Sogni (e incubi) d'estate
Sabato 1 Agosto 2009 alle 09:17 | 0 commenti
 Oggi esce in edicola VicenzaPiù n.160, l'ultimo prima della chiusura estiva. Il prossimo numero uscira, migliorato e rinnovato, il 4 settembre, mentre la versione online www.vicenzapiu.com verrà aggiornata quotidianamente da noi e dai vostri commenti.
Il n. odierno sarà scaricabile in versione pdf domani e poi sarà , come al solito, distribuito come free press in 150 punti della città . Buona lettura del n. 160 e buone vacanze a chi le fa e buon agosto a chi non va in vacanza: www.vicenzapiu.com sarà sempre con voi.
Ecco ora l'editoriale di oggi del direttore Luca Matteazzi
Dall'inceneritore al Dal Molin, bilancio paradossale dell'ultimo anno di VicenzaPiù. Contro speculazioni e smanie di costruzione
Ci siamo sbagliati, lo ammettiamo. Un paio di settimane fa abbiamo pubblicato un appello, firmato dal nostro redattore Alessio Mannino e dal blogger Marco Milioni, in cui si sosteneva che la questione Dal Molin fosse l'occasione per rimettere al centro del dibattito civico e della discussione politica una visione del mondo, un'idea di società , una prospettiva verso cui muoversi, dei valori. Per tornare a ragionare sulle famose grandi domande dell'uomo - sempre quelle, cosa ci facciamo qui? dove vogliamo andare? -, e non solo sulla gestione miope e senza slanci dell'ordinaria amministrazione.
Beh, facciamo mea culpa. Al di là dei toni in alcuni punti discutibili, è proprio il ragionamento di fondo che è alla base dell'appello ad essere sbagliato, come alcuni ci hanno bonariamente fatto notare. E siccome siamo persone ragionevoli, non ci resta che ravvederci.
Effettivamente, portare la questione sul piano dei valori e degli ideali è utopistico. Anzi, peggio: è un modo di fare subdolo, pericoloso e potenzialmente violento, perché si incita al dibattito, si stimola il confronto e, cosa gravissima, si spalanca la strada a inevitabili lacerazioni. Quello che ci vuole, invece, è una bella dose di sano realismo.
Prendiamone atto senza fare i rivoluzionari o i sognatori: se c'è una cosa che il Dal Molin insegna, è che di fronte a interessi superiori la voce della comunità locali, le preoccupazioni ambientali, le rivendicazioni ideali e le proteste dei soliti pacifisti, non contano nulla. Nel caso specifico gli interessi superiori sono sostanzialmente due. Primo, la difesa nazionale: perché nell'ex aeroporto troveranno casa i soldati che ci difenderanno, per il momento, da iracheni e afghani, che come tutti sanno hanno giurato guerra all'Italia, e prossimamente si muoveranno per stabilire un nuovo e più giusto ordine mondiale. Secondo, lo sviluppo economico: perché la base porterà appalti, lavoro, occupazione e quattrini se non per tutti, di sicuro per un buon numero di vicentini.
E allora diciamolo chiaramente, ben venga il Dal Molin. Anzi. Visto che i tempi non sono certo dei migliori, la nostra speranza è che a settembre qualcuno prenda finalmente il coraggio a due mani e osi fare la proposta che nessuno finora ha osato fare. Perché limitarci a fare di Vicenza una delle città più militarizzate d'Italia? Perché non pensare in grande, e puntare a diventare la capitale militare della penisola, anzi, del continente? In fondo, gli alleati americani, a cui dobbiamo eterna fedeltà e ossequiosa accondiscendenza, potrebbero voler riunire anche qualche altra brigata, oltre alla 173° aviotrasportata. Da noi gli spazi non mancano: c'è una zona industriale che sta perdendo pezzi e che potrebbe essere riconvertita senza neanche preoccuparsi di noiosità come l'impatto ambientale; ci sono lotti di campagna che aspettano da anni la possibilità di essere edificati e di accogliere nuovi e redditizi dormitori; e ci sono le basi dei colli che ultimamente sono sottoutilizzate e che meriterebbero ben altro destino, anche per fare da volano a tutta l'economia dell'area berica. Vogliamo mettere il ritorno di immagine, di attenzione e di denaro che ci sarebbe con una scelta del genere?
Sia chiaro, non c'è mica solo il Dal Molin. Per restare alla stretta attualità , nei prossimi giorni la regione dovrebbe esprimersi sull'impianto di smaltimento rifiuti progettato dalla Wisco ai Ferrovieri. Anche qui, è il caso di guardare in faccia la realtà , e riconoscere una volta per tutte che lo smaltimento dei rifiuti è un dovere per qualsiasi società che voglia definirsi civile, e soprattutto che gli affari sono affari. I cittadini, come al solito, non vogliono capire che la loro opinione è ben accetta solo se espressa una volta ogni cinque anni all'interno delle limitate possibilità contenute in una scheda elettorale, ma che poi è meglio che non si occupino di cose più grandi di loro come la salute e la vivibilità dei loro quartieri, ché fanno più danni che altro. Le amministrazioni locali, purtroppo, in questo caso sembrano dargli corda: quindi non ci resta che affidarci alla Regione, che in passato si è già dimostrata in tante occasioni giustamente comprensiva per le richieste del mercato e degli investitori. Speriamo che il caldo d'agosto non faccia venire ai frequentatori di palazzo Balbi strane tentazioni giacobine, e che la giunta faccia quello che tutte le persone di buon senso si attendono, cioè dare il via libera ad un'operazione che porterà appalti, lavoro e occupazione.
Saltando di rifiuto in rifiuto, come non parlare dell'inceneritore. Anche qui, è ora di dire chiaramente che tutti devono assumersi le proprie responsabilità . E visto che di ridurre la montagna di rifiuti che produciamo non c'è proprio nessuna voglia, e che le scoasse da qualche parte bisogna pur metterle, l'unica, sempre con sano realismo, è puntare sull'inceneritore. Anzi, sul termovalorizzatore: attira finanziamenti, fa sparire l'odiata immondizia (con l'eccezione di qualche migliaia di tonnellate di scorie in parte tossiche, ma non è il caso di soffermarsi sui dettagli) e produce pure energia a basso costo, tutto in modo assolutamente pulito e rispettoso dell'ambiente. Che cosa chiedere di più? L'ideale, se solo ci fosse un briciolo di coraggio in giro, sarebbe piazzarne uno sotto piazza dei Signori, con il comignolo mascherato all'interno della torre Bissara, in un avveniristico e unico connubio tra storia, arte, tecnologia e ambientalismo che potrebbe fare di Vicenza un'attrazione globale.
Se solo ci fosse la capacità di fare squadra e creare sinergie, poi, si potrebbe proporre il vicentino anche come sede di una delle centrali nucleari da realizzare in Italia. O addirittura, perché no?, di tutte e quattro. Il nucleare, si sa, richiede, grandi quantità d'acqua, e la nostra provincia è uno dei serbatoi idrici più ricchi d'Europa: perché sperperare tutta questa ricchezza invece di farla fruttare? In fondo, ormai le centrali sono supersicure, e averne tre o quattro in Slovenia o tre o quattro sotto casa non fa poi molta differenza. Anche perché siamo tutti stanchi di pagare una bolletta energetica più cara dei nostri vicini solo per una scelta fatta vent'anni fa sull'onda emotiva del disastro di Chernobyl e che ormai non ha alcun motivo di sussistere. In Italia si ignorano tutti i referendum, possibile che l'unico ancora rispettato debba essere proprio quello sul nucleare, che blocca investimenti, ricerca e sviluppo? Basta con questi timori insensati: proponiamoci come futuro centro energetico e tecnologico del paese, facciamo costruire le centrali da quattro archistar e cerchiamo di sfruttarle anche dal punto di vista turistico con una campagna pubblicitaria aggressiva e uno slogano d'impatto: "La città del Palladio è proprio una bomba!".
Ah, ci stavamo dimenticando le infrastrutture. In questo campo il ritardo di Vicenza è ormai insopportabile, e anche qui ci vuole un deciso cambio di passo. Per recuperare, non basta certo la Tav, che comunque deve essere una priorità , né la Valdastico Sud, fondamentale per il collegamento strategico con il Polesine, né il sistema di tangenziali, che finalmente snellirà un po' il traffico caotico tra Vicenza est e Grisignano e tra Montecchio e Montebello. Come minimo, ci vogliono anche la Valdastico Nord e l'Autostrada della Valsugana, perché è assurdo che due vallate di montagna che potrebbero raggiungere i livelli di sviluppo del Brennero siano state ignorate così a lungo, e la Pedemontana. Come minimo. Poi ci vorrebbe una tangenziale attorno a ciascuno dei tanti centri cosiddetti minori, ma che minori non sono, della nostra provincia: Schio, Thiene, Bassano, Valdagno, Arzignano, Chiampo, Montecchio, Marostica, Sandrigo, Lonigo, Noventa e tutti gli altri centri che superano i diecimila abitanti. E bretelle per collegarli l'uno all'altro. E microtangenziali per i centri minori. Solo così si potrà finalmente superare la paralisi che tutti conosciamo, e realizzare una mobilità efficace e veloce per tutti.
Insomma, l'avrete capito. Al ritorno dopo le ferie sogniamo di trovare una città che la smetta di blaterare di proposte idealistiche che non hanno nessun contenuto pratico e nessuna fattibilità , e si concentri sulla realtà concreta delle cose da fare. Solo così vivremo tutti più ricchi e felici. Beh, forse non proprio tutti più ricchi, solo qualcuno. E forse neanche così felici, a ben guardare. Machisseneimporta.
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