No Dal Molin, oggi 18 giugno prima udienza contro i trenta manifestanti
Lunedi 18 Giugno 2012 alle 18:20 | 0 commenti
Tomaso Rebesani, Sinistra Ecologia Libertà  - Sono stato oggi alla prima udienza del processo contro i trenta manifestanti No Dal Molin che si erano incatenati in Prefettura per richiamare l'attenzione del Governo nazionale a gennaio 2008. Sono imputati per aver violato il domicilio del signor prefetto, danneggiato una porta, rotto due paia di occhiali di un poliziotto che faceva l'usciere e infine di aver opposto resistenza.
Inizialmente era stata attribuita anche l'interruzione di pubblico servizio, ma si è poi appurato che quel giorno la Prefettura non era aperta al pubblico. Devo riconoscere che mi sono sentito in grande imbarazzo in quell'aula, spiego perché. Ho sempre appoggiato solo forme di protesta pacifiche, anche la disobbedienza civile, come ci insegna bene don Milani, e da tre ore di testimonianze non è emerso alcun atto classificabile come atto di violenza. Nel momento più delicato, la testimonianza del poliziotto, si è discusso di come i suoi occhiali erano caduti e come incidentalmente qualcuno avesse potuto pestarli, un altro paio erano in una tasca della camicia e si sono schiacciati nel momento di maggiore tensione quando c'è stato forse qualche spintone. La porta non si capisce bene se era già in precarie condizioni o accidentalmente è stata danneggiata. Trenta persone, abitanti di questa città , tra cui uomini, donne, giovani, meno giovani, lavoratori, studenti, quindi un pezzetto di Vicenza, dopo aver subito la scelta unilaterale del Governo di autorizzare la nuova base americana e dopo una gestione scandalosa da parte di questo dell'informazione verso i cittadini, hanno deciso di protestare in modo simbolico incatenandosi per qualche minuto alla ringhiera delle scale della Prefettura. Il Governo, la Prefettura, le istituzioni, invece di capire e trovare un modo di comunicare con la protesta che veniva espressa, hanno deciso di usare la forza dello Stato. Un Governo che a più riprese, e sotto coalizioni di diverso colore, aveva più volte mentito e considerato la legittima protesta di una parte considerevole della città come un atto di ribellione inaccettabile, sta appoggiando un processo per punire questi manifestanti costituendosi parte civile e chiedendo un risarcimento di 800.000 euro. Ed ora a 4 anni dall'episodio, quando la base è quasi costruita, quando il Governo stesso ha firmato con il Comune di Vicenza un accordo per concedere alla città alcuni benefici riconoscendo l' invasività di questa seconda base militare, quando è ormai stato acclarato dai tecnici che la base ha stravolto con i suoi pali di fondazione l'assetto idrico della zona, dobbiamo assistere al processo contro trenta vicentini per aver manifestato, certo con un gesto eclatante, la propria contrarietà . Quando dopo tutto ciò che è accaduto per arrivare alla costruzione di questa seconda base militare americana, al prezzo elevato che la nostra città sta pagando e pagherà nel subire questa infrastruttura bellica, mi sono trovato improvvisamente di fronte ad un dibattito su come una, due paia di occhiali si erano infranti ed una porta si era rotta, ho provato un senso di assurdità . Concordo con il dott. Giancarlo Caselli quando scrive che la legge va rispettata, la legalità è un valore che non può essere valido solo nella lotta alla mafia e a sinistra abbiamo, nel corso di questi ultimi trent'anni delle responsabilità per non aver difeso con sufficiente determinazione e coerenza la legalità tout court, ma la legge deve anche essere giusta e salvaguardare il diritto al dissenso e alla protesta. Io oggi in aula ho visto trenta persone che avevano dissentito, protestato, e ora dopo che gli USA si stanno facendo la base che volevano, i vari capi del governo da Berlusconi a Prodi si occupano d'altro, il commissario Costa è affaccendato a trovare uno sbocco adeguato alle proprie ambizioni di potere, queste trenta persone si trovano in solitudine a dover fronteggiare il meccanismo della giustizia italiana che è inefficiente con i potenti ed inesorabile con gli inermi cittadini. Per questo io penso che, a prescindere dalla posizione che ognuno di noi possa aver avuto nel corso della lunga vicenda No Dal Molin, non possiamo dimenticarci di questo processo e di questi nostri concittadini. Una parte della città si è dimostrata indifferente alla costruzione della base, una parte l'ha sostenuta, almeno metà ha manifestato la propria contrarietà , usando forme diverse di protesta. Ognuno ha impegnato tutte le proprie energie nell'obiettivo in cui credeva, ma ora che quella fase storica è conclusa, che stanno costruendo la base, mentre noi tutti insieme dobbiamo costruire un Parco della Pace per tutta la città , non possiamo lasciare soli questi trenta vicentini. Io penso che la città , attraverso le sue varie espressioni, e attraverso le proprie istituzioni deve agire nei confronti del Governo, che attraverso la Prefettura risulta la parte offesa, perché adotti tutte le possibilità all'interno del processo in modo da evitare una condanna degli imputati ed il risarcimento. E' il momento di pacificare la città tutta intorno al Parco della Pace, non vorrei che la realizzazione del Parco della Pace venisse "salutata" dalla condanna di trenta vicentini per aver manifestato contro questa base di guerra.
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