Langella, FdS: Si, 54% al ricatto Marchionne. No da operai in catena montaggio e lastratura
Sabato 15 Gennaio 2011 alle 11:51 | 0 commenti
Giorgio langella, PdCI, FdS - E così, il ricatto di Marchionne ha ottenuto una esigua maggioranza di SI da parte dei lavoratori di Mirafiori (foto Ansa.it). Il 54% dei lavoratori di Mirafiori, infatti, ha approvato l'accordo del 23 dicembre scorso. Anzi, ha subito le decisioni altrui. Marchionne l'aveva detto, governo e Lega l'avevano confermato, i sindacati firmatari dell'accordo (FIM-CISL, UILM-UIL, FISMIC, UGL) l'avevano accettato senza dir nulla, gran parte dei dirigenti del PD lo aveva sottoscritto: o vincevano i si o Mirafiori sarebbe stata chiusa. Quando si dice un "voto libero e democratico".
Ma la "vittoria" è stata risicata, molto di più di quanto si aspettavano lorsignori. Se poi si considera il voto degli operai che lavorano alla catena di montaggio e in lastratura (ovvero di chi è più "toccato dalle nuove regole"), risulta che il No ha vinto. E ha vinto nella difficoltà di un voto "disperato" espresso sotto il ricatto dell'arroganza padronale. In pratica sono stati gli impiegati, che hanno votato quasi all'unanimità per l'accordo (421 si, 20 no), ad essere determinanti per l'esito finale.
Le prime dichiarazioni degli esponenti sindacali "vittoriosi" sono improntate all'entusiasmo. Ma quale? La Fiat non ha presentato un piano degno di questo nome. Ha fatto promesse fumose. L'unica cosa certa dell'accordo è il peggioramento delle condizioni di lavoro e dei diritti in fabbrica. Ma questi sindacalisti sono soddisfatti. Non si accorgono che hanno perso fin da quando hanno firmato l'accordo. Comunque andava non hanno fatto gli interessi dei lavoratori. Saranno soddisfatti anche il presidente della regione, il leghista Cota, e il sindaco di Torino Chiamparino (PD) che hanno appoggiato il ricatto di Marchionne. Adesso ci sarà un anno di cassa integrazione e poi ... condizioni peggiori per i lavoratori in cambio, forse, di lavoro. Vedremo. Ma questi signori che governano le istituzioni locali perché non hanno detto nulla sulle trattative? Perché non hanno fatto pesare il loro ruolo per garantire ai loro cittadini il lavoro senza perdere diritti? Perché non hanno preteso di vedere il famigerato piano industriale di Marchionne? Forse per sudditanza di fronte al padrone. Forse perché ne hanno paura. Forse per la loro convinzione che il padrone è il padrone e i lavoratori sono poco o niente. Forse perché si sentono e sono sconfitti.
Adesso cominceranno le analisi su chi ha vinto e chi ha perso. Secondo noi, da questa lotta che deve continuare, escono sconfitte l'arroganza di Marchionne, la sudditanza del governo e l'inesistenza di una sera opposizione parlamentare. Un vuoto che ha lasciato soli i lavoratori nella loro battaglia.
Chi esce a testa alta sono i lavoratori. Tutti. Chi ha tenuto la schiena diritta e ha votato no e chi ha dovuto subire il ricatto e ha votato si. E la Fiom che ha resistito e resiste a mille pressioni e dà speranza che le cose possono ancora cambiare.
Gli operai di Mirafiori hanno mandato un messaggio chiaro a Marchionne e soci: la loro "vittoria" è talmente risicata da non consentire loro di fare ciò che vogliono. La grande percentuale di no ha dimostrato che gli operai di Mirafiori non hanno voglia, né possono accettare qualsiasi cosa e che sono pronti a continuare la lotta perché la loro fabbrica continui a produrre ma anche alle loro condizioni. Bisognerà trattare con loro. Pur ricattati, i lavoratori, sono riusciti a ritornare ad essere protagonisti dopo tanto tempo. Di questo si deve tener conto.
La Fiom fa bene a resistere. Noi comunisti siamo al suo fianco e appoggiamo le lotte dei lavoratori. Senza se e senza ma. Uniti possiamo ancora avere speranza di modificare un modello di sviluppo che si rivela sempre di più sbagliato e immorale.
Facciamo appello a tutti di partecipare allo sciopero generale indetto dalla Fiom il 28 gennaio prossimo. Un giorno di lotta che può diventare l'inizio di una stagione di progresso e di riconquista dei diritti costituzionali.
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