Ciambetti a Langella: "la manipolazione o dell'essere complici"
Venerdi 9 Settembre 2011 alle 12:34 | 0 commenti
Riceviamo dall'assessore regionale Roberto Ciambetti la replica a Giorgio Langella nel dibattito sul caso Mastrotto e sull'evasione nel settore della concia iniziato sul nostro mezzo con l'intervista a Valter Peretti, presidente del settore per Assindustria Vicenza. Qui il primo dei link sulla catena di interventi e di seguito il contributo dell'assessore della Lega Nord.
Giorgio Langella mi riserva una lunga risposta sul caso concia e il lettore che non avesse letto il mio intervento completo potrebbe essere indotto in errore, pensando che io giustifichi il reato d'evasione fiscale: singolarissimo caso di manipolazione delle idee altrui. Ho sempre detto che i reati vanno perseguiti. Anch'io considero l'evasione fiscale un furto ai danni della comunità . Ho aggiunto che, nel caso specifico di Arzignano, andrebbero analizzati i motivi e la natura di quell'evasione fiscale, inquadrandoli nello scenario dell'economia internazionale, e invitavo alla prudenza nello sparare cifre sull'entità dell'evasione, cifre che potrebbero essere drasticamente ridimensionate. Per Langella ciò significa essere complici.
Per la Costituzione italiana la responsabilità penale è personale; lo stesso articolo della Costituzione, il ventisettesimo, stabilisce anche la presunzione di innocenza. Essere complici significa far parte, con ruolo minore rispetto all'autore principale, di un progetto delittuoso: si può usare il termine come metafora, ed è questo ciò che sembra fare Langella (sembra) nei miei confronti, come io potrei, ma ne guardo bene, dire che i comunisti italiani, in quanto comunisti, sono stati complici dei gulag come delle foibe; certo, ve ne furono di complici di gravi ed efferati reati tra i comunisti italiani e vi fu chi ebbe parte criminale attiva, di primo piano in assassini di massa, ma ciò non mi autorizza a dire che i comunisti italiani sono stati complici: la responsabilità penale è personale. Langella, invece, usa la metafora e così conclude l'analisi parlando degli evasori fiscali dicendo "Perché, lo ripeto, sono ladri. E chi giustifica o copre il reato ne diventa complice" ammiccando al lettore. In quella frase sembra affiorare non tanto, o solo, la presunzione di superiorità di chi ha già emesso una sentenza di colpevolezza, quanto la netta convinzione d'essere dalla parte della ragione, indipendentemente dalle ragioni altrui. Ribadisco quanto già detto: non usiamo la vicenda Mastrotto per criminalizzare una comunità e una cittadina che da sole rappresentano l'1 per cento del Pil Italiano, chiediamoci come questa realtà sia riuscita ad assicurare i migliori livelli di integrazione sociale multietnica e chiediamoci anche se con le attuali norme, vincoli, pesi, gravami fiscali e burocrazie l'impresa europea (non solo quella vicentina) riuscirà ad essere competitiva nei mercati mondiali, dove è sempre più forte la comunista Cina, che del dumping sociale e ambientale ha tratto elementi di concorrenzialità e dove a dissentire si finisce, nella migliore delle ipotesi, in galera. Perché, per certi comunisti, e forse non solo in Cina, avere idee diverse è, di per sé, un reato.
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