Profumo sfiduciato:Unicredit,Lega contro Libia
Martedi 21 Settembre 2010 alle 23:56 | 0 commenti
Rassegna.it - Le deleghe di ad assegnate al presidente Rampl, dopo la controversia sul ruolo degli investitori libici. Profumo: "Mi mandano via, forte amarezza". Sullo sfondo la Lega, che attacca la Libia e va all'assalto delle banche del Nord
Finale di giornata col giallo sul fronte Unicredit. Dopo quattro ore di riunione, e un durissimo scontro che ha visto al centro l'amministratore delegato Alessandro Profumo, il cda della banca ha sfiduciato Profumo assegnando le deleghe di Ad al presidente Dieter Rampl.
Nel corso della giornata si era accreditata l'ipotesi che Profumo stesse per rassegnare le dimissioni dalla guida del gruppo bancario, addirittura anticipando il Cda serale e lo scontro con gli altri consiglieri. Ma non è andata così. Dopo essersi consultato con i suoi avvocati, il manager ha adottato un'altra strategia andando allo scontro in Cda, dove si sono affrontate due cordate opposte.
Al centro dello scontro la questione degli azionisti libici. Il 4,58% del gruppo è in mano alla Banca centrale libica dal 2008, ma adesso il fondo sovrano Libyan Investment Authority otterrà il 2,59%. Nella controversia i soci storici della banca considerano i libici come investitore unico, soggetto alla limitazione al 5% nel diritto di voto, al contrario dell'orientamento di Profumo. L'appoggio del presidente Rampl ai vecchi azionisti ha aperto lo scontro a Piazza Cordusio. In tutto i libici sono al 7,58%, operazione portata avanti con l'assenso di Profumo, a cui i soci avevano chiesto invece di fermare la partecipazione di Tripoli.
In realtà , però, dietro questa situazione si allunga l'ombra della Lega. Secondo le indiscrezioni della stampa, attualmente il Carroccio è impegnato nel tentativo di estendere la sua influenza sulle banche del Nord, come peraltro già detto apertamente da Bossi. All'interno di Unicredit c'è anche uno scontro politico, dunque, lo dimostrano le dichiarazioni del governatore del Veneto, Luca Zaia, che ha attaccato la presenza dei libici: è "una scalata bella e buona, da contingentare", ha detto.
"Mi mandano via". Sono queste le poche parole, riportate dal Corriere della Sera, che l'ad avrebbe confidato ad un amico già domenica, riferendosi alle pressioni di alcuni grandi azionisti della banca. Profumo "non cede - ha scritto il Corriere - alla tentazione di rassegnare subito le dimissioni", preferendo "aspettare il Consiglio di amministrazione", ma non nasconde "la forte amarezza per essere trattato così, dopo quindici anni" di dedizione assoluta alla "sua" banca.
"Amarezza", ripete, anche per il "rapporto personale con Rampl", andatosi deteriorando fino alla rottura, prosegue il Corsera. Profumo, riferisce il quotidiano di via Solferino, "si rammarica con i suoi dell'incomprensione delle Fondazioni che temono di venir scalzate dai fondi del governo di Muammar Gheddafi, ma riconosce di non essere riuscito a comunicare nei tempi e nei modi giusti le scelte fatte "solo nel nome della stabilità della banca". E, spiega alle persone a lui più vicine, "non si capisce" perché "la polemica sui libici si sia spostata a quella sulla redditività ". Unicredit, sostiene il suo amministratore delegato, fa meglio dei suoi concorrenti e tenuto conto dei tempi difficili "c'è di che essere soddisfatti".
Pd, in gioco l'indipendenza dalla politica
Dall'opposizione è intervenuto il parlamentare del Pd, Matteo Colaninno, intervistato oggi da Radio24. Lo scontro dimostra una "pesante regressione del mercato finanziario italiano ad una decina di anni fa. E' in gioco l'indipendenza del sistema bancario dalla politica e comunque l'indipendenza di fare banca da logiche che nulla hanno a che fare con l'esercizio dell'attività finanziaria. Questo è in gioco con il rischio delle dimissioni Profumo". Il rischio, a suo giudizio, è "far tornare indietro agli anni ante novanta il sistema bancario italiano dove c'era la politica che entrava nelle banche, con il risultato che le banche non avevano nè la stessa attrattività rispetto agli investitori che hanno oggi, nè la stessa redditività ".
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