Matrimonio gay Concia Trautmann: un 'caso'? E cos'è allora il battesimo di Magdi Allam?
Martedi 9 Agosto 2011 alle 20:57 | 0 commenti
Ho letto un articolo del giornalista Luciano Moia su L'Avvenire del 7 agosto e mi permetto, pur senza l'incisività della sua penna, di commentarlo perché ha destato in me quasi un senso di raccapriccio. L'argomento è il matrimonio tra Paola Concia e la Ricarda Trautmanm e non ci si poteva aspettare di meno dal giornale dei Vescovi, che ha, dal mio punto di vista di libero pensatore, tutto il diritto di esprimere le proprie opinioni o le opinioni del magistero della chiesa che rappresenta.
Aggiungo solo che anche gli atei e gli agnostici o non credenti o cittadini diversamente credenti dovrebbero avere non solo il diritto di esprimersi, ma anche il diritto di agire secondo il loro credo o non credo (fatta salva l'incolumità e il rispetto per gli altri, ovviamente).
Nell'articolo viene richiamato il Dettato Costituzionale e in generale le leggi italiane. Ma tutto il Corpus cos'è mai se non la pedissequa conseguenza di imposizioni da parte della chiesa cattolica? E nella fattispecie del matrimonio Concia-Trautmann vorrei sottolineare come, a seguito della consueta levata di scudi da parte delle gerarchie ecclesiastiche e/o della loro stampa, si possa evincere che, come sempre, la chiesa conservi nei suoi giudizi l'antica volontà di coercizione che le è propria. Da qui nasce l'insano giudizio su chi vuol vivere la vita secondo i suoi principi o non-principi e pretende giustamente che i suoi comportamenti siano suffragati e difesi dalla legge di tutti. Perché i fedeli della chiesa cattolica, che sono abituati a essere coerciti, pensano che anche noi liberi pensatori, quando chiediamo una legge a difesa del nostro agire, intendiamo coercire gli altri, livellandoli al nostro comportamento. Noi non vogliamo obbligare nessuno, e quando chiediamo una legge che tuteli le coppie diverse dalle cosiddette "regolari", non ci sfiora neanche il pensiero di obbligare altri a unioni diverse da quelle che vogliono o desiderano, perché la legge, nel nostro intendimento, è lì per salvaguardare la libertà di tutti e non deve obbligare nessuno. Ma tant'è, questo pensiero è talmente radicato, che non varranno né le mie parole, né di altri. Le cose resteranno così come sono, perché in Italia sappiamo chi detiene le leve del comando. Certamente non l'imbelle e corrotta classe politica che nostro malgrado ci ritroviamo, sempre prona agli ordini che arrivano da Oltretevere e da Oltreoceano.
Prima di chiudere queste considerazioni vorrei umilmente dare un consiglio al sig. Moia: non giudichi l'operato delle due signore di cui sopra dicendo che hanno appositamente dato un esagerato risalto al fatto con l'intenzione di..."creare un caso più che un matrimonio, cioè un gesto politico, una scelta strumentale per scatenare l'ennesimo, sterile scontro...". Altrimenti, caro Moia, se lei volesse dimostrare serietà , coerenza, buona fede e imparzialità , avrebbe dovuto a suo tempo accusare, e con lo stesso risalto, Benedetto XVI di aver voluto creare un caso (quello sì, un caso sensazionale) quando, di persona e in pompa magna, di fronte alle televisioni di tutto il mondo, ha battezzato tale Magdi Cristiano Hallam, scatenando le ire del mondo islamico, ben più pericolose di un conflitto ideologico nel cuore della vecchia Europa.
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