Il Veneto perde pezzi: azzoppate le banche. Dietro crisi BPVi e VB ci sono la BCE tedesca, Zaia forte, Renzi lontano. E localismo a vapore
Martedi 1 Dicembre 2015 alle 00:50 | 0 commenti
L'immagine e la forza del Veneto stanno perdendo colpi con l'attacco frontale alle sue banche, la Banca Popolare di Vicenza e la Veneto Banca, gli ultimi suoi baluardi e puntelli finanziari dopo la lontana "delocalizzazione" della Banca Cattolica del Veneto, nata a Vicenza e confluita nell'Ambrosiana, poi Ambroveneto, quindi attuale big Intesa S. Paolo, e la più recente sparizione della Cariverona (ex Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza e Belluno) confluita a passi sucessivi nel secondo player italiano in Europa, l'Unicredit.
Quell'Unicredit che oggi, pur con i suoi grossi problemi che la porteranno ad alleggersi di migliaia di dipendenti, garantisce l'aumento di capitale da 1,5 miliardi di euro indispensabile a salvare la Banca Popolare di Vicenza dopo gli errori di Zonin resi facili dalle molli complicità che ha trovato negli imprenditori locali, abituati a prendere senza dare e che oggi non hanno gli schei per rendere reale e non un fumetto il mantra della vicentinità .
Ma bisogna chiedersi il perché e dove nasce il doppio problema delle ultime grandi banche venete, che non ha origine solo negli "errori" indubbi di Zonin a Vicenza e di Consoli a Montebelluna.
Facciamo qualche considerazione a tal proposito sulla Popolare di Vicenza, che geograficamente e geopoliticamente ci è più nota ma i cui eventi sono una sostanziale fotocopia della Veneto Banca anche se i suoi tentacoli hanno avvolto e condizionato di più la vita locale, imprenditoriale, politica e mediatica.
Ieri a capo reale della Banca berica c'era un big delle imprese locali con sbocchi sui mercati internazionali, Gianni Zonin, oggi a farle da presidente, di immagine e quindi con un peso inferiore, è chiamato un imprenditore vicentino, Stefano Dolcetta che da vice di Squinzi in Confindustria è in rotta con i suoi vertici nazionali e che da erede della famiglia che ha fondato la Fiamm per farla sopravvivere a livello internazionale dovrà cedere la sua azienda, dopo che, lo ha dichiarato lui stesso, ha avviato il suo piano di risanamento anche grazie a Zonin & c.
E a garantirne la sopravvivenza finanziaria e a riparare i guasti organizzativi della BPVi della gestione Sorato, scelto da Zonin tra i suoi dirigenti yes men, sono stati inviati oggi, rispettivamente, da "fuori" territorio due manager del calibro di Francesco Iorio, suo Ad e direttore generale, e Iacopo De Francisco, direttore generale vicario.
L'abbassameno del profilo del presidente e l'innalzamento di quello dei due manager voluti da "altri", ecco la prima considerazione, sono il segno della ennesima bocciatura del Dna del banchieri locali (mah, una volta banchiere era chi ci metteva i soldi...) e delle banche locali, Cattolica e Cariverona insegnano.
Ma dove nasce la bocciatura?
Il governo italiano, intanto, a trazione Renzi e ispirazione europea, quindi Merkel dipendente, si è adeguato alle strategie sue e della BCE e ha imposto la trasformazione in Spa delle popolari sopra un certo livello. E non è un caso che la sua riforma riguardasse, accanto alla più piccola e meno significativa Popolare di Bari, le due grandi e residue banche di quel Veneto che di certo non rientra nei suoi territori politici vista la forza locale di Luca Zaia e che si è suicidato schierandosi con le sue associazioni industriali e finanziarie accanto alla perdente designata Alessandra Moretti. Se il Veneto non ha "amato" Renzi, lui di certo ha tutto l'interesse politico, non certo a distruggerlo, sarebbe poco furbo e lui è smart, ma a "sottometterlo" facendolo lavorare senza banche amiche, che poi addirittura potrebbero cadere, almeno una, la BPVI, sotto il controllo di una banca vicina al PD, la sognata Unipol. Se poi l'ex Banca di Zonin dovesse cadere o le due popolari venete dovessero entrambe cadere in mano tedesca o francese, beh, cosa cambierebbe nello scenario italiano con tutte le nostre più grandi aziende già in mano altrui o in procinto di caderci?
La BCE, poi, presieduta dall'italiano Mario Draghi ma con due dei sei membri dell'Esecutivo tedeschi come a trazione germanica è tutta l'Unione Europea, ha imposto le nuove regole di controllo delle banche, di sicuro favorevoli alle gestione "finanziaria" di quelle di Berlino e con l'obiettivo di selezionarle e averne in campo in numero minore ma con dimensioni più grandi.
Effetto: il controllo della vigilanza europea è stato il colpo definitivo che si è abbattuto sulla Popolare di Vicenza, come sulla Veneto Banca, che comunque e oggettivamente soffrivano di loro vista la posizione di coda che occupano nelle classifica di "qualità " appena resa pubblica.
Se Unione Europea, BCE, Renzi & c. hanno colpito duramente le ultime due grandi banche del Veneto, sfruttando la mala gestio, il provincialismo e il nepotismo imprenditoriale e politico dei loro vertici precedenti, ora c'è da fare di tutto per rilanciarle e per evitare che banche e istituzioni finanziarie extra territoriali, da Unipol alle banche del rinnovato asse franco tedesco, si impadroniscano, per giunta a prezzi di saldo, delle due banche e con loro dell'economia di un'area che è la più produttiva d'Italia.
Per fare questo servirebbero soldi vicentini ma, nel dubbio concreto che non arriveranno, il nuovo management ha avviato coperture finanziarie e riorganizzazioni profonde da seguire con attenzione, ma ad oggi gli unici atti concreti nel segno della vicentinità tanto sventolata da chi tanto parla e tanto, troppo ha solo parlato da fare il gioco dei non vicentini.
E qui le responsabilità dalla UE, dalla BCE, da Renzi tornano a cadere, in un circolo vizioso, sull'assenza storica dopo Rumor di un minimo di capacità locale, salvo pochissime eccezioni, di avere visioni strategiche.
Quell'incapacità ha già reso Vicenza suddita di Padova e Verona per le Università , col conseguente deficit culturale che ci consegna anche una pessima stampa, e poi priva anche di un nodo di comunicazione che la riavvicini all'Italia e all'Europa, invece che farla ripiombare nel Medioevo dei Comuni. E non è un caso che sia proprio l'ultimo dei rumoriani, il mohicano Achille Variati, a provare a far fermare qui da noi qualche treno che non sia una locomotiva a vapore.
Sveglia Vicenza, smettila di far finta di non vedere salvo poi lamentarti degli altri: quella della banca locale e l'altra dell'Alta Capacità e Alta Velocità ferroviaria, ritardata dai conflitti per le solite speculazioni immobiliari locali, sono le ultime chiamate.
Poi dopo lo sbuffo dell'ultimo vapore rimarrà solo la visione di un deserto.
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