Ellero: «Il tesseramento farlocco nel Pdl? Una manovra contro Berlato»
Sabato 7 Gennaio 2012 alle 13:46 | 0 commenti
L'affaire Pdl continua a tenere banco sui media. Da tempo in provincia di Vicenza non si assisteva ad una vigilia precongressuale così movimentata, sia che si parli di "seconda repubblica" che di prima. «Per vero durante la prima repubblica - spiega il professor Renato Ellero un passato lontanissimo da notabile nella Dc regionale e da senatore del Carroccio - le contese tra correnti avevano uno stile ben diverso, ma erano altri tempi e altri uomini»
Professore che fa, elogia i tempi del pentapartito?
«Guardi io me ne andai dalla Dc a metà anni '80 quando aveva percentuali stratosferiche preconizzando le ruberie di Tangentopoli, però lo stile e la cultura politica di quei tempi non sono nemmeno confrontabili con quanto accade oggi».
Ha letto sulla stampa del caso del tesseramento farlocco o del cosiddetto tesseramento farlocco in seno ad un Pdl che si avvierebbe al congresso provinciale? Che ne pensa?
«Anzitutto fa bene lei ad usare il termine cosiddetto, perché da quanto si legge più che tesseramenti sembrano richieste di tesseramenti. Debbo dire poi che non capisco questo tipo di clamore sollevato sui media».
Vale a dire?
«Sinceramente io Sergio Berlato nemmeno lo conosco; mi è stato presentato in una occasione e io non sono andato al di là di qualche chiacchiera di circostanza. Ma è chiaro che se c'è stata una campagna ordita per fabbricare tessere farlocche questa proviene dall'entourage di chi teme una affermazione del gruppo dell'onorevole Berlato. Quest'ultimo, da come si leggono gli eventi negli ultimi mesi, avrebbe la vittoria in tasca. Che senso avrebbe per lui ficcarsi in un pateracchio del genere? Basta la logica per capirlo».
Quando lei immagina questo entourage, immagina un gruppo che parteggia per l'ala che fa capo all'eurodeputato Lia Sartori?
«Sì. Questo gruppo che orbita attorno al Pdl vede nella Sartori e nell'ex ministro alla cultura Giancarlo Galan i suoi due referenti».
Sui media si parla di un interessamento del caso anche da parte della procura di Vicenza. Lei che dice in merito?
«Mi auguro per il buon nome della magistratura che si tratti solo di ricostruzioni giornalistiche».
Sì però i media ne parlano in modo assiduo, il GdV prima tutti. Non ha letto gli articoli?
«Guardi che io il Giornale di Vicenza lo compero solo per i necrologi. E mi dà un po' fastidio parlare di quella testata».
Vale a dire?
«Sa, anni fa si diceva che al Gazzettino Ario Gervasutti fosse l'uomo di riferimento di Giancarlo Galan e Lia Sartori. Oggi Gervasutti dirige il GdV. Quel GdV che sta seguendo una linea editoriale un po' schizofrenica».
Farebbe un esempio?
«Si badi allo spazio pressoché infinito dato al caso Pdl. Si guardi tale spazio in rapporto a quello infimo concesso alla questione delle indagini per mafia sulla Valdastico Sud. Questo per citare una vicenda di grandi dimensioni. E guardi, per passare al piccolo, lo spazio nullo riservato al caso di Diego Fontana, uomo vicinissimo al sindaco del Pd Achille Variati. Sarebbe simpatico domandarsi se qualche grossa municipalizzata faccia o meno laute inserzioni pubblicitarie sul GdV. Ora sinceramente non sta a me parlare dei rapporti fra Gervasutti e Galan. Non sta a me dire se i due siano o no amici, se si siano incontrati pochi giorni fa, magari per scambiarsi gli auguri. Ad ogni modo ciò che scrive il GdV, e come lo scrive, è un fatto. Vorrei sapere che cosa ne pensa il presidente di Assindustria Roberto Zuccato. E vorrei sapere da Zuccato se i lettori considerino il GdV un giornale autorevole o il giornale di una associazione sindacale. Vede, il fatto che le richieste farlocche siano associate a nomi e cognomi notoriamente iscritti ad altre formazioni fa pensare. E fa pensare il fatto che delle richieste di tesseramento burla si parli sul GdV a gruppetti di tre quattro al dì. Ciò significa avere la prova logica che il tutto è stato pensato, organizzato e pubblicitariamente strumentalizzato da parte della o delle cordate interne al Pdl che si contrappongono a quella che fa capo a Berlato».
Lei dà un giudizio assai poco lusinghiero di Gervasutti, di Zuccato e di Assindustria Vicenza. Non trova? Non teme che le rispondano male?
«Prima di tutto lei sa benissimo che non ho timori reverenziali di sorta. Pensi alla lettera spedita al premier Mario Monti. Eppoi da lorsignori io non ho mai avuto nulla. Per cui posso permettermi anche di mandarli a farsi fottere se necessario. Quanto poi al GdV devo dire che quando leggo i corsivi di Checco Jori mi sembra di leggere la voce della coscienza di Gervasutti, dei cui editoriali non so che farmene».
Ma più in profondità come vede queste schermaglie precongressuali?
«È pacifico che nell'entourage di Galan e Sartori c'è qualcuno che teme la vittoria dell'ala che fa capo a Berlato. E con essa teme di perdere potere e rendite di posizione».
Berlato fa una denuncia grave in termini politici, puntando l'indice sugli appalti nel mondo della sanità e nel mondo delle infrastrutture pubbliche. Ricorrono dei nomi, studio Altieri, Gemmo, Maltauro. Lei che dice in merito?
«La denuncia è diplomaticamente pesante. Su questo versante noto lo scarso spazio dato da certi media a partire dal GdV. E noto i commenti inesistenti da parte del Pd, che dovrebbe fare opposizione. Di più non dico visto che ho patrocinato importanti aziende di quel ramo durante gli anni di Tangentopoli».
Ma più in generale che idea s'è fatto dalla vicenda?
«La tempistica è molto strana. Si potrebbe avere il sospetto che il can can mediatico sia stato orchestrato da chi in anticipo sapeva che i big romani del partito già erano d'accordo per rinviare il congresso e per commissariare il Pdl nel Vicentino. Provi un attimo ad entrare nella testa di chi per anni ha governato nel nome di Silvio Berlusconi, basando il suo operato solo sulle manovre di corridoio e sui favori a questo o quello. Per non dire altro. Adesso che i voti bisogna conquistarseli sul territorio, stranamente arriva il caso delle cosiddette tessere farlocche, che stranamente qualcuno vede cucinate nel giro dei cacciatori vicini a Berlato. A me, che la politica la guardo da sopra e non da dentro, viene solo da ridere».
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