La Fondazione Roi ha perso la qualifica di Onlus, le premesse e le conseguenze. La Regione Veneto fornisce gli atti al direttore di VicenzaPiù ed ecco la prima sorpresa
Sabato 29 Luglio 2017 alle 12:08 | 0 commenti
Pubblicato il 28 luglio 2017, integrato col testo mancante per un problema tecnico, di cui ci scusiamo, il 29 alle 12.08. Il direttore di VicenzaPiù, Giovanni Coviello, dopo tre richieste alla Fondazione Roi senza esito (anzi, peggio, senza risposta alcuna) prima al cda presieduto da Gianni Zonin, poi a quello con Ilvo Diamanti e Andrea Valmarana sulla tolda di comando, si è rivolto alla Regione Veneto a cui le Fondazioni “rispondono†sulla base del suo interesse diretto ad avere gli atti dell'ente voluto dal marchese Giuseppe Roi. Oltre che come giornalista, soprattutto come direttore denunciato, a spese della Fondazione, per almeno un milione di euro di danni dall’ex presidente per aver rivelato e denunciato gran parte dei fatt(acc)i che mano a mano ora diventano noti ai più.
Questi fatti sono stati rigorosamente ricostruiti prima in una serie di articoli, poi nel libro dossier "Roi. La Fondazione demolita" e dopo nell'inchiesta che continua registrando anche le evoluzioni della "nuova gestione", che di certo ancora non brilla per trasparenza (qui il link, in evoluzione, a tutto).
Ebbene la Regione Veneto ha riconosciuto il "buon diritto" del direttore e ha fatto pervenire gli atti in suo possesso a Coviello che li sta studiando e che mi ha sottoposto alcune questioni tra cui un quesito rilevante sulla "perdita" della qualifica di Onlus da parte della Fondazione durante gli ultimi mesi della gestione Zonin, come da annotazione (datata tra marzo e luglio 2017) sulle pagine del "pubblico Registro regionale della Persone Giuridiche di diritto privato riferite alla Fondazione" e come detto nella conferenza stampa di presentazione del bilancio 2016 da Andrea Valmarana quasi con soddisfatto tono di sfida per poter trovare il modo di controbattere almeno a un dettaglio di una delle domande che VicenzaPiù rivolgeva a chi immaginava ancora che rappresentasse una Onlus.
Partiamo, allora, dall'inizio.
Nell'atto notarile si legge che il 26 luglio 1988 il marchese dott. Giuseppe Roi, "allo scopo di favorire il Museo Civico di Vicenza nel perseguimento delle sue finalità ", ha promosso la istituzione di una Fondazione mettendo a disposizione i mezzi necessari per lo svolgimento della sua attività .
Dal 31 gennaio 1988, vivente ancora il fondatore, la Fondazione viene iscritta all'Anagrafe delle ONLUS della Regione Veneto. Il carattere di ONLUS può essere assunto da una entità che opera nel vasto campo del no profit. In questo ambito giuridico vi sono varie formule (Onlus, Aps, Asd, ecc.) che si differenziano in base alle modalità operative e allo scopo sociale che si vuole perseguire.
Le ONLUS sono normate dal D.Lgs 460 del 1997, il quale espone la disciplina tributaria di tutti gli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, le Onlus appunto. Per appartenere a questo gruppo di enti è necessario che l'Atto costitutivo e lo Statuto (riportati anche nel libro predetto) prevedano espressamente lo svolgimento di attività in uno dei settori indicati dall'articolo 10 del Decreto 460 citato. Tra queste vi sono i commi sette e dieci che, citando "la tutela, promozione e valorizzazione delle cose d'interesse artistico e storico di cui alla legge 1 giugno 1939, n. 1089, ivi comprese le biblioteche ... la promozione della cultura e dell'arte", comprendono proprio la mission voluta dal fondatore Giuseppe Roi.
L'appartenenza a questa categoria attribuisce vantaggi importanti con agevolazioni che riguardano il piano operativo e quello fiscale. Ad esempio esentando i proventi della Onlus dalla base imponibile, dalle ricevute e scontrini fiscali ai fini dell'Iva, dall'imposta di bollo e dalla tassa sulle concessioni governative. Tali agevolazioni sono motivate proprio dal carattere sociale e non commerciale o speculativo delle attività consentite.
Per questo è evidente che i benefici sono vincolati al rispetto rigido delle condizioni stabilite dalla legge. Nel caso tali condizioni non siano rispettate la Fondazione perde la qualifica di ONLUS. Inoltre, l'articolo 28 del decreto stabilisce sanzioni per gli amministratori di una fondazione che violino le disposizioni statutarie e che quindi mettano in atto comportamenti o decidano scelte che nulla hanno a che vedere con il carattere di ONLUS dell'ente da loro amministrato e diretto.
Dalla documentazione prodotta a Giovanni Coviello dalla Regione del Veneto, tramite il suo ufficio addetto ai controlli sulle organizzazioni no profit, pare di capire che tra il 22 marzo e il 25 luglio 2016 alla Fondazione Roi sia stata tolta la qualifica di ONLUS. Questo elemento, che non è mai apparso nella discussione pubblica su questo importante ente, merita un approfondimento perché esso attiene alle modalità di gestione e alle scelte di investimento poste in essere dagli amministratori.
La fonte da cui partire non può che essere la volontà del Marchese Giuseppe Roi, espressa nell'Atto di costituzione redatto davanti al notaio vicentino Luciano Rizzi, nel quale il fondatore chiarisce bene che la mission affidata alla sua creatura è quella di "favorire il Museo Civico di Vicenza nel perseguimento delle proprie finalità ... mettendo a disposizione della Fondazione i mezzi patrimoniali per lo svolgimento della sua attività ".
Per non essere frainteso, il Marchese Roi elenca in modo specifico che la sua fondazione potrà : "... finanziare, in tutto o in parte, l'acquisto di opere d'arte, il loro restauro, gli allestimenti di mostre ed esposizioni organizzate dal Museo e la conservazione di Palazzo Chiericati e delle sedi museali vicentine."
Lo Statuto che è allegato all'Atto costitutivo è ancora più vincolante sull'uso delle risorse destinate alla realizzazione della mission. Infatti, all'articolo 3 esso precisa che "Gli scopi della fondazione potranno essere raggiunti esclusivamente mediante l'impiego delle rendite del patrimonio ...". Solo "in casi di necessità straordinarie determinate dal voto favorevole di almeno due terzi dei Consiglieri potrà essere impiegata altresì una quota parte del patrimonio in misura non superiore al 5 per cento per ciascuna delibera."
In altre parole, e andando al cuore del problema, vanno evidenziate due questioni:
a) la prima riguarda l'intento del fondatore che pone al centro del suo interesse il Museo Civico della città di Vicenza e, per estensione logica, il sistema museale;
b) la seconda concerne la necessità di salvaguardia del patrimonio che deve restare intatto potendosi utilizzare per la mission solo le rendite di esso.
Per essere ancora più chiari, il patrimonio è costituito da fabbricati, beni mobili, raccolte artistiche, ecc. Esso è messo a frutto, e il rientro in forma di rendita costituisce la risorsa per l'attività a favore del Museo. Ad esempio, i canoni di locazione dei molti palazzi, siti a Vicenza, Roma ed altri posti, rientrano in queste risorse utilizzabili. Certamente gli amministratori non possono vendere patrimonio per iniziative di sostegno del museo. Non possono, sempre per esemplificare, disinvestire patrimonio finanziario per le attività ordinarie.
Quindi è assolutamente necessario andare alle origini e mettere bene a fuoco la volontà del Marchese Giuseppe Roi nella discussione su come è stata gestita la Fondazione dopo il decesso del fondatore, e anche per decidere sui destini della stessa dopo la messa in "liquidazione coatta amministrativa" della BPVi, che con tre membri esprimeva lo zoccolo duro del Cda della Roi che Gianni Zonin nella sua deposizione alla Guardia di Finanza di Vicenza davanti ai pm Luigi Salvadori e Gianni Pipeschi, che quindi sono al corrente della "questione", definisce addirittura come "di fatto un'emanazione dell Banca Popolare di Vicenza". L'atto di fondazione è una liberalità che presuppone il rispetto della volontà di chi ha fornito il patrimonio. Questo è il principio dal quale non bisogna discostarsi mai.
Fatte queste premesse, possiamo arrivare ad alcune conclusioni importanti:
1) è del tutto evidente che la decisione di investire una quota elevatissima di patrimonio per l'acquisto di azioni, che sono per natura capitale di rischio, è fuori dalle premesse statutarie e anche dallo spirito della normativa sulle Onlus;
2) destinare 29 milioni del patrimonio (nella suddetta deposizione Zonin stessi dice "circa 30 milioni" per acquistare e/o sottoscrivere le azioni della Banca Popolare di Vicenza (al di là delle consistenti osservazioni sul conflitto d'interesse di un signore che come presidente della Fondazione decide di acquistare azioni di una banca della quale esso stesso è presidente), anche negli anni 2013 e 2014 cioèin un momento in cui, è ancora l'ex presidente ad "ammetterlo", vi era la corsa a vendere da parte degli azionisti, è stata una scelta incomprensibile per chi aveva il dovere sacrosanto di proteggere il patrimonio devoluto del Marchese Roi alla sua fondazione;
3) acquistare l'immobile dell'ex cinema Corso nell'ambito di una operazione immobiliare, rivelata in dettaglio su questo mezzo (qui il link degli articoli ancora in evoluzione), con tratti speculativi, di vasta portata, è stata una ulteriore, consapevole scelta totalmente estranea alla mission e alla volontà del fondatore.
La perdita della qualifica di Onlus è quindi più che comprensibile ed è anche il segno che occorre indagare a fondo su tutte le decisioni degli amministratori che si sono succeduti dopo la morte del fondatore Giuseppe Roi.
Le domande sono quindi:
a) cosa dicono i verbali delle riunioni del Cda dal 2009 in poi, verbali il cui elenco con gli ordini del giorno e altre "annoazioni" è ora in possesso del direttore di VicenzPiù;
b) perché sono state operate scelte che con gli scopi statutari non c'entravano nulla;
c) perché si è operato in modo che una fondazione-Onlus divenisse uno dei soggetti maggiori azionisti della Banca Popolare di Vicenza acquistando milioni di euro di azioni nel momento in cui la quotazione di mercato era al massimo;
d) perché i revisori e i controllori della Fondazione non hanno battuto ciglio quando era evidente un comportamento anomalo rispetto a ciò che è richiesto ad una ONLUS.
Finalmente, la Fondazione ha un nuovo presidente e un nuovo Cda che ha già annunciato di voler cambiare strada per il futuro anche se, anche secondo Coviello, pare ne stia per lo meno ripercorrendo i tratti più bui. Tuttavia, non sarebbe giusto e corretto mettere una pietra sopra al passato. La premessa per cambiare è quella di voler capire perché una ONLUS è stata gestita con quei criteri sopra ricordati, chi ha le responsabilità di aver così gravemente danneggiato la Città di Vicenza, come si intende chiamare i responsabili a rispondere.
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