Zanettin, Koris, Miteni, Mcs e Marzotto: la sciarada secondo Follesa
Mercoledi 31 Luglio 2013 alle 10:54No al cancro valorizzatore
Martedi 6 Ottobre 2009 alle 17:44
Il Comune dice "ni", la Provincia dice sì. Di inceneritore (chiamarlo termovalorizzatore è un rassicurante eufemismo) a Vicenza si parla da anni. Almeno dal 2004, quando la Regione Veneto partorì un piano rifiuti che ne prevedeva tre di nuovi, di cui uno al confine fra vicentino e veronese, oltre ai quattro già in funzione (Fusina nel Veneziano, Padova San Lazzaro, Verona Ca' del Bue e Schio). Attualmente una parte della monnezza del capoluogo va a Schio, e con costi elevati pur di non far esaurire troppo rapidamente la discarica di Grumolo. Il modello vagheggiato dai fan delle ceneri puzzolenti è Brescia, dove un terzo del fabbisogno di calore della città viene soddisfatto bruciando reflui domestici e industriali. Ma anche lasciando da parte la condanna dell'Unione Europea beccata dai bresciani per l'illegittimità dei fondi statali Cip6 (sovvenzioni ai gestori privati prelevate direttamente dalle tasche dei cittadini con una tassa del 7% sulla bolletta elettrica, senza la quale questi mostri sarebbero anti-economici), quello che ci si dimentica di dire a proposito di Brescia è che si è riscontrata un'altissima incidenza di tumori al fegato, e nel latte prodotto da aziende locali si sono trovate tracce di diossina.
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