Mps, se il salvataggio del Tesoro non riuscisse: fino a 20 miliardi di debito pubblico in più
Venerdi 23 Dicembre 2016 alle 11:12 | 0 commenti
 
				
		Fino a 20 miliardi di debito pubblico in più. E’ il regalo del governo che gli italiani troveranno sotto l’albero di Natale: e poco importa che per l’ex premier, Matteo Renzi, Mps fosse una banca risanata. Adesso il rischio è che i venti miliardi in più possano tradursi in minor spesa pubblica (se dovessero venire tagliate le emissioni di titoli di Stato) o in maggiori imposte straordinarie (a meno che il Tesoro non riesca a dare un’accelerata alle privatizzazioni che fino ad oggi hanno faticato). L’operazione Salva Risparmio, con cui il governo cercherà di mettere in sicurezza il sistema bancario italiano a cominciare da Mps, potrebbe anche essere un successo, ma in caso di fallimento complicherebbe non poco la situazione dei conti pubblici tricolori.
“Negli Stati Uniti, quando il governo è intervenuto per salvare le  banche è riuscito a guadagnare, ma questa operazione andava fatta prima† dice Stefano Fassina, ex responsabile economico del Pd passato a  Sinistra Italiana. Tecnicamente, dal momento che si tratta di un’operazione  straordinaria – a tutela del sistema economico del Paese, poiché Mps è  la terza banca del Paese – le spese che il governo sosterrà non  entreranno nel conto del deficit 2016. E anche l’impatto sul debito  netto, almeno per il momento, sarà nullo: a fronte di un investimento  dello Stato, infatti, verranno emessi nuovi titoli azionari di pari  valore. I nodi, però, verranno al pettine quando il Tesoro nelle vesti di  azionista dovrà contabilizzare le eventuali perdite. Tradotto, se il  salvataggio del Monte dei Paschi si traducesse in un nuovo flop per  l’Italia sarebbero guai: lo stock di debito pubblico aumenterebbe  all’improvviso e il governo sarebbe costretto a misure straordinarie per  rispettare i vincoli di bilancio europei che obbligano l’Italia alla  costante riduzione del rapporto debito/pil. Nonostante l’ottimismo del ministro del Tesoro, Pier Carlo Padoan, il  debito pubblico proprio non riesce a scendere: nelle previsioni del  2014 sarebbe dovuto calare alla fine del 2017 al 125,9%. Nella migliore  delle ipotesi, invece, scenderà al 132,3%. Troppo poco perché il Fiscal  Compact impone ai Paesi con un rapporto tra debito e Pil superiore al  60%, previsto dai parametri di Maastricht, l’obbligo di ridurrlo  di  almeno 1/20esimo all’anno fino al raggiungimento della soglia prevista.  Tuttavia, in assenza di inflazione (l’aumento dei prezzi fa crescere il  Pil nominale) e di una crescita economica che fatica ad arrivare all’1%,  il numeratore non aumenta e così l’unica strada per far calare il  rapporto è ridurre il denominatore, ovvero il debito. Certo la Bce e Mario Draghi stanno facendo tutto il possibile,  anche con il prolungamento a tutto il 2017, per stimolare l’inflazione e  la ripresa, ma i risultati in Italia ancora non si vedono. Come se non bastasse, il salvataggio delle banche sotto l’albero di  Natale rischia di complicare ulteriormente la situazione. Soprattutto se  Mps e le altre non tornassero a correre. A rendere più intricata la  situazione sono infatti le scadenze politiche: a breve la Ue pubblicherà  un nuovo report sul debito pubblico italiano; entro il 10 aprile il  governo dovrà presentare il Def e per metà ottobre la legge di Bilancio  2018 dovrà arrivare a Bruxelles. Se nel mezzo ci fossero anche le  elezioni politiche e quindi un governo in ordinaria amministrazione, il  clima si farebbe ancora più caldo.
Di Giuliano Balestreri, da Business Insider Italia
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