No, così non va! Prendiamo ad esempio due fatti sulle prime pagine: Mastrotto e Penati
Lunedi 29 Agosto 2011 alle 21:08 | 0 commenti
Giorgio Langella, PdCI, FdS - Si può continuare ad avere un minimo di speranza in Italia? Prendiamo ad esempio due fatti che sono sulle prime pagine dei giornali. Il primo riguarda l'indagine della Guardia di Finanza sul Gruppo Mastrotto. Si pagano in nero i lavoratori, si vendono in nero le merci, si trasferiscono all'estero (nei paradisi fiscali) centinaia di milioni di euro, si evade il fisco per decine e decine di milioni di euro. Prima arrivano, da varie parti, le giustificazioni. O meglio, le dichiarazioni di noti esponenti politici vicentini che quanto è successo è comprensibile.
Lo fanno tutti ... le tasse sono troppe e, se si vuole rimanere sul mercato, si deve agire così ... non è giusto ma è la realtà del "sistema della concia" (e magari anche di altri "sistemi"). Poi arriva l'intervista dei fratelli Mastrotto al giornale dell'associazione industriali vicentina. E si legge che i milioni "pretesi" dal fisco non sono 106 ma "solo" 53 (e 12 milioni circa ai fini IVA, 8,8 milioni ai fini di ritenute fiscali sulle retribuzioni, 33 milioni di imponibile IRES ... ma allora il totale non è di circa 106 milioni?), che in nero si pagavano solo gli straordinari (anzi solo una piccola parte, cifre irrilevanti ... 8,8 milioni di euro in 5 anni) che il miliardo e trecento milioni di euro trasferiti nell'isola di Man (un paradiso fiscale) non sono così tanti (forse) ed erano necessari per l'internazionalizzazione del gruppo ... e i Mastrotto precisano che hanno già espresso la volontà di "aderire alle pretese dell'ufficio e chiudere il contenzioso" (allora, forse qualcosa di vero, nelle "pretese" della Guardia di Finanza, c'è). Ma il vertice lo si raggiunge quando i Mastrotto affermano che i rilievi in questione riguardano più anni (e ci mancherebbe ...) e che, rispetto al fatturato del gruppo, sono cifre irrilevanti, qualche punto percentuale. Se il reato c'è è "piccolo". Una peccato veniale. Da scontare, al massimo, con il pagamento di qualche multa. Imbarazzante che, anche di fronte alla chiara presa di posizione di Roberto Zuccato (presidente dell'associazione industriali di Vicenza, al quale va dato atto una coerenza che spesso è latitante a Vicenza e in Italia), ci si giustifichi in questa maniera. E non si provi neppure un minimo di vergogna. Questa maniera di affrontare le cose è emblematica di come vanno le cose in Italia (in tutta Italia). Si commettono reati, poi, una volta scoperti, si "collabora" (ma fino a un certo punto), si capisce, si giustifica, si minimizza, si dà la colpa allo Stato troppo invadente, ci si assolve. Intanto i soldi sottratti alla collettività restano dove sono. Inizia un lungo iter che finirà chissà quando. E chi ha commesso gli "sbagli" (lorsignori chiamano così i reati) è colpevole in maniera inversamente proporzionale alla propria ricchezza. Un sistema che deve essere abbattuto, cancellato, distrutto.
Il secondo riguarda la vicenda Penati in Lombardia. Viene evidenziato dalle indagini un sistema di tangenti e mazzette che investe un esponente del PD, ex sindaco di Sesto San Giovanni, ex presidente della provincia di Milano, ex candidato presidente alla regione Lombardia, consigliere regionale ecc. ecc. PM che indagano chiedono l'arresto di Penati. Il GIP dichiara che si, sarebbe presumibilmente giusto, ma che non si può per via che i reati sono prescritti. Filippo Penati si autosospende dal PD. Un comportamento certamente diverso da quello al quale ci hanno abituato altri personaggi di altri schieramenti politici (basta ricordare Dell'Utri del PDL condannato in appello ma mai dimissionario da nulla). Ma non basta. Non basta perché ci stiamo abituando al fatto che la politica si faccia principalmente per fare affari. È diventata una cosa normale. Una cosa ovvia. Lo fanno tutti. Tutti i "politici" sono uguali. Una grande nebbia che copre tutto e fa apparire tutti uguali a destra e a manca. Tutti omologati. Non è così. I comunisti italiani uscirono dalla maggioranza della provincia di Milano nel 2008, in aperta polemica con il presidente Penati. La dichiarazione di allora recitava: "Il PdCI ha registrato differenze insanabili di metodo, di merito e di proposta politica con il presidente della Provincia Fillippo Penati". Nelle elezioni regionali i comunisti (PdCI-PRC) non fecero parte della coalizione che appoggiava Penati. Per incompatibilità . Sul caso Penati ci si aspetta chiarezza. In primo luogo dal Partito Democratico. Faccia qualcosa, costringa Penati (anche se si è autosospeso) a rifiutare la prescrizione, a farsi processare. Ne va della credibilità dello stesso PD. È nel processo che Penati potrà dimostrare la propria innocenza. E se sarà giudicato colpevole, dovrà scontare la pena. Tutta, fino all'ultimo giorno. Sarà pesante, doloroso ma è giusto. Altrimenti i cittadini italiani non capiranno la differenza con chi si fa le leggi ad uso personale. Si abbia il coraggio di affrontare anche le questioni più spinose con coerenza e trasparenza. Quando Berlinguer trent'anni fa denunciò la questione morale come male assoluto della nostra democrazia intendeva proprio questo. Per governare l'Italia bisogna essere diversi, non omologati al "sistema". E bisogna sempre denunciare i soprusi e la corruzione, anche se fatta da potenziali alleati o da membri del proprio partito. Anche a costo di restare fuori dai posti di potere. Così come hanno fatto i comunisti nel 2008 a Milano e nel 2009 in Lombardia.
Forse, allora, ci potrà essere ancora speranza per il futuro del nostro Paese.
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