Banca Popolare di Vicenza, Popolare di Bari, Veneto Banca e Etruria: premi e bocciature per reato di insubordinazione a Banca d'Italia?
Domenica 2 Aprile 2017 alle 00:41 | 0 commenti
Ieri abbiamo allargato la visuale sulle cause dei problemi delle banche italiane, di cui il crac di Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca sono le ferite aperte in Veneto e su cui vi avevamo messo in guardia su questo mezzo fin dal 13 agosto 2010 con gli articoli poi raccolti in "Vicenza. La città sbancata". Dopo l'articolo di ieri ("Noi abbiamo parlato da sempre di BPVi e Veneto Banca. Ora ci occupiamo anche di Banca d'Italia...") in cui evidenziavamo il ruolo di banca d'Italia concludevamo così: "Limitiamoci ad osservare che i problemi sono sempre, per tutte (tutte!) gli stessi. Ma poi...". Eccoci al poi.
C'è poi, infatti, il tema della trasformazione, per decreto, delle banche popolari - con attivo superiore agli 8 miliardi di euro - in Spa. L'operazione è stata fortemente voluta (fatto più volte dichiarato dai vertici, Ignazio Visco in primis) da Banca d'Italia che ha anche scritto il provvedimento.
Il 2 dicembre scorso il Consiglio di Stato (ancora una volta!) ha sospeso l'attuazione della riforma e ha messo in luce (nelle motivazioni) l'abuso di potere attuato da Banca d'Italia per quanto riguarda il diritto di recesso per come è disposto dal codice civile evidenziando nella riforma potenziali elementi di incostituzionalità . Questa riforma, per molti malpensata e sciagurata, ma per noi ancora da decifrare compiutamente perchè, se i suoi effetti sono stati dirompenti soprattutto quando si sono innestati su altre situazioni, è innegabile che hanno fatto scoppiare spesso un bubbone latente che avrebbe potuto causare danni ben peggiori se lo si fosse ancora lasciar crescire sotto pelle per gonfiarsi a dismisura. Ma, fatta per decreto e con gli errori ora sanciti dal Consiglio di Stato, la riforma ha imposto tempi rapidissimi e determinato conseguenze nefaste per le Popolari venete (le uniche, insieme alla Popolare di Bari, a non essere quotate e soggette a quel tempo alla trasformazione). Il contagio purtroppo rischia di colpire anche altre popolari non quotate: innanzitutto, dopo la Popolare di Bari, che ha differito la trasformazione in base allo stop del Consiglio di Stato, la popolare Alto Adige. E poi... Banca Valsabbina (qui una notizia "recente", qui quanto ha perso anche con Banca Popolare di Vicenza), Banca Popolare Cividale, Banca Popolare di Puglia e Basilicata i cui soci non riescono a liquidare le proprie azioni e la cui sfiducia sta crescendo a vista d'occhio. I prezzi stanno scendendo precipitosamente e verosimilmente quanto accaduto alle 2 Popolari venete non dovrebbe tardare a ripercuotersi su tutte le altre banche non quotate.
Un discorso a parte specifico meritano:
• Banca Popolare di Bari. L'ispezione di Banca d'Italia di inizio 2013 mette in evidenza debolezze significative, tanto che la memoria ispettiva viene accompagnata da una lettera del governatore che chiede l'immediato cambio di governance e l'uscita della famiglia Jacobini dal governo (vero governo) della banca. Poi, dopo un incontro che ha del miracoloso, la banca diventa improvvisamente virtuosa tanto da risultare addirittura "soggetto aggregante": a novembre 2013 - con autorizzazione di Banca d'Italia - ingloba la Tercas dopo che il Fondo di Tutela dei Depositi immette in Tercas la bellezza di 250 milioni di capitale fresco. Amministratore delegato di Tercas viene nominato uno dei figli di Marco Jacobini, mentre l'altro è Condirettore alla Popolare di Bari. Si tratta evidentemente di una banca popolare a carattere familiare (in tutti i sensi), modalità questa di governance ben gradita a Banca d'Italia. Tra il 2014 e il 2015 Banca d'Italia autorizza la Popolare di Bari a effettuare aumenti di capitale per oltre 500 milioni, emessi a prezzi nettamente superiori ai valori patrimoniali contabili. Addirittura - anomalia incredibile - anche il prezzo di recesso viene fissato a valori superiori a quelli contabili. A detta degli esperti è una valutazione che non sta né in cielo né in terra. Ma la Vigilanza di Carmelo Barbagallo questa volta sembra non occuparsene. Banca d'Italia non vede neppure che l'aumento di capitale fu realizzato con il contributo del fondo Methorios, attraverso operazioni diciamo "borderline" (come quelle emerse per la Banca Popolare di Vicenza e Banca Etruria) che hanno viaggiato tra Malta e Lussemburgo. Ad essere maligni verrebbe da pensare che Popolare di Bari sia stata salvata per chissà quali motivi e poi - per nasconderne le debolezze - ci si sia inventati un'operazione di sistema "Tercas" (tra l'altro con l'intervento del Fondo di Tutela dei Depositi) utile a confondere le carte. Non va dimenticato che Creval aveva dimostrato un certo interesse all'acquisto di Tercas ma fu gentilmente consigliato di astenersi e di non interferire (voci maligne dicono da Vigilanza).
Alcuni significativi dati ricavabili dalla semestrale 2016 di Popolare di Bari:
o crediti deteriorati lordi: 33,11%
o crediti deteriorati netti: 20,40% o accantonamenti effettuati su crediti nei primi 6 mesi 2016 : 47,3 milioni di euro, una quota dello 0,5% a fronte di un totale crediti di 9,5 miliardi di euro: eufemisticamente insignificanti.
o Reddititvità dei primi 6 mesi: negativa o valore dell'azione fissato a 1,33 volte i mezzi propri o titolo illiquido. I soci, come riportato da notizie diffuse di stampa non riescono a vendere.
• Banca popolare di Vicenza Nella seconda metà del 2013 sembrava che fosse l'unica banca che avesse mezzi patrimoniali e risorse umane per fare acquisizioni. Banca d'Italia, non si sa sulla base di quali numeri, aveva deciso che si trattava di banca aggregante. Nel 2012 Vicenza era stata oggetto di ispezione che - per quanto risulta - non aveva messo in luce problemi particolari e Banca d'Italia la indicava come Banca aggregante. D'altro canto Gianni Zonin e Samuele Sorato continuavano a ripetere che ogni loro azione era previamente concordata con la vigilanza. Sul finire del 2013 e a quasi tutto il 2014 Popolare di Vicenza si dimostrò pubblicamente (cosa ben posta in risalto dalla stampa) interessata ad acquisire Banca Marche, Popolare di Marostica, Carife, Etruria, Veneto Banca. Alla fine di questo battage comunicativo riuscì ad acquisire solo 16 sportelli di Carife, incassando i "no" decisi da pressochè tutti gli altri Istituti. Successivamente, forse anche per le difficoltà incontrate nell'effettuare le acquisizioni non andate a buon fine, la nebbia si diradò ed emerse una situazione completamente diversa da quella pubblicizzata dai manager ed avallata da Banca d'Italia. Banca Popolare di Vicenza, la grande banca dalla solidità patrimoniale tale da essere classificata polo aggregante, a sorpresa non superò gli AQR/Stress test voluti dall'Europa e una successiva nuova ispezione di BCE (del 2015) mise in evidenza che la banca aveva raccolto oltre 1,3 miliardi di euro di capitale finanziando direttamente i soci (c.d. operazioni baciate). È davvero difficile credere che non si riesca a vedere capitale finanziato per un simile ammontare. Delle due l'una: chi ha ispezionato non ha voluto vedere, oppure era talmente cieco da non vedere l'elefante nella stanza. I professionisti chiamano - in genere - le due ipotesi "dolo" o "colpa". La vigilanza non si accorse neppure che un'altra fetta di aumento capitale era stata fatta grazie a operazioni "borderline" che giravano tra Malta e Lussemburgo. Partner nell'operazione - a quanto è dato sapere - era ancora il fondo Methorios (già protagonista in Popolare di Bari e Etruria) Sta di fatto che Banca d'Italia aveva strategicamente deciso che Popolare di Vicenza dovesse salvare - si fa per dire, a posteriori - Etruria e Veneto Banca. È noto che Etruria si oppose decisamente e, per questo?, venne commissariata e i consiglieri pesantemente sanzionati. Sorte simile se non peggiore è toccata a Veneto Banca.
Parrebbe dunque che per entrambi gli Istituti, Etruria e Montebelluna, si sia profilata l'ipotesi di "reato" di "insubordinazione a Banca d'Italia". Ma questo cercheremo di capirlo domani.
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