Nuova Valsugana, un affare per pochi
Domenica 27 Settembre 2009 alle 08:00 | 0 commenti
Articolo estratto dal numero 164 di VicenzaPiù, che potete trovare in edicola a 50 centesimi e, da oggi, in distribuzione gratuita in diversi locali ed esercizi pubblici cittadini o scaricabile in pdf da questo sito.
Analisi del progetto della nuova superstrada tra Marostica e la Valbrenta: l'impatto ambientale, gli intrecci tra politica e imprenditoria, le preoccupazioni per il pedaggio, l'allarme dei residenti
Con una similitudine ardita quanto efficace, il sindaco di Bassano Stefano Cimatti l'ha paragonata ad una ipotetica strada che si proponesse di collegare Mestre con il Lido, passando sopra alla laguna e al centro storico di Venezia, con tanto di piloni piazzati nel cuore di piazza San Marco. Fuor di metafora, e trasportando tutto nel bassanese, il punto di partenza diventa la splendida zona collinare attorno a Marostica, il punto di arrivo il cuore della Valsugana, e il "mostro" il viadotto alto più di trenta metri sopra il Brenta. Il progetto è ovviamente quello della nuova superstrada della Valsugana, un'ipotesi di project financing spuntata a cavallo tra luglio e agosto nei corridoi della regione e che ha messo in allarme tutti gli amministratori della zona, riaprendo una questione che si trascina da decenni.
La storia
Il problema del traffico all'interno della Valbrenta, e della strozzatura all'altezza di San Nazario è, in effetti, una delle eterne incompiute della politica provinciale e regionale. Se ne parla da anni, ma le soluzioni sono ancora tutte sulla carta. Negli ultimi tempi, però, qualche passo avanti c'era stato: i comuni della zona, con il coordinamento della Provincia, erano arrivati ad una proposta condivisa, il cosiddetto tracciato in sinistra Brenta, chiamato così perché dalla zona di Rivalta- Pian Dei Zocchi avrebbe dovuto ricongiungersi con Pove e quindi con la tangenziale est di Bassano correndo sempre lungo la sponda sinistra del fiume, in buona parte in galleria (un tracciato per cui, tra le altre cose, si è già speso oltre un milione di euro in progettazione). Il guaio era che il costo previsto superava i 700 milioni di euro, e i finanziamenti non sono mai arrivati. Di Pietro, nei suoi ultimi mesi come ministro delle infrastrutture, aveva inserito la Valsugana nell'elenco delle grandi opere, ma le elezioni e il cambio di maggioranza hanno bloccato tutto. E così adesso, dal cappello a cilindro della politica, è sbucato fuori un nuovo project financing che, nelle intenzioni dei promotori, dovrebbe sbloccare un impasse lungo decenni.
Sorprese d'agosto
La proposta è arrivata in Regione ai primi di luglio, presentata da un'associazione temporanea di imprese di cui fanno parte quattro colossi del mondo delle costruzioni e dell'imprenditoria del Nordest (Mantovani, Cordioli, Pizzarotti e la Compagnia Investimenti e Sviluppo). La giunta ha dato un primo parere favorevole agli inizi di agosto. Pubblicando, come impone la legge, un bando per verificare se ci sono altri progetti migliorativi della proposta presentata. Ma appena la notizia è trapelata si è scatenato il finimondo. E non è difficile capirne i motivi. Sindaci e cittadini si sono schierati compatti contro un progetto che hanno scoperto sfogliando i giornali del mattino, senza mai esser stati consultati, e che considerano devastante per un territorio tanto complesso quanto fragile.
Intendiamoci. Da quelle parti sono tutti convinti che risolvere l'imbuto viario della Valbrenta sia una priorità . "Ci sono 20 mila passaggi al giorno, secondo noi anche qualcuno in più - osserva Roberto Sessi, presidente del Comitato Salvaguardia Valbrenta, un gruppo che riunisce i comitati spontanei della zona e che segue con particolare attenzione le tematiche ambientali -; e il 30-35 per cento di questi sono mezzi pesanti. La domenica siamo segregati in casa, da metà pomeriggio in poi non possiamo più uscire. E se succede un incidente, come è accaduto in agosto, non ci si muove più, letteralmente: se un anziano dovesse sentirsi male bisognerebbe portarlo via con l'elicottero". Il problema, quindi, riguarda il come intervenire, e qui cominciano i dolori. Perché il tracciato proposto con il project financig è più lungo del precedente, attraversa zone che l'altro non toccava, prevede tre gallerie e tre attraversamenti del Brenta di cui uno con un viadotto. Il tutto per un tracciato di 18 chilometri de realizzare con una spesa complessiva di circa 720 milioni di euro. "Una cosa folle, sconvolge la valle", commenta Sessi, interpretando uno stato d'animo diffuso tra i residenti della zona. Tracciato che, una volta ultimato, sarebbe a pedaggio (non per i residenti, almeno inizialmente). E anche questa è una sorpresa che è stata poco gradita.
Le critiche
Tra i più attivi nel mobilitarsi contro questa inattesa novità , ma l'elenco è lungo, c'è il consigliere regionale (e consigliere comunale a Bassano) Raffaele Grazia, ex uomo di punta di Forza Italia poi passato con i carolliani, che in Regione ha presentato un'interrogazione e chiesto una convocazione straordinaria del consiglio di palazzo Balbi (in programma il 30 settembre). "Un progetto distruttivo per il territorio, inutile e irragionevole", ha commentato a caldo. A noi spiega che sono molte le cose che non vanno. "È un progetto fuori da ogni regola. Non c'è, e questa è una cosa grave, nessun tipo di rispetto e di tutela per l'ambiente: ad esempio si violano le direttive del ministero per l'ambiente secondo cui non si possono più realizzare ponti sul Brenta; sembra quasi che l'abbiano fatto senza aver mai visto la zona". E poi aggiunge. "Inoltre non c'è stato un minimo di condivisione, neanche una telefonata. E mi domando anche perché il bassanese debba essere destinato a pagare, nel tempo, tutte le strade. Avevamo la Gasparona, e con la Pedemontana diventerà a pagamento. Lo stesso con la Valsugana: che federalismo è?".
La difesa
Di fronte alla mobilitazione, l'assessore regionale Chisso ha usato parole tranquillizzanti. Riassumibili, sostanzialmente, così: quel progetto è solo un punto di partenza per la discussione, niente di definitivo, e niente verrà fatto senza il consenso degli enti locali. Al tempo stesso, però, ha ribadito un concetto chiave: di soldi pubblici non ce ne sono a sufficienza, e quindi l'apertura ai privati è una strada obbligata. "La realizzazione della Pedemontana veneta a pedaggio in tempi ormai certi rende indispensabile il superamento della strozzatura di San Nazario, che impedisce alla Valsugana di esprimere le sue potenzialità come superstrada di collegamento verso Trento e l'Europa - ha dichiarato in un comunicato della Regione -. Noi vogliamo dare una risposta certa in una situazione d'incertezza". E poi ancora: "Su San Nazario c''è un progetto ANAS, frutto di un'iniziativa della Provincia sostenuta dai comuni e anche da Regione, che richiede un investimento di circa 700 milioni di euro, ma per la cui realizzazione lo Stato non mette a disposizione tutti i finanziamenti, metà dei quali, sarebbero a carico delle comunità locali. Il Project Financing presentato alla Regione consente di rispondere a questa esigenza con il minimo impatto ambientale e la massima rispondenza alle esigenze del traffico sia di transito sia locale. [...]". Insomma, la Regione è intenzionata ad andare avanti. E i punti critici restano.
Il capestro
Il primo riguarda la modifica del tracciato. La scelta di passare sulla sponda sinistra del Brenta sembrava ormai una scelta acquisita: era il tragitto più breve, più economico e meno impattante. Invece la nuova proposta parte dai dintorni di Marostica, e così facendo attraversa obbligatoriamente sia le colline tra la città della partita a scacchi e quella del Ponte degli Alpini, sia il fiume. E sono in molti a chiedersi il motivo di una scelta di questo tipo, che tre le altre cose coinvolge un numero ben maggiore di comuni, con tutte le difficoltà burocratiche che questo può comportare. Vero che così ci si ricollega in modo più diretto alla futura Pedemontana, ma la cosa tornerebbe utile solo ai vicentini. "Per tutto il traffico che viene o che è diretto verso il Padovano e il Trevigiano, ed è la maggioranza del traffico pesante, questo percorso non serve - osserva Roberto Sessi -. Si troverebbero a percorrere un strada più lunga, e per di più a pagamento: chi glielo fa fare? Non ha proprio senso". Non solo: la Regione, aprendo un bando di gara sul tracciato proposto dall'associazione temporanea di imprese, ha messo in moto un processo da cui appare difficile tornare indietro. Perché anche se nel giro dei novanta giorni concessi per legge si presentassero dei concorrenti, questi dovrebbero comunque elaborare un progetto relativo al nuovo tracciato, da Marostica a Rivalta. "Il tratto sinistra Brenta su cui c'era l'accordo di tutti non rientra nel bando - spiega ancora Grazia -. Questo è un cappio al collo che non ci togliamo se non c'è la revoca della delibera".
Le triangolazioni
L'altro aspetto su cui sono puntati i riflettori della critica è il chi ha presentato la proposta. All'interno dell'associazione temporanea di imprese ci sono infatti molti nomi ricorrenti nei grandi cantieri eseguiti in regione. La Mantovani è una importante impresa di costruzioni padovana che ha lavorato al nuovo ospedale di Mestre (anche questo un project financing, uno dei più importanti a livello europeo) e al passante di Mestre. Nel caso dell'ospedale di Mestre, l'opera è stata realizzata in collaborazione con il gruppo Astaldi, con la Mattioli (altra grossa impresa di costruzioni padovana), la Cofathec, il gruppo Gemmo Impianti e lo studio Altieri. Per quanto riguarda la Valsugana, invece, accanto alla Mantovani ci sono la Pizzarotti un altro colosso del campo delle costruzioni, con appalti in tutta Italia e una consolidata tradizione di lavoro con le forze statunitensi di stanza nel nostro paese (è la ditta che avrebbe dovuto costruire il nuovo villaggio americano di Quinto, e che ha lavorato al nuovo albergo e al nuovo centro sanitario all'interno della Ederle); la Cordioli Spa, impresa di ingegneria meccanica specializzata nella realizzazione di capannoni industriali e infrastrutture in acciaio, anche questa impegnata nella costruzione del nuovo ospedale di Mestre; e il Cis, la compagnia Investimenti e Sviluppo, una holding finanziaria con sede a Verona che raggruppa molte realtà importanti dell'economia del Nordest e che ha messo gli occhi sul business delle autostrade in Veneto. Tra gli oltre 150 soci del Cis - banche, assicurazioni, finanziarie, privati -, i principali sono la Pizzarotti, la finanziaria trentina Isa, e la Rubener Holding, seguiti a breve distanza dalla finanziaria regionale Veneto Sviluppo, presieduta da Irene Gemmo. Il vicepresidente di Cis è inoltre Lia Sartori, politicamente molto vicina sia al governatore Giancarlo Galan che ad Irene Gemmo.
E gli intrecci non finiscono qui. La Mantovani era anche nel gruppo di aziende che aveva costituito il consorzio per la realizzazione della superstrada Pedemontana Veneta, insieme ad Impregilo (le due hanno collaborato anche per il passante di Mestre), Autostrada Brescia Padova, Maltauro, Carron, Vittadello e altre. E il project financing per la Valsugana è spuntato pochi mesi dopo che il Tar ha assegnato i lavori della Pedemontana ad un gruppo spagnolo, lasciando a bocca asciutta il consorzio italiano che si era aggiudicato l'appalto in prima battuta.
Con questa situazione viene facile ai critici annotare che, perso l'affare Pedemontana, se ne è subito cercato un altro con la Valsugana. E sottolineare, come fa Raffaele Grazia, la presenza di "strane triangolazioni che non si possono non rilevare". Il riferimento è alla Regione, che è al tempo stesso azionista di Veneto Sviluppo, che a sua volta controlla una quota significativa del Cis ad ha un legame molto stretto con uno dei suoi vicepresidenti, e organo che deve decidere della sorte di un progetto presentato proprio da Cis, in collaborazione con altre società . Una matassa decisamente ingarbugliata che potrebbe, forse, sbrogliarsi a novembre, quando si saprà se ci sono altri progetti concorrenti. E quando si capirà qualcosa in più sulla sorte del project financing.
Luca MatteazziÂ
Dieci domande
a Chisso e Galan
Sul nuovo progetto per la Valsugana il consigliere regionale Raffaele Grazia ha presentato un'interrogazione che mette in evidenza le principali questioni critiche. Eccole.
1- Perché non è stata presa in considerazione la proposta concertata e approvata in modo unanime dagli enti locali interessati dal tracciato?
2- Perché non si sono consultati i sindaci, la Comunità montana del Brenta, l'Amministrazione provinciale di Vicenza?
3- Come mai le sopradette imprese, in data 1° luglio 2009, congiuntamente hanno presentato alla Regione del Veneto una proposta di finanza di progetto, relativa alla progettazione, costruzione e gestione dell' "Itinerario della Valsugana Valbrenta-Bassano Ovest - Superstrada a pedaggio"?
4- Le stesse si sono riunite in modo autonomo o sono state "sollecitate" da qualcuno?
5- E' vero che sono già stati spesi 18,2 milioni di euro?
6- Se sì, hanno deciso autonomamente di assumersi un rischio di impresa di tale dimensioni o hanno ricevuto assicurazioni, da soggetti ignoti, che quei soldi sarebbero stati abbondantemente recuperati ovviamente a carico dei contribuenti?
7- Perché ancora una volta il project financing con le caratteristiche ben note che si porta dietro?
8- Perché tale progetto ha totalmente ignorato le ferree indicazioni fornite dal Ministero dell'ambiente in merito alla negazione di ulteriori attraversamenti viari del fiume Brenta?
9- La Giunta regionale si è recata in loco per un sopralluogo prima di approvare la delibera del project financing?
10- Uno dei soggetti proponenti ha tra i suoi amministratori, in qualità di vice-presidente, un importante politico europeo. Chi ha nominato tale politico in quel Consiglio di amministrazione, soggetti pubblici o privati?
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