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Il bidone di Ecoveneta: VicenzaPiù n. 204

Di Marco Milioni Lunedi 20 Dicembre 2010 alle 23:41 | 0 commenti

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Tra le pieghe dell'inchiesta sul caso Aim spuntano documenti compromettenti. Mentre il gruppo Maltauro e la procura finiscono nel mirino dell'ex assessore Giglioli

«Lo stesso Mauro Zanguio, adesso chiamato in causa ultraottantenne come salvatore della patria e di Aim, ha fatto parte del consiglio di amministrazione di Servizi Costieri legata a Carlo Valle. E vorrò vedere come, di fronte a questo piccolo dettaglio, si potrà sostenere l'assoluta superioritas pro partibus del nuovo commissario... Il sindaco Enrico Hüllweck deve andare casa dopo che si è mostrato mendace e fellone davanti alla città. Tutte le cose che ha fatto il primo cittadino durante questa consiliatura meritano vendetta al cospetto di Dio».

Gianni Giglioli (foto Marco Milioni)Il monito e l'affondo
È il 10 maggio 2007. A Vicenza l'aria è livida, in consiglio comunale la si affetta col coltello. Si discute la mozione di sfiducia nei confronti dell'allora capo di una giunta di centrodestra. Il caso Aim è appena deflagrato. Ad invocare la vendetta del Supremo non è qualche frate intriso di millenarismo contemporaneo, ma l'allora consigliere comunale Emilio Franzina, eletto come indipendente nelle liste di Rifondazione. Franzina, a differenza del resto dell'opposizione di centrosinistra, spara a zero sulla nomina di Zanguio come presidente pro-tempore. Il centrodestra barcolla, ma salva il primo cittadino. Il centrosinistra dà segni di insofferenza per gli attacchi a Zanguio. Soprattutto quando Franzina parla di strani intrecci tra «affari, finanza e politica. Interessi privati ed interessi collettivi». Poi il consigliere lancia un monito che sa di chiaroveggenza: «Vedrete cosa succederà quando i cittadini, gli storici, potranno entrare negli archivi e vedere le carte». Antonio Dalla Pozza, oggi assessore alla sicurezza del Pd, accomodato sul banco della minoranza è imbarazzato e porta la mano destra alla bocca; un po' come fa il suo capo Massimo D'Alema quando è in difficoltà.

L'aula è sull'orlo di una crisi di nervi. Franca Equizi, ex leghista finita nel gruppo misto, spara a zero: «Durante la dinastia Rossi, Maggian, Conte, Sartori Aim è stata sbranata, dilaniata, impoverita... i suoi piani alti si sono trasformati in covo di ladri. Il sindaco è un essere spregevole, che si nasconde dietro una espressione stupida ricoperta di lacca... di Aim sapeva; e sapeva tutto». Equizi poi nel gelo della sala Bernarda lancia una manciata di monete all'indirizzo di Huellweck perché «se le divida col cda di San Biagio». Sempre Equizi, poco dopo avere terminato l'intervento, a margine della seduta rincara la dose: «Con Zanguio c'è il rischio di assistere all'ennesima pantomima per nascondere i comportamenti di molti. A partire da quelli dall'onorevole azzurra Lia Sartori e dai suoi fan presso Ecoveneta la Maltauro».

EcovenetaPrimi bilanci
Da quella seduta incendiata dalle proteste dei cittadini in aula sono passati tre anni e mezzo. L'allora cda di Aim è uscito completamente dalle indagini ad eccezione dell'ex presidente Beppe Rossi. Tra gli indagati di punta ci sono poi il geometra Carlo Valle e il commercialista Gianni Giglioli, ex assessore alle partecipate della attuale giunta di centrosinistra capitanata dal democratico Achille Variati. L'accusa per loro, a vario titolo è di truffa. Oggetto del contendere è il conferimento al gruppo Aim di una piattaforma per lo smaltimento di rifiuti tossici a Marghera di proprietà della Servizi Costieri. Nella trattativa, grazie alla mediazione dei tre, almeno sempre secondo l'accusa, sarebbe stata indebitamente favorita la Servizi Costieri, chiacchieratissima ditta di bonifiche che fa riferimento a Carlo Valle, faccendiere vicentino arcinoto alle forze dell'ordine. Il bidone tirato al gruppo Aim ammonterebbe, secondo la procura berica, ad una decina di milioni di euro. La notizia che la pubblica accusa è pronta a chiedere il rinvio a giudizio per i tre (più altri personaggi di rango minore) è rimbalzata sui media locali il 30 ottobre. Ma da quella data in città è stato un rincorrersi di voci. Se il bidone è costato ad Aim una decina di milioni di euro perché la magistratura penale non sembra essersi attivata per recuperare il maltolto? Il GdV del 30 ottobre non lo spiega. Nessun quotidiano locale lo spiega. Come nessun quotidiano al contempo spiega come sia possibile che una truffa di quella portata sia stata architettata da tre soli individui senza copertura politica.

La reazione
Le difese però non sono rimaste immobili. Il GdV del 30 ottobre è chiaro: «Rossi respinge i sospetti affermando che le decisioni strategiche sono state prese da altri». In questi mesi però il più intraprendente è stato Giglioli il quale con molta pazienza ha messo assieme una corposa memoria con cui intende smontare pezzo per pezzo l'impianto accusatorio secondo il quale, sempre secondo il GdV «avrebbe violato le norme deontologiche, facendo affari con Valle con un vantaggio di 294 mila euro poco prima di diventare consulente di Aim nel dicembre 2005, tacendo la circostanza al Cda, e "fornendo pareri positivi" sulla congruità del prezzo di cessione del sito a Valle».

Dichiarazioni shock
Tant'è che Giglioli spiega: «L'operazione con Valle si era di fatto chiusa da mesi quando fui chiamato da Aim per "trattare" con Ecoveneta il prezzo di cessione del 49% della società Aimeco, di cui erano appunto soci Aim e il gruppo Maltauro... E poi la questione centrale è un'altra... Quello che la procura non ha voluto comprendere è che la decisione di acquistare la quota della società Aimeco, posseduta da Ecoveneta, da parte di Aim era già stata assunta prima di conferirmi l'incarico. Così anche il prezzo, anche se solo verbalmente... Dall'azione civile presentata da Aim contro Ecoveneta si ricava che il trasferimento del contratto d'affitto d'azienda da Ecoveneta ad Aimeco non fu corretto, perché avvenne il giorno dopo che l'attività della piattaforma di Marghera gestita da Ecoveneta fu bloccata dai Nas per operazioni illegittime di Ecoveneta. La sentenza penale di Venezia l'ha confermato».

Salvarani e Pecori (Procura della Repubblica)Da quel giorno nei palazzi del potere vicentino è scoppiato il finimondo, che al momento è stato sopito. Perché se le dichiarazioni di Giglioli sono vere la ricostruzione dell'intero affaire Aim cambia prospettiva. Nel ruolo «del cattivone di turno» infatti non c'è più (o quantomeno marginalmente) il plurindagato Valle, ma ci finisce l'intero gruppo Maltauro. Sì perché c'è una questione di fondo da considerare. Se la piattaforma di Marghera è stata «un bidone» per Aim, «la fregatura», almeno secondo Giglioli non sarebbe stata interamente rifilata da Servizi Costieri ad Aim. Più nel dettaglio SC avrebbe ceduto l'attività in affitto ad Ecoveneta, la quale poi avrebbe prima cogestito la piattaforma veneziana assieme ad Aimeco (gruppo Aim) per poi rifilarla definitivamente a San Biagio. Almeno sul piano mediatico perché ovviamente nel campo penale le responsabilità sono sempre personali.

Il carteggio shock
Ma allora è possibile dare riscontri alle affermazioni di Giglioli? Per la prima volta VicenzaPiù rende pubblico un documento in tal senso. Si tratta della azione civile promossa dal presidente di Aim Bonifiche Renato Guerzoni contro la Ecoveneta del Gruppo Maltauro. L'azione civile (nel dettaglio un ricorso in ossequio all'articolo 447 bis del codice di procedura civile) è stata protocollata presso il tribunale di Venezia il 4 marzo 2009 col progressivo 1652 dagli avvocati veronesi Giulia Ferrarese e Antonio Rosa.

A pagina due del documento c'è una precisa ricostruzione degli eventi ad opera dei legali che operano per conto del gruppo Aim: «Il 27 maggio 2003 la società Ecoveneta spa stipulava con Servizi Costieri srl un contratto d'affitto d'azienda... inerente l'impianto per il trattamento di rifiuti tossici della Servizi Costieri sito a Marghera... l'8 marzo su richiesta della procura veneziana che indagava dal 2002 sulla illecita attività di varie ditte nello smaltimento dei rifiuti, e fra queste la Servizi Costieri, veniva eseguito il sequestro (provvedimento del 23 febbraio 2004, tribunale di Venezia)... di vari impianti... fra cui quello di Marghera... il giorno successivo con scrittura privata autenticata del 9 marzo 2004 Aimeco srl (gruppo Aim) subentrava nel contratto d'affitto ad Ecoveneta spa, nulla opponendo Servizi Costieri. Il contratto di cessione d'affitto d'azienda fu sottoscritto per entrambe le parti dal dottor Bruno Lombardi nella duplice veste di amministratore sia di Ecoveneta sia di Aimeco, a ciò autorizzato...».

Si tratta di parole che pesano come pietre perché i legali chiedono l'annullamento del contratto «per dolo» nonché danni per 15 milioni di euro. Di più nel ricorso presentato dai legali veronesi si punta l'indice ancora nei confronti di Ecoveneta la quale viene accusata di avere omesso nel dare notizia «del sequestro» avvenuto «il giorno prima». Ancora i legali parlano della condotta di Ecoveneta e la definiscono improntata a «malizia o astuzia volta a realizzare l'inganno perseguito». Nello stesso documento si fa persino riferimento a 5.000 tonnellate di rifiuti illeciti che starebbero in capo alla gestione di Ecoveneta e non a Servizi Costieri. Sicché gli avvocati ingaggiati da Guerzoni non lasciano molto spazio alla fantasia perché il quadro che descrivono assomiglia non poco a quello incastonato nella cornice dell'articolo 640 del codice penale, quello che tratta il reato di truffa.

Per di più quando questa avviene a danno di un ente pubblico o di una società a prevalente capitale pubblico la magistratura deve indagare d'ufficio. Ma la magistratura penale era stata informata di una circostanza che si configura come una possibile notizia di reato? La domanda è più che lecita perché dalle cronache locali non si ha contezza di inchieste a carico dei vertici del gruppo Maltauro-Ecoveneta.

La procura e la novità «sconvolgente»
Cosicché è lo stesso Giglioli a puntare l'indice contro la procura berica. «Quando sono stato ascoltato dai magistrati inquirenti, nemmeno come indagato peraltro, ho spiegato per filo e per segno le mie fortissime perplessità su quel passaggio nella gestione della piattaforma dal gruppo Maltauro al gruppo Aim. Passaggio per il quale Servizi Costieri ha un ruolo ma come detentore della nuda proprietà della struttura». Ora Giglioli è indagato. Quindi potrebbe avere un ipotetico interesse a dire una cosa per un'altra. E soprattutto va dimostrato che il commercialista abbia effettivamente informato la procura berica.

E in questo senso le carte danno ragione a Giglioli: «... tra l'altro il giorno dopo il blocco dei carabinieri del Noe che avevano sequestrato l'area (di Marghera, Ndr), Lombardi firmò un passaggio dell'affitto d'azienda da Ecoveneta alla neocostituita Aimeco, sia come rappresentante di Ecoveneta, sia come rappresentante di Aimeco... Ecoveneta aveva "sbolognato" almeno il problema ad Aim e quindi alla cittadinanza di Vicenza...». Nero su bianco le parole stanno scritte su un un verbale collegato al procedimento penale «3062/07 RG Mod U» in carico alla procura di Vicenza.

«Nell'occasione - spiega Giglioli, era il mattino del 20 febbraio 2008 - la verbalizzazione fu affidata all'ufficiale di polizia giudiziaria Michele Agugiaro», un maresciallo della Guardia di Finanza. L'interrogatorio venne condotto invece «direttamente dall'allora procuratore Ivano Salvarani e dal sostituto Giorgio Falcone», oggi in forza alla procura patavina. «Non ho ancora capito - fa sapere lo stesso Giglioli - se quanto riferito ai magistrati sia stato oggetto o meno di indagine, perché mi pare che i profili penali non manchino. Quando ho letto le carte per la prima volta ho appreso una novità sconvolgente. Ad ogni buon conto sconsigliai che Aimeco si prendesse sul groppone anche la parte che faceva riferimento a Ecoveneta».

Il silenzio dei protagonisti
Ovviamente la ricostruzione così come si presenta ora è parziale. Per dovere di correttezza chi scrive ha chiesto un riscontro alla procura berica e al gruppo Maltauro in primis. Sebbene i commenti siano stati chiesti via fax i protagonisti della vicenda hanno scelto la strada del silenzio. Anche comune ed Aim sono stati interpellati per iscritto anche per sapere se intenderanno procedere penalmente contro il gruppo Maltauro: a San Biagio la presidenza è rimasta in silenzio, ma anche il sindaco di Vicenza tace.

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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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