Archivio per tag: Montecchio Precalcino

Danni da innalzamento falda: risarcimenti anche a Villaverla e Montecchio Precalcino

Giovedi 20 Gennaio 2011 alle 22:28
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Maurizio Conte, Regione Veneto - "I cittadini o le aziende che hanno subito danni a causa dell'innalzamento della falda acquifera a seguito delle alluvioni che hanno colpito la Regione del Veneto possono presentare la domanda per chiedere un sostegno per il ripristino delle strutture e per un contributo per l'energia elettrica necessaria per il funzionamento continuo delle pompe", lo annuncia l'assessore veneto all'Ambiente Maurizio Conte, illustrando il contenuto di un'ordinanza in fase di elaborazione.

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Categorie: Politica, Sanità

Sanità, Coletto: confronto con società veneta verso nuovo piano sociosanitario

Mercoledi 22 Dicembre 2010 alle 17:40
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Luca Coletto, Regione Veneto - "La programmazione sanitaria veneta per gli anni a venire dovrà essere un vestito cucito su misura rispetto alle nuove esigenze di salute e assistenza dei cittadini, alle indicazioni del territorio e a quelle della società civile". Con queste parole, l'assessore regionale alla sanità Luca Coletto ha aperto ufficialmente oggi, nel corso di un affollato incontro tenutosi a Villa Nievo di Montecchio Precalcino, il confronto con circa 200 rappresentanti e portatori d'interesse dell'intera società veneta che accompagnerà la definizione del nuovo Piano Socio Sanitario Regionale, atteso da oltre un decennio.

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Categorie: Eventi, Volontariato

Csv: oggi a Montecchio Precalcino illustra il Bando

Sabato 17 Aprile 2010 alle 04:10
ArticleImage Centro di servizio per il Volontariato
"Se vuoi costruire una nave non chiamare a raccolta gli uomini per procurare la legna e distribuire i compiti, ma insegna loro la nostalgia del mare ampio e infinito"
(A. De Saint-Exupéry)

 

Cari volontari,
in queste poche righe si traduce e sintetizza un pensiero molto importante e profondo che non voglio svilire ... senza presunzione alcuna, sento che in queste parole si racchiude in qualche modo l'essenza del nostro agire, del nostro essere volontari tra i volontari, cercando di costruire e di progettare "insieme" appassionandoci e contagiandoci gli uni con gli altri, abitando i vuoti e colmandoli con la nostalgia di "sognare gli altri come ora non sono"...

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Categorie: Eventi

Lo schema di bilancio, domani a Montecchio P.

Venerdi 12 Marzo 2010 alle 20:20
Csv     

 

Domani, sabato 13 marzo 2010, si terrà la replica dell'incontro formativo dedicato a capire lo schema di bilancio della Regione Veneto, recentemente modificato, e le nuove regole per l'iscrizione ai registri regionali del volontariato.

L'iniziativa è promossa dall'Ente gestore del CSV, con lo scopo di dare risposte concrete alle associazioni di volontariato riguardo le incombenze amministrative e burocratiche.
L'appuntamento è fissato presso il Centro Servizi dell'Ulss 4 "Alto Vicentino" di Montecchio Precalcino, in Via Europa Unita 12 e si ricorda che la partecipazione è riservata alle associazioni che hanno provveduto all'iscrizione.
Programma:
- Inizio ore 10.00
- termine ore 13.00
- piccolo buffet finale

 

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Categorie: Cinema

L'Agnese va a morire, l'8 a Montecchio Pr.

Venerdi 5 Marzo 2010 alle 19:13

di Gìuliano Corà     

 

Varie ed interessanti iniziative per l'8 marzo, tra cui - assolutissimamente imperdibile! - la proiezione, alle 20,30 presso Centro Socio Culturale Comunale - Preara di Montecchio Precalcino, de L'Agnese va a morire, di Giuliano Montaldo, splendido film, che il regista trasse dal romanzo omonimo di Renata Vigano (Einaudi Ed.), interpretato da una grande Ingrid Thulin: per me, il più bel film italiano in assoluto sulla Resistenza, meravigliosamente 'elementare' e semplice, rigorosamente antiretorico e 'vero'.
La storia è appunto la stessa. Una contadina analfabeta della Bassa si vede uccidere dai nazisti il marito comunista. Entrerà nella Resistenza come staffetta, emancipandosi come cittadina e come donna. Nella scena dei soldati tedeschi che rovesciano nel fango la carriola col bucato appena lavato con fatica al fiume, ci sono tutta la violenza, l'arroganza e la stupidità del fascismo, ed anche il suo stolido maschilismo. Un film scomparso nel nulla, come spessissimo accade ai bei film (se invece vi stuzzica rivedere i rutti di Boldi e De Sica, l'offerta è ampia).
Nei principali siti Internet di vendita di DVD il titolo è inesistente. Non vi resta che affidarvi al mercato 'clandestino' dei VHS, e che San Méliès vi aiuti. Oppure andare lunedì a Dueville, appunto.

di Giuliano Corà

 

L'AGNESE VA A MORIRE*
Il film, tratto dal romanzo di Renata Viganò e ambientato nel delta del Po (Valli di Comacchio), narra una vicenda che si svolge dall'8 settembre 1943 all'inverno 1944-1945. La guerra che le immagini ci documentano avviene nelle campagne dell'Italia del Nord, strette tra la Resistenza, la repubblica di Salò e l'occupazione nazista.
L'irruzione della guerra all'interno della comunità rurale si alimenta di un incontro-scontro con i "diversi" (soldati meridionali sbandati, ex prigionieri alleati fuggiti dai campi di concentramento dopo l'8 settembre) e con gli "estranei" (gli sfollati) e dove il rapporto mondo contadino-resistenza non fu facile né lineare.
Proprio nel biennio 1943-45, infatti, il tradizionale vantaggio della città sulle campagne si è parzialmente invertito; con il crollo del sistema degli ammassi, il contadino che dispone di prodotti eccedenti i propri bisogni familiari è in grado di procurarsi un reddito in contanti, vendendoli a borsa nera, molto maggiore di quello effettivo.
E' questo il riferimento oggettivo di quanti insistono sulle meschinità, le chiusure avide e rivendicative dei contadini quasi come se, nemmeno in questi momenti, essi riescano a sottrarsi alla tradizionale ossessione per "la roba". In realtà non si tratta solamente di avidità; in quell'attaccamento c'è la condizione necessaria per perseguire una strategia della sopravvivenza che è la vera ed unica scelta di massa delle campagne italiane.
La guerra è ovviamente interpretata come una calamità; bisogna aspettarne la fine e, nell'attesa, attutirne gli effetti con iniziative di dissimulazione, lasciando trasparire all'esterno quella che sembra fatalistica rassegnazione ed è invece una lucida lotta difensiva.

IL FASCISMO E LE DONNE*
Per tante donne come per l'Agnese la Resistenza è l'occasione di una complessiva "promozione" umana, sociale e politica. Le comuni condizioni di pericolo, i rischi corsi insieme, quella specie di fratellanza che si stabilisce quando si impugnano le stesse armi, riescono ad infrangere molti stereotipi ideologici e culturali.
Ma non bisogna pensare che la donna goda, nell'epoca partigiana e quindi durante il governo fascista, di una condizione favorevole. L'ideologia fascista ha inquadrato le donne in una visione gerarchica del rapporto fra i sessi, dovuta all'enfatizzato culto della virilità, proprio della mentalità.
Il regime promuove nuove misure concernenti i rapporti fra i sessi e i rapporti generazionali: cambia così l'intera struttura dei rapporti familiari. La famiglia è incoraggiata ad essere prolifica (secondo una precisa politica di incremento demografico) e ad essere collegata organicamente allo Stato. Il nucleo familiare diventa così la cellula fondamentale dello Stato fascista, e ciò è reso esplicito nel Codice Civile del '42 in cui il giurista Rocco definisce la famiglia "un'istituzione sociale e politica".
Questo nuovo modello di famiglia presuppone un marito lavoratore dipendente il cui salario è integrato dagli aiuti dello Stato accentratore e del lavoro casalingo della moglie. Incubo di quegli anni è la figura della donna spendacciona, irresponsabile o magari sterile (e quindi non in grado di assecondare la politica di crescita demografica). La mentalità fascista, dunque, non innova quei vecchi stereotipi culturali, tipici del mondo contadino (la donna bella è "a rischio" poiché fragile e inadatta sia al lavoro sia alla riproduzione), ma anzi li usa per porre le basi ad un modello di famiglia che continua ben oltre il fascismo stesso. Basti pensare che solo nel 1975 si arriva a considerare reato lo stupro o l'incesto.
La reale conseguenza di questa politica non è però l'aumento delle nascite (che già dagli inizi del ‘900 è in costante diminuzione), bensì la nascita di una particolare struttura e concezione della famiglia, che consiste in "un nuovo patriarcato delle classi urbane".
Seguendo questa politica lo Stato fascista cerca di eliminare tutte quelle attività che possono distrarre le donne dallo sposarsi presto e dall'aver tanti bambini, tra cui la scuola. Ad esempio, le bambine pagano una tassa doppia di quella dei bambini per frequentare le scuole medie.
Quelle poche donne attive all'interno del movimento fascista, costituiscono quindi motivo di imbarazzo, problema da tenere sotto controllo, affinché non diventi un modello di devianza dalla normalità della donna regina del focolare.
Sono accettate dal fascismo solamente le organizzazioni femminili di matrice cattolica, poiché con il Concordato del '29 la Chiesa ha dato il suo sostegno e rafforzamento a un "modello di famiglia unita e fondata su un sistema di potere asimmetrico fra i sessi e le generazioni", modello che presuppone una donna rassegnata, con spirito di sacrificio e umiltà, e che dura molto più a lungo dello stesso fascismo.
Con la caduta del regime e con l'inizio della Resistenza, il ruolo della donna ha incominciato a cambiare. Il ruolo della donna nella Resistenza non è mai stato studiato sufficientemente: la donna della Resistenza è considerata come conseguenza dell'uomo della Resistenza, quando invece molte donne fanno quella scelta radicale da sole, senza essere in qualche modo influenzate dalla scelta dei mariti o dei figli. Anche il loro ruolo nella famiglia cambia molto: la donna della Resistenza è lavoratrice e autonoma. Non per questo però bisogna dimenticare che nella maggioranza dei casi il modello della famiglia fascista persisterà ancora per molto tempo.

 

*Testi ricevuti dal Comune di Dueville

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Categorie: Libri

Criminali di guerra, il 15 a Montecchio Prec.

Sabato 13 Febbraio 2010 alle 13:28
Tonicopi.it

 

L'Italia aveva un accordo segreto con la Germania riguardo i criminali di guerra nazisti. Molti dei quali l'hanno fatta franca proprio grazie a questo. Se ne parla lunedi prossimo a Montecchio Precalcino.
Nel documento sottoriportato troverete maggiori informazioni.


L'accordo segreto tra Italia e Germania in un documentato saggio di Filippo Focardi:

Quando i criminali tedeschi furono rimessi in libertà

Criminali di guerra in libertàAnche il Vicentino ne è stato recentemente toccato, con le vicende del vicebrigadiere delle SS Karl-Franz Tausch, indicato come "il boia di Bassano", suicidatosi il 25 settembre 2008 a Langen, in Assia, dove viveva, dopo essere stato individuato ad oltre sessant'anni dal massacro del Grappa.
Ma la questione dei criminali nazisti scampati per decenni ad ogni giudizio è in realtà assai più vasta. Di più: è una storia tipicamente italiana, con tutte le eccezioni negative del caso.
Ad affrontarla in un interessante saggio è lo storico Filippo Focardi, autore di "Criminali di guerra in libertà". Un accordo segreto tra Italia e Germania federale, 1949-1955. Non una novità, questa del patto italo-tedesco dettato da convenienze diplomatico-politiche, peraltro negato un paio d'anni fa dalla Commissione parlamentare sulle stragi nazifasciste, le cui conclusioni hanno evidenziato invece la sola negligenza della magistratura militare: ne aveva infatti parlato lo stesso Focardi, docente di storia contemporanea alla facoltà di scienze politiche di Padova, in uno studio apparso nel 2003 su "Storia contemporanea". Nel nuovo libro, però, la materia viene ulteriormente approfondita, contestualizzata e ampiamente documentata.
Focardi muove da un episodio relativamente minore - la condanna comminata dal tribunale militare di Roma nell'ottobre del 1948 a nove militari della Wehrmacht per maltrattamenti inflitti a prigionieri e civili italiani dopo l'8 settembre del 1943 nell'isola di Rodi - per arrivare al cuore della vicenda: nel novembre del 1950 un emissario del cancelliere Adenauer, Heinrich Höfler, incontra a Roma il segretario generale del ministero degli Esteri italiano, il conte Vittorio Zoppi, chiedendogli ed ottenendo la liberazione dei criminali di guerra tedeschi condannati in Italia con sentenza definitiva.
Nel giro di pochi mesi, attraverso decreti di grazia firmati dal presidente della Repubblica Luigi Einaudi, costoro sono scarcerati e rimpatriati in Germania in gran segreto. Tra essi anche quattro ufficiali del "gruppo di Rodi", compreso il generale Otto Wagener, responsabile dell'uccisione di numerosi prigionieri. Colui che aveva detto: "Gli italiani hanno vissuto da cani e da cani devono morire".
Nelle carceri della penisola restano solo Herbert Kappler e Walter Reder. Con loro la giustizia italiana si rivela assai più dura, rifiutando ogni scarcerazione: ma è una scelta precisa e simbolica, per attirare l'attenzione popolare distogliendola dal parallelo e assai più vasto insabbiamento di centinaia di storie analoghe.
Nella vicenda giocano un ruolo fondamentale sia le autorità dei due paesi, desiderose di riannodare strette relazioni politiche nel quadro della Guerra fredda, sia il Vaticano, soprattutto attraverso l'azione del vescovo Alois Hudal, rettore del collegio tedesco presso la chiesa di S. Maria dell'anima a Roma, vero e proprio emissario di Bonn. Pesa anche la volontà di evitare l'estradizione dei criminali italiani richiesti dalla Jugoslavia, mentre con la Grecia vengono presi analoghi accordi segreti, nel 1948, per la scarcerazione di militari del Regio esercito responsabili di rappresaglie contro la popolazione ed i partigiani ellenici.
Ma non è tutto. Non solo l'Italia accondiscende facilmente alle richieste federali per la liberazione dei (pochi) criminali condannati: nello stesso tempo istituisce un numero assolutamente esiguo di processi nei confronti degli ufficiali e dei soldati tedeschi responsabili di crimini contro migliaia di civili e militari italiani nel 1943-45. I numeri parlano da soli: a fronte dei 26 processi italiani del dopoguerra, ne vanno in scena 77 nella piccola Danimarca, dove l'occupazione fu senz'altro meno oppressiva, 91 in Belgio, 231 in Olanda, parecchie centinaia in Francia. Le condanne a morte, o perlomeno a lunghe pene detentive, fioccano. In Italia, invece, c'è il citato insabbiamento, venuto alla luce solo a metà degli anni Novanta col ritrovamento del cosiddetto "armadio della vergogna".
In ciò sta il significato della "anomalia italiana", come sottolineato nell'autorevole prefazione di Lutz Klinkammer. Per lo studioso tedesco quello dell'Italia è un vero e proprio "problema di coscienza", dovuto all'imbarazzo lasciato da una guerra inizialmente combattuta con la Germania hitleriana, e che i tardivi processi aperti negli anni Novanta - di cui sono ancora in corso istruttorie r dibattimenti, che in molti casi non potranno più portare a colpevolezze e condanne certe - non contribuiscono certo a tacitare.
Luca Valente

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Categorie: Politica

Dibattiti: Popoli in fuga

Sabato 5 Dicembre 2009 alle 15:51

PD Montecchio Precalcino

Vent'anni fa il muro di Berlino cessava di esistere.

In una notte del 1989 la barriera, costruita decenni prima dai sovietici, veniva abbattuta dalla spinta democratica dei cittadini tedeschi.

Nel giro di un anno, una utopia - la riunificazione delle due germanie - diventava realtà per la volontà politica dei governanti come Kolh e la lungimiranza di statisti come il capo dell'allora Unione Sovietica Mikail Gorbaciov, che preso atto di una sfida perduta contro l'altra superpotenza, gli Stati Uniti, ha preferito guardare alle libertà dei popoli che continuare a combattere contro di esse. Ma nel mondo i muri continuano a dividere.
L'elenco è lungo: dalla enclave spagnola in Marocco alla barriera tra gli Stati Uniti e il Messico, Dalle due Coree alle tensioni tutte europee di Cipro fino alla più dura e sanguinosa barriera mediorientale della Palestina. Un problema che ci riveste di responsabilità in quanto queste genti tentano la salvezza, pagandola anche a caro prezzo, spesso costretti a migrare in altri stati come l'Italia.

L'attuale legislatura italiana tende solo a criminalizzare l'altro come fonte di insicurezza sociale?

Può anche esistere questo problema, ma servono distinzioni e comprensioni. Il titolo della serata " Popoli in Fuga, incontro-dibattito sui conflitti che dividono e ci dividono " sottolinea la necessità di discutere questi temi così lontani, ma così vicini a noi.

A Montecchio Precalcino giovedì 10 dicembre dalle 20,30

centro culturale Teatro Ex Acli di Preara

si aprirà un dibattito con il tema la questione israelo-palestinese: è possibile la pace tra i due popoli?

 

Ospiti del confronto sono Amin Nabulsi, rappresentante dell'Unione Ingegneri Palestinesi in Italia e Gadi Luzzato, docente di Cà Foscari di Venezia e rappresentante della Comunità ebraica di Padova.

I due relatori si confronteranno in un dibattito aperto per suggerire con il dialogo una alternativa di pace rispetto alle tensioni militari e sociali attuali.
In apertura del dibattito verrà proiettato un montaggio di video diversi comprendenti porzioni di un documentario del 1973, all'indomani della guerra dei Sei Giorni avvenuta nel 1969, proveniente dalle Teche Rai e uno spezzone della situazione attuale nel 2009 in Palestina realizzato da Nandino Capovilla e Piero Fontana.

Ad aprire i lavori sarà un intervento del coordinatore provinciale del Pd di Vicenza Federico Ginato

Collaboratori dell'iniziativa culturale, organizzata dal circolo del Pd di Montecchio Precalcino, con il sostegno della segreteria provinciale, sono Michela Chimetto e Tiziano Bellin che hanno contribuito a rendere possibile questo dibattito.


N.b. il centro culturale del teatro Ex Acli della frazione di Preara a Montecchio Precalcino è un piccolo teatrino di 100 posti.

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Porte aperte per la qualità agroalimentare

Venerdi 23 Ottobre 2009 alle 14:10

Veneto Agricoltura

THIENE-MONTECCHIO P.: PORTE APERTE PER LA QUALITA' AGROALIMENTARE E LA BIODIVERSITA' VEGETALE

Domani Veneto Agricoltura apre le porte dell'Istituto per la qualità e le tecnologie agroalimentari di Thiene e del Centro vivaistico e per le attività fuori foresta a Montecchio Precalcino. Visite guidate, gadget e dimostrazioni dei progetti sperimentali.

 

In provincia di Vicenza l'Istituto per la qualità e le tecnologie agroalimentari di Veneto Agricoltura di Thiene e il Centro vivaistico e per le attività fuori foresta di Montecchio Precalcino domani saranno aperti al pubblico in occasione del decimo anniversario di attività dell'Azienda regionale.

A Thiene, dalle 9.30 alle 12.00, i tecnici di Veneto Agricoltura accompagneranno i visitatori ai diversi laboratori del centro: latte e chimica, sensoriale, microbiologia e biotecnologie, centro di produzione dei fermenti. Inoltre verranno illustrati i progetti e le attività scientifiche legate al settore agroalimentare sviluppati dall'Istituto.

A Montecchio Precalcino negli stessi orari, dove sarà presente anche l'Assessore provinciale Pellizzari, i visitatori conosceranno le attività e i progetti del Centro attraverso le visite guidate alla produzione vivaistica, alla coltivazione di specie erbacee minacciate di estinzione e al bacino idrico di emergenza naturalizzato con specie igrofile.

Sempre in occasione delle celebrazioni del decimo anniversario, tanto a Thiene che a Montecchio P. verrà messa a dimora una farnia, simbolo del decennale; inoltre verranno distribuiti simpatici gadget e piantine di carpino bianco.

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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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