Stefano Righi: "Veneto e Vicenza a caccia di cash". VicenzaPiù: se accelera il giro della morte, quella vera, basta un Sì o serve un No?
Lunedi 14 Novembre 2016 alle 22:12 | 0 commenti
Aggiungiamo qualche conto all'articolo di Stefano Righi su Corriere Economia che vi abbiamo proposto stamattina alle 9.26 perchè disegna il dramma delle due ex Popolari Venete. Ci permettiamo di aggiungere solo che se il sistema bancario ha di fatto già perso 1.2 - 1.3 miliardi di euro con le quattro banche "risolte" (fallite, ndr) in centro Italia (1.8 miliardi erano quelli "immessi" per evitare il crac, 500 - 600 milioni quelli che Ubi è disposta a tirare fuori per comprarne tre delle quattro, sia pur già ripulite, almeno sulla carta) altri 2.5 miliardi del Fondo Atlante, che arrivano sempre da quel sistema con in testa, oltre alle non solidissime Intesa e Unicredit, anche Cassa Depositi e Prestiti (alias Poste Italiane e risparmi dei libretti postali, warning!) sono già evaporati in Banca Popolare di Vicenza e in Veneto Banca.
Se le perdite del sistema bancario classico più, di fatto, Poste sono già note si discute se serviranno "solo" 2.5 miliardi, oltre a un quasi dimezzamento dei loro dipendenti, per provare a "fondere" le due banche venete o se quella è la cifra che farebbe solo ricoverare in rianimazione la BPVi, che alla semestrale in rosso per circa 800 milioni deve aggiungere un credito fiscale, quando e come recuperabile realmente non si sa, di 1.6 miliardi: soldi dell'attivo sulla carta, di fatto soldi virtuali.
Ma se pure rimanessimo a quella cifra per provare a uscire dal coma, che poi se ne esca neanche i bookmakers inglesi sono disposti a quotarlo, provate ad aggiungere al rosso di 1.3 mld dell'operazione Etruria & c. e ai 2.5 mld già bruciati in Veneto i "nuovi" 2.5 mld che servono ora dalle nostre parti gli almeno 5 di cui Monte dei Paschi ha bisogno per il suo ennesimo "salvataggio", agli 8 che Unicredit deve cercare per se stessa e ...
Sommate, e tra i miliardi già trovati e subito persi, 3.8 al netto dei 600 milioni in arrivo da Ubi, e dei 15.5 miliardi da reperire a breve per le venete, Mps e Unicredit per non parlare delle mille altre necessità (da Popolare di Bari a Volksbank - Marostica fino a... leggete ogni giorno il bollettino di necessità belliche) c'è qualcuno disposto a scommettere oggi una vecchia lira su come e dove trovare questa massa enorme di denaro?
E il dramma ulteriore è che se non si troveranno dai 15 miliardi in su per questi Istituti (il doppio per tutti, BCC incluse?), per un "prodotto", cioè, le banche, che nessuno oggi vuole più perchè lì fare utili è una utopia tale che Tommaso Moro rinnegherebbe di aver coniato questa parola, il sistema bancario e, quindi, il sistema paese si avviterà in un giro della morte, vero non del Luna Park, che coinvolgerà tutti, risparmiatori postali inclusi.
Per convertire il giro della morte in un atterraggio, sia pure di fortuna, basta un Sì, serve un No?
Ecco dove ci ha portato l'incoscienza dei politici corrotti o incapaci oppure corrotti e incapaci che nell'ultimo ventennio italiano (dal 1992, che nasce da prima, in poi), che assomiglia a Vicenza al ventennio di Gianni Zonin (dal 1996 in poi ma preparato da 16 anni nel Cda), ci hanno aperto davanti ai piedi questo baratro favorendo imprenditori fasulli che diventano speculatori di professione che usano i politici ingordi di potere o di soldi oppure di entrambi e che usano il primo per fare soldi e par farli fare ai cosiddetti imprenditoriche scoprono che è meglio speculare piuttosto che investire... e così via.
Ecco dove nasce il giro della morte del sistema paese, in cui ad oggi, grazie a BPVi e Veneto Banca, si sono avvitati soprattutto, ma non solo, a Vicenza, nel trevigiano e in Veneto, centinaia di migliaia di risparmiatori soci e in cui ora cominciano a roteare migliaia di dipendenti, tra cui, bisogna dirlo, alcuni di quelli che prima hanno beneficiato di premi per fregare i soci.
Basta un Sì per interrompere il giro della morte?
Di certo non basterà , ma aiuterà a sperare purchè sia un Sì al "tutti a casa".
Serve un No?
Di sicuro non sarà sufficiente, ma incoraggerà a riaoprtire purchè sia un no ai politici, agli imprenditori e agli speculatori che ci hanno condotto fin qui.
Sull'orlo della morte.
E ora buona, per modo di dire, lettura visto che non siamo noi, poveri e umili cronisti provinciali, a pensarla così.
Veneto e Vicenza a caccia di cash per fondersi
Per Banca Nuova si profila la presidenza di Salvatore Bragantini. Alessandro Pansa sarà il vice
di Stefano Righi, da Corriere Economia
I nodi stanno venendo inesorabilmente al pettine. E la grande illusione che i disastri causati dalle miopi gestioni che per troppi anni hanno fatto capo a Vincenzo Consoli e Flavio Trinca in Veneto Banca e a Samuele Sorato e Gianni Zonin alla Banca Popolare di Vicenza potessero risolversi con il falò dei 15 miliardi di euro già andati bruciati si è rivelata per quella che è: un’illusione, un anticipo di un costo assai più salato. Quando Beniamino Anselmi fa un passo indietro dalla presidenza di Veneto Banca «per essere in pace con la coscienza», ha chiaro davanti a se l’enormità del disastro che sta profilandosi.
La fusione si farà , ma migliaia di licenziamenti sono il futuro prossimo che attende i lavoratori delle due banche di Vicenza e Montebelluna. La Banca centrale europea, che conosce i conti di entrambi gli istituti di credito meglio di chiunque altro e che esercita da Francoforte il ruolo di arbitro e regolatore del sistema, ha capito chiaramente qual è la realtà : le due banche sono tecnicamente fallite, stanno in piedi solo per l’iniezione di 2,5 miliardi di finanza fresca effettuata a inizio anno dal Fondo Atlante, ma il cash è già insufficiente a garantire il futuro e ne serve altro. Rapidamente. Per questo vanno tagliati i costi. Parte del patrimonio immobiliare è stato messo in vendita, ma il momento è tale che il prezzo – anche per immobili di pregio – viene determinato sul lato dell’acquirente, non dalla parte del venditore. Così ora la forbice dei tagli sta entrando nell’ufficio del personale. I due gruppi sommavano, al 30 giugno scorso, 11 mila dipendenti. Più di 4 mila rappresentano un costo insostenibile per la banca del futuro. Una banca – è scritto nei progetti che si andranno a realizzare – che fonderà Veneto con Vicenza ma che avrà meno sportelli di una delle due prese singolarmente. Le prospettive economiche per quell’area geografica che dal Lago di Garda arriva a Udine sono pesantissime. E se questo è l’epicentro non vanno dimenticati i territori di conquista, Prato per Vicenza, Puglia e Fabriano per la Veneto. Al falò dei risparmi di più di 200 mila soci, si aggiungerà nei prossimi mesi il dramma del lavoro. Non solo i dipendenti lasciati a casa, ma anche le imprese – soprattutto quelle piccole e piccolissime, le attività artigianali – costrette a chiudere davanti alla gestione «manageriale» di chi – adesso – chiede il rispetto dei principi bancari irrisi fino a ieri. Si chiedono i rientri dei fidi, si tirano i remi dentro a una barca che sta comunque affondando. Le reti commerciali sono incapaci di agire, schiacciate tra la sfiducia della clientela e le richieste lunari che provengono quotidianamente dalle sedi centrali. Una nota a parte merita Banca Nuova, la controllata della Vicenza in Sicilia. A un anno dalle dimissioni di Zonin anche il suo sodale di lungo corso, Marino Breganze, si è allineato, liberando la poltrona di presidente della controllata isolana. Il 2 dicembre partiranno per Palermo Salvatore Bragantini, che di Banca Nuova sarà presidente e Alessandro Pansa, che ne sarà il vice. Entrambi nel cda della capogruppo, comporranno un consiglio ristretto, forse di sole cinque persone, con il mandato a vendere. Ma mentre si sta trattando con Fonspa la cessione degli Npl del gruppo, ovvero i crediti non performanti, la domanda è: che cosa vendere, visto che in questo momento sono proprio gli Npl che rendono interessanti le acquisizioni bancarie? Chi è interessato a comperare scatole sempre più vuote, appesantite e con una pessima reputazione? Si è perso tempo. Tanto, troppo. E nessuno ha ancora individuato i responsabili, quasi ci si trovasse di fronte ad un imprevedibile terremoto. La giustizia ha tempi lunghi, è cosa nota, ma sembra che in Veneto i tempi siano più lunghi che altrove. E una via d’uscita non si vede: nessuno vuole più andare dal fornaio che vendeva il pane avvelenato.
Di Stefano Righi, da Corriere economia
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