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Irresponsabilità sociale d'impresa, il nuovo modello nel Vicentino

Di Giorgio Langella Martedi 8 Novembre 2011 alle 09:33 | 0 commenti

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Marzotto come Marchionne: utili in crescita, ma lavoratori in diminuzione. E l'azienda di valdagno fugge dal processo per i morti di cancro della Marlane

Le condizioni dei lavoratori stanno peggiorando. Oltre ai dati di un progressivo impoverimento delle famiglie, basta osservare quello che succede nelle fabbriche e nelle zone industriali del paese per capire che siamo in un declino industriale senza freni, frutto di una politica inesistente e di scelte disastrose. Nulla si è fatto per mantenere e sviluppare il lavoro nei nostri territori.

La delocalizzazione, che molti imprenditori anche nostrani hanno considerato e si ostinano ancora oggi a definire "ineludibile", ha significato principalmente la chiusura di stabilimenti produttivi e la cancellazione di migliaia di posti di lavoro. Si delocalizza non per "aggredire" nuovi mercati, ma per ottenere maggiori profitti. Si trasferisce il lavoro là dove si può sfruttare di più lavoratori e territorio. Dove si può inquinare, pagare meno chi lavora, costruire fabbriche meno sicure. Si esporta sfruttamento per importare disoccupazione. È il trionfo del "modello Marchionne". La Responsabilità Sociale d'Impresa non esiste, cancellata dalla bramosia di profitto a tutti i costi. La modifica annunciata dell'articolo 41 della Costituzione ("L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.") e l'articolo 8 della recente manovra fiscale vanno in quella direzione.

I risultati di una politica industriale inesistente sono sotto gli occhi di tutti, li possiamo toccare con mano ogni giorno. Meno lavoro, disoccupazione crescente, precarietà come unica forma di lavoro, maggiore povertà. I profitti d'impresa crescono e vengono distribuiti a una minoranza di privilegiati. Una minima percentuale di popolazione (i ricchi) sono proprietari maggior parte della ricchezza del paese. Una sperequazione insostenibile e amorale. È la cancellazione del futuro per milioni di persone.

Non è il caso di fare ideologia. Sono i numeri che, nella loro fredda obiettività, dimostrano il fallimento di un modello, quello del capitalismo finanziario, sbagliato.

Basta leggere i dati della mobilità nella nostra provincia e compararli con gli anni precedenti (Il periodo considerato nella tabella A è quello che va da gennaio a settembre, ndr).
Come si può notare il ricorso alla mobilità è in crescita. Il "salto" tra 2008 e 2009 è ridotto negli anni seguenti ma è, pur sempre, in costante crescita. Stiamo parlando di un numero di lavoratori estremamente elevato che denota una sofferenza che non può essere nascosta o sottovalutata. Una sofferenza che, legata alla mancanza di lavoro continuativo, al ricorso sempre maggiore al lavoro nero, al precariato e a contratti che non garantiscono alcun futuro, è foriera di una pesante conflittualità. Chi si ostina a pensare che le classi non esistono più (e che siamo tutti nella stessa barca) dovrebbe riflettere e concordare che la lotta di classe esiste eccome. Solo che la stanno vincendo i padroni, i grandi monopoli, quelli che hanno creato la crisi.

Questa è la situazione generale di industrie grandi e piccole. Ma è anche interessante iniziare ad analizzare quello che sta succedendo in una grande azienda come la Marzotto. Una azienda simbolo del vicentino. Un esempio di grande industria (L'organico al 31.12 del gruppo Marzotto negli anni al netto di CIGS è riportato in tabella B, ndr).

Come si può notare il lavoro è calato negli ultimi anni in maniera costante. In particolare in Italia (ne sappiamo qualcosa a Valdagno e alla Lanerossi di Schio) il calo di occupazione è evidente. La Marzotto, però, ha ottimi risultati finanziari, fa utili che vengono accantonati o distribuiti. I giornali ci dicono che è un'azienda sana, forte. Lo è certamente per gli azionisti. Lo è molto meno per i lavoratori che sono stati dichiarati "esuberi" (una parola orribile per definire chi deve essere licenziato), che hanno perso il lavoro e che sono stati messi in cassa integrazione in tutti questi anni. Lo è per nulla per i lavoratori della Marlane Marzotto di Praia a Mare. La produzione che lì veniva fatta è stata delocalizzata in paesi dell'est europeo. La fabbrica è stata chiusa ormai da parecchi anni. Alla Marlane si sono ammalati e sono morti di cancro decine di lavoratori. Il terreno circostante lo stabilimento è inquinato da scarti di lavorazione tossici. Oggi i lavoratori della Marlane e le loro famiglie cercano giustizia in un processo che vede imputati i massimi vertici della ex Lanerossi e della Marzotto. Un processo che non riesce ad iniziare per i continui rinvii dovuti a cavilli burocratici e "legittimi" impedimenti (oggi 28 ottobre, mentre andiamo in edicola, a Paola ci sarà l'ennesimo tentativo di ... udienza, ndr). Anche questa fuga dal processo è malcostume, è immoralità. Segnale di una mancanza totale di quella "Responsabilità Sociale d'Impresa" a cui si accennava all'inizio. Lo Stato e le Istituzioni dovrebbero intervenire con leggi apposite per contrastare le delocalizzazioni e sviluppare il lavoro nel nostro territorio. Si tratta solo di applicare la Costituzione.

 
Tabella A La mobilità a Vicenza e provincia
 
 
2008
2009
2010
2011
Legge 223/91
1.223
1.512
1.767
2.208
Legge 236/93
1.643
3.446
3.253
2.936
Totale
2.886
4.958
5.020
5.144

 

Tabella B L’organico al 31.12 del gruppo Marzotto al netto di CIGS

 

 
2007
2008
2009
2010
Italia
1.612
1.496
1.450
  1.413 *
Estero
1.790
1.814
1.579
1.766
Totale
3.402
3.310
3.029
 3.179 *

* è considerato anche l’organico della Ratti (170 lavoratori) acquisita nel 2010

 

 

Da VicenzaPiù n. 222 e BassanoPiù n. 3


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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