Serenissima a rischio svendita, galeotta fu Infracom
Giovedi 1 Ottobre 2009 alle 19:46 | 0 commenti
Il debito della società è alle stelle, e gli enti locali, Provincia di Vicenza in testa, sono stufi di pagarne gli oneri. All'origine c'è il finanziamento del gruppo partecipato dal bresciano Gambari
Serenissima di nome ma non di fatto. I 182 km lungo i quali si snoda la concessione della società autostradale Brescia-Padova sono lastricati di problemi finanziari. Già , perché ormai da anni sulle autostrade italiane corre un groviglio di interessi pubblici e privati che ha perso di vista l'originaria mission per farne oggetti d'investimento, con banche, fondi e imprese che sgomitano per spartirsi la torta d'asfalto.
La Brescia-Padova ha accumulato un indebitamento di 162 milioni di euro (su cui sarebbe il caso di chiedere chiarimenti non solo all'attuale vertice, ma anche all'ex presidente, l'onorevole leghista Manuela Dal Lago). Un debito in gran parte contratto col gruppo bancario Intesa-San Paolo (titolare del 6% del capitale). La causa? L'alimentazione artificiale della controllata Infracom, travagliata compagnia di telecomunicazioni, settore non propriamente attinente con lo scopo primario di un'autostrada. Tra i soci di Infracom è presente l'imprenditore bresciano di simpatie berlusconiane Rino Mario Gambari, a sua volta oberato di debiti (230 milioni) con Mediobanca e Abn Amro per arrivare ad acquisire il 24,3% di Serenissima. Finora gli oneri dell'indebitamento sono stati pagati coi dividendi dei pedaggi, ma alcuni enti locali hanno deciso di dire basta all'andazzo perché divenuto insostenibile per le loro casse. Così, a cominciare dal presidente di Serenissima, Attilio Schneck, stufo di far sborsare alla Provincia di Vicenza a cui è a capo oneri per più di un milione di euro all'anno, è stata lanciata la messa in vendita delle partecipate (4,23% di Autobrennero, 19% di Venezia-Padova, 2,62% del Cisa, 13% del Centro Padane, 0,42% di Autovie Venete) e soprattutto del 12% del capitale. La Provincia berica, che in tutto possiede l'8,86%, intende dismettere il 2,86% (l'ultimo shopping della Dal Lago era stato del 3,86%, per un valore di 30 milioni di euro). Il consiglio comunale di Vicenza ha già dato mandato al sindaco Achille Variati di mettere sul mercato il 3,55% per ricavarci 40 milioni di euro, restando con l'0,30%. La Camera di Commercio vicentina vuole passare dall'1,20% allo 0,01%, ma è da due anni che l'offerta è lì e non se l'è filata nessuno. La difficoltà , che Schneck ha ben presente, è proprio di trovare acquirenti ad un prezzo che eviti il rischio di far rimettere troppi soldi agli azionisti pubblici che detengono la maggioranza (59%). Privati interessati ad occuparne il posto ce ne sono: c'è il gruppo Gavio, e ci sono, alleati e intrecciati fra di loro e già scalpitanti, il fondo di infrastrutture F2i di Vito Gamberale e la Cis (Compagnia Investimenti Sviluppo) del veronese Bruno Tosoni. Rassicurati dal ministro Altero Matteoli, Gamberale&C sono fiduciosi che l'Unione Europea chiuderà positivamente la procedura d'infrazione aperta contro il rinnovo della concessione fino al 2026 (legata al completamento della Valdastico Nord). Senza rinnovo, infatti, nessun business è possibile, perché la scadenza naturale è nel 2013, che è come dire domani.
Il fatto è che fra debiti, ricapitalizzazioni annunciate (a fine anno serve un'iniezione di liquidità di non meno di 150 milioni di euro) e investimenti obbligati (il piano finanziario è da 3 miliardi di euro), si prevedono bilanci magri per gli anni futuri. Il che potrebbe fornire il pretesto per svendere ai privati, i quali potrebbero mettersi d'accordo con le banche, Intesa in testa, che diventerebbero le vere padrone del risiko autostradale. E i cittadini-utenti continueranno a pagare, probabilmente di più.
A.M.
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