Un morto all'ILVA, per Langella "la sicurezza nei luoghi di lavoro è drammatica. Così come l'indifferenza che abbiamo provato con VicenzaPiù per la Marlane Marzotto"
Domenica 18 Settembre 2016 alle 16:21 | 0 commenti
Caro direttore, la situazione della sicurezza nei luoghi di lavoro è drammatica. Così come l'indifferenza. Anche tu e noi l'abbiamo provata sulla nostra pelle durante durante la campagna di informazione per la strage di lavoratori alla Marlane Marzotto. Oggi ci si batte il petto per i lavoratori morti all'ILVA, a Piacenza, a Roma, a Trieste. Ma ogni giorno è la stessa storia. Ormai i lavoratori sono considerati ingranaggi e le conquiste ottenute con la lotta sono dimenticate.Dobbiamo riprendere in mano seriamente la questione delle condizioni del lavoro (dalla sicurezza ai diritti negati). Lo dobbiamo fare direttamente, senza aspettare che sia "il sindacato" a farlo. La questione, oltre che di civiltà è politica. Incalziamo la sinistra (se esiste ancora) e la cosiddetta "società civile", così attente ai diritti civili individuali, a operare in questa direzione. Anche la campagna referendaria per il NO alla riforma costituzionale può essere un modo di ricominciare a lottare per condizioni di lavoro più umane. Quelle che sono garantite da una Costituzione bellissima che governo, confindustria, JP Morgan, banchieri vari, USA ecc. vorrebberro stravolgere con una riforma orrenda nella forma e nei contenuti.
Ma torniamo da dove siamo partiti, l'ennesima vittima del lavoro. Altri morti sul lavoro, all'ILVA di Taranto, vicino a Trieste, nel deposito ATAC sulla Roma-Viterbo. Così i giornali si accorgono di quello che succede nei luoghi di lavoro. Così dal Presidente Mattarella al Presidente del Senato Grasso, al Presidente della Puglia Emiliano si leva un coro di indignazione. Così Fim, Fiom e Uilm proclamano un'ora di sciopero. Finalmente ci si accorge che, in Italia (paese considerato civile) si muore di lavoro, sul lavoro e per difendere il lavoro come è successo a Piacenza.
L'indignazione è un passo avanti così come lo è dare notizia di questi fatti. Ma già domani, quando la notizia sarà superata da altri eventi, chi si ricorderà che da inizio anno ci sono stati 464 morti da infortuni nei luoghi di lavoro e che sono oltre 960 i decessi se si considerano anche quelli avvenuti sulle strade e in itinere? E il governo, così impegnato a stravolgere la Costituzione, vorrà imporre le leggi e farà rispettare le regole che potranno per lo meno limitare queste tragedie? I responsabili di questi veri e propri assassinii saranno condannati o tutto finirà in prescrizione, risolto con ridicole assoluzioni perché “il fatto non sussiste†o con risarcimenti economici? Ci sarà ancora qualcuno che lotterà per cambiare un modello di sviluppo spaventoso come quello nel quale siamo costretti a vivere e che considera la sicurezza nei luoghi di lavoro un costo che si può e si deve tagliare? Un modello perverso nel quale chi vive del proprio lavoro viene considerato nulla più che un ingranaggio di un meccanismo che serve a produrre il profitto di qualche padrone?
Probabilmente tra poco tutto sarà dimenticato, giustificato dalla “convinzione†che gli infortuni sul lavoro siano dovuti a “tragica fatalità †e che non ci sia nulla da fare se non pronunciare frasi di circostanza. O che le tragedie sul lavoro sono inevitabile conseguenza del progresso. Tutto ritornerà nella normalità di un silenzio che uccide la realtà . Tutti si sentiranno assolti. Chi ha ucciso, chi ha giustificato, chi è rimasto indifferente, chi ha espresso “profondo cordoglioâ€.
Noi comunisti continueremo a lottare. Non ci sentiamo “assolti†né “assolviamo†nessuno dei colpevoli. Per noi comunisti la sicurezza sul lavoro oltre ad essere una questione di civiltà , è un obiettivo prioritario. Il documento approvato dall'assemblea nazionale del PCI è chiarissimo in tal senso.
Si finisca di battersi il petto quando le tragedie sono già avvenute facendo finta di fare qualcosa. Si smetta di spendere miliardi nell'acquisto di strumenti di morte come gli F35 o le portaerei, si finisca di investire risorse nelle cosiddette “operazioni di peace keeping†che sono null'altro che operazioni di guerra travestite con conseguenze devastanti.
Lo Stato intervenga direttamente nel mondo in maniera seria. Non lasci in mano a imprenditori senza scrupoli la vita di chi vive del proprio lavoro ma ne diventi garante attuando la Costituzione nata dalla Resistenza. Se utile alla collettività espropri le imprese private, faccia applicare le leggi e le regole, garantisca un lavoro sicuro e giustamente retribuito a tutti i cittadini, colpisca severamente e senza attenuanti i colpevoli degli assassinii sul lavoro e per il lavoro.
La sicurezza del lavoro e nel lavoro non ce la regalerà nessuno. Tanto meno “lorpadroniâ€. Dobbiamo conquistarcela con la lotta.
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