ma da chi si ritiene ancora libero da condizionamenti, dalle forze politiche e sindacali vicentine che si sentono ancora dalla parte dei lavoratori ci aspettiamo una svolta. Uscite dal torpore, non siate timidi. Rompete il silenzio che vi siete imposti o che state subendo. Tornate a lottare per i diritti di chi lavora. Aiutateci a conoscere se, anche in Veneto, esistono "fabbriche avvelenate" che costringono i lavoratori a subire condizioni ambientali pericolose e nocive. Fatelo o sarete anche voi complici di chi, negando verità e giustizia, vuole cancellare la nostra Costituzione.
Giorgio Langella
Partito dei Comunisti Italiani - Federazione della sinistra di Vicenza
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