Opinioni | Categorie: Politica

No al cancro valorizzatore

Di Alessio Mannino Martedi 6 Ottobre 2009 alle 17:44 | 0 commenti

 

Il Comune dice "ni", la Provincia dice sì. Di inceneritore (chiamarlo termovalorizzatore è un rassicurante eufemismo) a Vicenza si parla da anni. Almeno dal 2004, quando la Regione Veneto partorì un piano rifiuti che ne prevedeva tre di nuovi, di cui uno al confine fra vicentino e veronese, oltre ai quattro già in funzione (Fusina nel Veneziano, Padova San Lazzaro, Verona Ca' del Bue e Schio). Attualmente una parte della monnezza del capoluogo va a Schio, e con costi elevati pur di non far esaurire troppo rapidamente la discarica di Grumolo. Il modello vagheggiato dai fan delle ceneri puzzolenti è Brescia, dove un terzo del fabbisogno di calore della città viene soddisfatto bruciando reflui domestici e industriali. Ma anche lasciando da parte la condanna dell'Unione Europea beccata dai bresciani per l'illegittimità dei fondi statali Cip6 (sovvenzioni ai gestori privati prelevate direttamente dalle tasche dei cittadini con una tassa del 7% sulla bolletta elettrica, senza la quale questi mostri sarebbero anti-economici), quello che ci si dimentica di dire a proposito di Brescia è che si è riscontrata un'altissima incidenza di tumori al fegato, e nel latte prodotto da aziende locali si sono trovate tracce di diossina.

Perché, e lo scienziato Stefano Montanari assieme ad altri lo ha dimostrato - altro che chiacchiere ideologiche - l'incenerimento dei rifiuti li trasforma in nanoparticelle tossiche, micropolveri che se inalate dai polmoni possono causare cancro, malformazioni fetali, Parkinson, Alzheimer, infarto e ictus. Il processo di lavorazione necessita di sostanze come acqua inquinata (e perciò da depurare), calce, bicarbonato, che aumentano la massa iniziale dei rifiuti. Per dire: da una tonnellata di rifiuti vengono prodotti fumi e 300 kg di ceneri solide, le quali vanno smaltite per legge in una discarica per rifiuti tossici nocivi, rifiuti estremamente più pericolosi delle vecchie discariche. I fumi contengono 30 kg di ceneri volanti cancerogene, 25 kg di gesso. I sostenitori degli inceneritori si fanno scudo del risparmio di emissioni di anidride carbonica (CO2) che incenerire l'immondizia procurerebbe. Non dicono però che tale beneficio è calcolato rispetto alle discariche, e non alle misure alternative come il riciclaggio, che consente risparmi di emissioni di CO2 tre volte superiori (dati della Commissione Europea). Il rendimento di energia è poi un'altra bufala. Si aggira sul 10-20% rispetto al potere calorifero della massa di rifiuti trattata, e, al di là delle polveri sottili e delle tossine, produce una quantità di ceneri tale da richiedere il mantenimento e anzi l'aumento di discariche. La Lombardia, che sul suo territorio ha 13 impianti, ha un contributo di elettricità dagli inceneritori di appena il 2%. La logica della "termovalorizzazione" è quella dell'incremento della quantità di monnezza: più ce n'è, più si lavora, più si guadagna. Tutto il contrario di ciò che si dovrebbe fare, cioè ridurre gli scarti alla fonte. L'incenerimento, quindi, è il metodo di smaltimento più costoso che esista, perché fondato sulla crescita esponenziale. E siccome, affinchè sia garantito un ritorno economico, gli impianti necessitano anche di rifiuti grezzi, non differenziati, questo sistema scoraggia la raccolta differenziata, il riciclo e il recupero. Per tutte queste solide ragioni, l'assessore all'ambiente Antonio Dalla Pozza non dovrebbe prendere le distanze dal cancrovalorizzatore «perché è un ragionamento che deve fare l'Ambito Territoriale Ottimale per i Rifiuti Urbani», trincerandosi dietro il silenzio della Regione «che decide in tema di impiantistica» (La Domenica di Vicenza, 3 ottobre 2009). Se ci tiene alla salute dei suoi concittadini e non si gira dall'altra parte di fronte ai danni ecologici e alle bugie sulla convenienza economica, dovrebbe dire, semplicemente, no. Senza se e senza ma. Magari documentandosi sulle possibili alternative, più salubri, competitive e alcune già sperimentate all'estero (massificazione, dissociazione molecolare, micronizzazione, trattamento meccanico biologico). Ma che hanno il difetto di non ingrassare i costruttori, i gestori e i partiti da loro finanziati.

Alessio Mannino

 


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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