Nubi dense su Spv, Cis e bacini antipiena
Sabato 15 Dicembre 2012 alle 16:38 | 0 commenti
La partita sulle infrastrutture regionali e più in generale sulle grandi opere si fa ancora più complicata. All'orizzonte ci sono nuove istanze che emergono dal territorio mentre i vecchi contrasti, specie con i residenti interessati rimangono e si acuiscono. Il tutto mentre si moltiplicano i dubbi sulla possibilità di finanziare i progetti, anche quelli destinati alla sicurezza idraulica.
In questa cornice stamani a Bassano, al forum centre di via Colombo, ha mosso il primo passo ufficiale l'Oti, l'Osservatorio permanente sulle infrastrutture nel Triveneto. Un organismo a metà fra il tavolo tecnico e l'associazione che vede tra i suoi fondatori l'ingegner Giampaolo Bergamin, libero professionista con una lunga esperienza come urbanista e tecnico delle dinamiche della mobilità . Il simposio è stato introdotto da Alfio Piotto, consigliere comunale a Rosà . Con lui in qualità di relatori l'architetto veneziano Giorgio Sarto (senatore dei Verdi durante la 13esima legislatura), il consigliere regionale democratico Laura Puppato, il professor Antonio Zecca, del dipartimento di fisica dell'Università di Trento e don Albino Bizzotto dei Beati costruttori di Pace. Il filo rosso dell'incontro è stata la gestione del territorio in relazione al tema delle grandi infrastrutture, Spv in primis, viste allo stato come generatrici di debito occulto. Non sono mancate le critiche al sistema della finanza di progetto, sia nell'ambito della mobilità , sia nell'ambito della sanità pubblica. Al contempo si è fatta una disamina approfondita dei rischi contenuti nel Ptrc, il piano di coordinamento territoriale del Veneto. Un piano al momento congelato in regione sotto una montagna di osservazioni redatte dai cittadini, nelle cui pieghe però i relatori intravedono la possibilità di un esproprio tout court da parte della regione delle potestà dei comuni, il tutto con la prospettiva «inaccettabile» di una cementificazione ancora «più spinta di una regione già provata».
E il convegno organizzato dall'Oti arriva in un momento comunque delicato. In queste ore infatti il Covepa, il coordinamento che si oppone all'attuale tracciato della Pedemontana Veneta, è ritornato a sparare a palle incatenate contro il contratto che lega il commissariato per la realizzazione della Pedemontana al soggetto incaricato, il "Consorzio Sis". Il Covepa, che da settimane ha avviato una guerra di carte bollate, ieri sul suo portale ha chiesto espressamente l'annullamento dell'accordo motivando tale convinzione, tra le altre, con l'assunto che lo stesso contratto caricherebbe la Regione Veneto dei rischi d'impresa che Sis invece dovrebbe accollarsi da sé. Massimo Follesa, uno dei portavoce del comitato oggi ha anche espresso un giudizio su un'altra partita importante che riguarda il Vicentino, il Cis: «Se questo fallimento si conclude con gli enti pubblici che ripagano le perdite generate da una gestione fallimentare noi promuoveremo una class action». Per vero i rilievi di Follesa arrivano a poche ore dalla decisione presa dai principali soci pubblici del Cis, società in via di liquidazione che mai è riuscita a avviare i lavori per il centro merci di Montebello, di abbandonare le diatribe sulla composizione del collegio dei liquidatori. Le incognite sui debiti lasciati dalla spa sul tappeto però rimangono immutate.
Ma l'altro elemento di grande ansia nella politica regionale e vicentina riguarda la decisione del governatore Veneto Luca Zaia del Carroccio. Il quale si è rifiutato di accettare la nomina a commissario straordinario per l'emergenza alluvionale, carica che sino al 30 novembre era del prefetto di Verona Perla Stancà ri. Quando la notizia ieri sera è stata battuta dalla agenzie la tensione a palazzo Balbi si è fatta palpabile. Zaia ritiene la proposta fatta dal governo da rispedire al mittente perché «a differenza di quanto promesso» al commissario non sarebbero stati affidati quei poteri straordinari in base ai quali la regione pensava di realizzare le opere, come gli invasi di laminazione, destinati a contenere gli effetti delle piene. Così, come riferiscono le agenzie, finirebbero a rischio i bacini di Caldogno, Trissino-Arzignano e Torri di Quartesolo. Ma sarebbero così in forse anche quelli fuori Vicenza, ovvero Soave e Montecchìa nel Veronese, Sant'Urbano nel Patavino. La notizia ha mandato in fibrillazione la giunta democratica del capoluogo di Vicenza e il presidente della provincia pro tempore Attilio Schneck, che come Zaia milita nella Lega. Il tutto mentre fra le opposizioni a palazzo Ferro Fini sale la voce di chi vorrebbe dirottare i fondi destinati alla Spv proprio alle opere idrauliche (in foto da sinistra a destra Stancà ri e Variati).
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