Stanno demolendo il contratto nazionale di lavoro. In perfetta malafede
Domenica 14 Agosto 2011 alle 22:29 | 0 commenti
Giorgio Langella, PdCI, FdS - Il lavoro non è più un diritto. Anzi non c'è più nessun diritto nel lavoro.
Nel testo della (nuova) manovra finanziaria si possono leggere alcuni articoli che (de)regolamentano il diritto del lavoro. Naturalmente, e non poteva che essere così vista la natura di classe di questo governo, è un ulteriore passo verso la completa demolizione del contratto nazionale di lavoro. Lo si fa in maniera subdola, un poco alla volta, coinvolgendo in questo anche i sindacati in nome di un non meglio precisato superiore interesse nazionale.
Chi ci va di mezzo sono sempre e solo i lavoratori.
Il ministro Sacconi (persona di sicura malafede) spiega che "sollecitati dalla Bce, si vogliono rafforzare i contratti aziendali". E, facendo riferimento al recente accordo interconfederale del 28 giugno (firmato da Marcegaglia, Camusso, Bonanni e Angeletti) e al "contributo del 4 agosto" delle parti sociali, giustifica quella che è la cancellazione di fatto del contratto nazionale di lavoro. I contratti che entreranno in vigore saranno sostanzialmente solo quelli aziendali. Si punta molto sulle deroghe che possono essere fatte, tra l'altro, sulle mansioni dei lavoratori, sugli orari, sulle assunzioni, sulla disciplina dei rapporti di lavoro. Su questo punto si prevede la contrattazione aziendale in deroga anche per il "recesso dal rapporto di lavoro". Il licenziamento, così diventa "libero", può essere fatto anche senza giusta causa, basta che sia "concordato" e previsto nel contratto aziendale anche in contrasto con quello nazionale. Un bel regalo ai padroni e in particolare alla Fiat e a Marchionne. Norme fatte ad hoc per l'azienda della famiglia Agnelli (molto preoccupata in questo periodo per le vicende che riguardano la Juventus, lo scudetto del 2006 e il calciomercato) perché sono retroattive e, quindi, confermano gli accordi-ricatto di Pomigliano e Mirafiori.
Invece di agire per lo sviluppo del lavoro, si impongono norme che permettono anche i licenziamenti senza giusta causa (sono esclusi solo quelli per discriminazione e maternità ). E si dice che lo si fa perché sollecitati dalla BCE. La contrattazione, che verrà frazionata azienda per azienda, porterà necessariamente a risultati peggiori per chi lavora. Si metteranno in discussione diritti sacrosanti e (fino ad oggi) indisponibili dal momento che senza l'ombrello protettivo del contratto nazionale i lavoratori saranno più deboli perché divisi.
Bisogna opporsi a tutto questo. Licenziare Berlusconi e i suoi ministri perché sono manifestamente incapaci di governare. La "giusta causa" esiste. Non c'è bisogno di deroghe o norme particolari (e truffaldine).
Bisogna farlo in fretta, anche se i contenuti dell'accordo interconfederale del 28 giugno scorso e le "proposte delle parti sociali" del 4 agosto non sono, certo, di aiuto. Anche se, su questi, il ministro Sacconi farà leva.
Non si può restare in attesa alla finestra. Spettatori del disastro che lorsignori ci hanno "regalato". Bisogna lottare con determinazione perché chi vive del proprio lavoro non sia quello che paga sempre tutti gli errori e l'incapacità di chi possiede enormi ricchezze.
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