"Visioni" diverse di Vicenza e del Vicentino: il quotidiano confindustriale vende pubblicità per una aspirante miss, il CorVeneto parla di migliaia di famiglie impoverite dalla BPVi
Domenica 29 Maggio 2016 alle 12:11 | 0 commenti
Chi non lo fa per mestiere, ad esempio i giornalisti stessi e i "produttori" di rassegne stampa, e legge, se lo legge, ogni giorno il "suo quotidiano" preferito per informarsi su feste, sagre, furti, tipicamente, di immigrati e profughi o di morti ammazzati e, over the top, di defunti con tanto di necrologi, non si rende conto di una contrasto evidente sulla carta stampata locale. Da una parte c'è l'attenzione che, ad esempio, dedica alle vicende e alle conseguenze dello scandalo della Banca Popolare di Vicenza il Corriere del Veneto, che, pure, per il 49% appartiene a un gruppo di imprenditori veneti tra cui Gianni Zonin. Dall'altra incombe sulla città e in provincia la coltre di silenzio e di omissioni che il quotidiano locale che fa capo a Confindustria Vicenza, la cui guida dall'indagato, per fatti di banca, Giuseppe Zigliotto è passata nelle mani del suo fido Luciano Vescovi, ha steso sul caso BPVi, che ha ridotto in povertà , prima, i suoi 118.000 e passa azionisti di cui circa il 40% di queste parti e, poi, in una prospettiva già in atto, tutto il territorio.
Non c'è giorno che non ci siano novità sui disastri, certi, della conduzione zonzigliottesca della banca grazie alle gesta poco donchisciotesche di Zonin, Zigliotto & c. all'insaputa, magari, del solito Matteo Marzotto, altro competentisimo membro del Cda, che nulla sapeva anche delle modalità della cessione da evasione fiscale della Valentino Fashion Group da lui presieduta al fondo lussemburghese Permira. E, infatti, anche il notoriamente fiducioso Achille Variati, lo ha appena confermato, incurante della sua condanna per quella cessione a dieci mesi sia pure in primo grado, alla guida della Fiera di Vicenza perchè non poteva "fare a meno della sua competenza in questa fase cruciale della vita della società a proprietà pubblica", fase cruciale che la porterà nelle braccia della Fiera di Rimini dopo i risultati del primo mandato al rampollo dei Marzotto.
Molto succede ogni giorno, o quasi, eppure per sapere qualcosa della fu BPVi, per decine di migliaia di vicentini diventata la "Banda Popolare di Vicenza", dobbiamo rileggere VicenzaPiu.com e noi stessi, gli unici, tra l'altro, andati a intervistare a Vicenza il Procuratore Capo Antonino Cappelleri per capire dove e come stanno andando le indagini sul maltolto ai vicentini su cui altrove nulla si scrive nonostante l'abbondanza su quelle pagine delle solitamente ben informate cronache di nera e giudiziaria.Â
Dobbiamo leggere sul web noi stessi o, sulla carta stampata, i colleghi del Corriere del Veneto, che hanno ben poche pagine disponibili come dorso del Corriere della Sera, ma che le usano con assiduità e senza il bollino dell'imprimatur altrui, tipo il socio dell'editore Gianni Zonin.
Oggi, ad esempio, oltre ad altre notizie che pubblicheremo in rassegna più tardi, sul GdV ammiriamo lo spazio, venduto, per l'aspirante Miss Provincia di Vicenza, a cui facciamo i migliori auguri di carriera e successo anche economico, ma nessuna riga (abbiamo sfogliato ben 4 volte ma invano il giornale) sull'assemblea al PalaFerroli di S. Bonifacio di oltre mille soci, leggasi mille famiglie, di Vicenza e dintorni in cui l'associazione "Noi che credevamo nella BPVi", più volte "censurata e minacciata dal Giornale di Vicenza", ha detto il suo leader Luigi Ugone nella precedente assemblea al Teatro S. Marco, ha raccolto firme per chiedere le dimissioni di Francesco Iorio e per attivare cause cumulative.
Mentre la struttura del GdV si dedicava, a pagamento con la "sponsorizazione" di Tva e col patrocinio della Provincia di Vicenza, a far sognare una futura Miss Vicenza, noi ieri, sabato 28 maggio, piccoli e neri, c'eravamo a S. Bonifacio, e il dorso del CorVeneto anche, e con sicura maggiore affidabilità , a parlare sempre della Provincia di Vicenza, quella però che, se farà felice una singola Miss, conta già decine di migliaia di poveri in più oltre a quelli che verranno.
Peccato non se ne accorga il GdV (Glossario defunti Vicentini?), diretto dal collega, ben più insigne Ario Gervasutti, su cui più tardi racconteremo qualcosa che, se vero, fa il paio con le pressioni su "Noi che credevamo nella BPVi", della cui manifestazione abbiamo riferito noi ieri e Il Corriere del Veneto, oggi e il cui articolo riportiamo di seguito perchè merita di essere letto.
L'articolo e il Corriered el Vento, l'unica alternativa stampata al foglio confindustriale locale.
Si inizia con una lettera aperta indirizzata al presidente Stefano Dolcetta, che sarà accompagnata da una raccolta di firme, di cui qualche centinaio raccolte già ieri. Una richiesta che arriva considerando «la disastrosa situazione in cui versa la Popolare di Vicenza» e tenendo conto «di ciò che l’attuale amministratore delegato ha sempre sostenuto come sua missione principale: il salvataggio dell’istituto mediante la sua quotazione in Borsa». Peccato, ribadiscono gli associati, che la convinzione di ottenere il sostegno degli azionisti all’aumento di capitale, dopo la forzata trasformazione in Spa, si sia rilevata errata. Tanto basta per chiedere le dimissioni di Iorio - il quale, ribadisce la lettera, «non ha raggiunto nessuno dei parametri economici di mandato» - e, contestualmente, la restituzione dei suoi compensi «stratosferici». «Un atto di chiarezza e di trasparenza - sottolinea l’associazione - senza il quale è impensabile ripartire». Secondo «Noi che credevamo…» un precedente illustre c’è: quello di Federico Ghizzoni, Ad di Unicredit, che si è dimesso appena tre giorni fa, a seguito di una serie di pressioni. Gli veniva contestata la performance del titolo. Senza contare che prorio Unicredit era anche la banca che avrebbe dovuto essere «l’unica garante dell’aumento di capitale della BpVi: se ha lasciato lui perché non dovrebbe lasciare Iorio?», si chiede l’associazione.
Tra i relatori, nella mattinata di ieri, il presidente Luigi Ugone e gli avvocati Andrea Filippini, Riccardo Ternullo e Riccardo Federico Rocca: nel palazzetto erano presenti circa 650 azionisti della Popolare, che dichiarano perdite fino ai 400mila euro ciascuno. E la messa in mora? L’intenzione è quella di portare avanti una serie di cause, per ottenere una qualche forma di risarcimento. «Vogliamo contestare alla banca i diritti che riteniamo lesi - spiega Ugone -, finora non abbiamo visto nessuno arrivare fino al tribunale, noi vogliamo provare a fare qualcosa». Non si tratterà , precisa Rocca, di una class action: «Nell’ambito del risparmio non si può: la giurisprudenza è chiara. Possiamo fare, però, delle cause cumulative, cercando di agire nei tempi opportuni per evitare la prescrizione».
Resta il dubbio: come faranno i vecchi soci, in una situazione che vede il 99% delle azioni in mano al fondo Atlante, ad avere voce in capitolo? «Chiunque, anche con una sola misera azione, può richiedere le dimissioni dell’Ad - risponde Ugone -; è vero che dal punto di vista del capitale ora contiamo poco, ma è anche vero che Atlante non durerà per sempre: visto che la banca continuerà a esistere, è verosimile che in futuro si tenterà di vendere di nuovo le azioni al territorio». Critiche, infine, dall’associazione anche per l’atmosfera «illiberale» in cui è stato ottenuto il voto assembleare che ha segnato la trasformazione in Spa e per la soluzione Atlante, conseguenza dell’azzeramento del valore della banca e dovuta «a un insistente atteggiamento di arroganza gestionale e di cecità operativa».
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